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Confidenziale e riservato al ministro della buona borghesia dell’”Oneglia Bene

         “DOLCE STIL NOVO”

A Roma c’era “Da Cesco a’ parolaccia”...  Oggi  assistiamo agli estremismi del praticante cattolico Scajola... Errare humanum est, perseverare autem diabolicum est … Un “Sostituto procuratore al Turpiloquio in ogni Procura della Repubblica

di Bellamigo

Abbiamo di recente avuto una presa di coscienza della stampa (Il Venerdì di Repubblica, in particolare) sull’incredibile abbrutimento del linguaggio nelle riunioni pubbliche, negli incontri-scontri  televisivi , negli interventi e nelle interviste da parte di personaggi ricoprenti alte cariche dello Stato o, comunque, con ruoli di rilievo in sede istituzionale o famosi per appartenere al mondo dello spettacolo e dello sport.

    Si può risalire all’inizio dell’epoca berleghista , con il “celadurismo”, per arrivare agli epiteti rivolti da Lui a chi non lo vota, giù, giù, poi fino ai livelli più bassi  espressi da giocatori di calcio e da ministri  dall’irsuto aspetto.

 Ora, comprendiamoci bene, la “sparlata”  quando ce vo’ ce vo’ : abbiamo esempi cospicui anche in alte sfere culturali e nel parlato popolare . C’era , forse c’è ancora , a Roma, un famoso ristorante Da Cesco a’ parolaccia”,  se ben ricordiamo, dove si andava per essere volgarissimamente insultati, faceva  parte del gioco. Entrava una signora di bella presenza, profumata e impellicciata , accompagnata da un elegante giovanotto e l’oste (è proprio il caso di chiamarlo così ) tuonava, rivolto al basso cameriere sardo:  “ A rasotèra, a ‘sta zozzona cor frocio daje er tavolo appress’ al cesso”. “Hai sentito cara , diceva lui a lei ? Che carino !” esclamavano entrambi .

E’ la gratuità del  “turpiloquio”  , la sua predominanza, l’infangata gettata sull’avversario , vero o presunto, per coprire la vacuità della propria risposta o del proprio attacco, per esporre la rabbia della propria impotenza logica e discorsiva, ciò che offende e soprattutto riduce il dialogo ad un inconsulto scambio di epiteti dove sembrerebbe prevalere chi strilla o bestemmia più forte. Diciamo “ bestemmia” a ragion veduta, perché l’ingiuria  all’uomo non differisce affatto da quella fatta alla creduta o non creduta divinità, anzi è più grave perché la seconda “non raggiunge il cielo” la prima raggiunge ed investe  l’interlocutore terreno.

     Il “Turpiloquio” , già previsto come reato contravvenzionale  al secondo comma dell’articolo 726 del codice penale (è rimasto il primo comma: atti contrari alla pubblica decenza) , è stato abrogato con legge 25 giugno 1999 ed  era così descritto e sanzionato: “Soggiace all’ammenda fino a lire centomila chi in luogo pubblico o   aperto al pubblico usa linguaggio contrario alla pubblica decenza.”

    Il reato, come tutte le contravvenzioni, procedibile d’ufficio, è stato tolto di mezzo per l’evidente caduta del costume generale, affermandosi così il brutto segnale di un uso deteriore del linguaggio corrente. In poche parole: il turpiloquio non offende più nessuno e ce ne stiamo tutti lì a bearci delle stupide volgarità verbali e delle ingiurie, tra e da gli uomini pubblici o pubblicizzati. D’altra parte, se fosse rimasto perseguibile, avrebbe avuto il senso di una “grida” di manzoniana memoria, essendo impensabile la costituzione di appositi uffici e lo spreco di risorse dell’amministrazione della giustizia  per le imputazioni di un tale massificato comportamento. Ci vorrebbe un sostituto procuratore al “Turpiloquio” presso ogni Procura della Repubblica.

     Per non essere secondi a nessuno , noi dell’Arcobaleno abbiamo un bell’esempio datoci  dal ligure e ponentino Ministro Scajola, non nuovo, per la verità, a tali  sortite.

    Egli, a nostro avviso, non sopporta la leggerezza del proprio cognome e teme che non si possa comprendere come sia invece un poderoso berleghista pronto a superare, nell’arte dell’offesa  greve, i suoi maestri.

     Ma  almeno scegliesse altri obiettivi! Se l’è presa a Napoli con un operaio rifilandogli un epiteto di quelli appunto depenalizzati come turpiloquio ma non ancora, ci pare, come ingiuria. Forse credeva di essere in  televisione e, allora certamente avrebbe potuto invocare a proprio conforto l’attenuante del “così fan tutti”; ma no, in mezzo agli operai ! Suvvia, Ministro, un po’ di “come si chiama…”, diciamo noi del medio ponente. Questi estremismi della moderazione non si addicono al suo aspetto confortevole e pacioso da buona borghesia imperiese, della  Oneglia “bene”. E poi , da praticante  cattolico,  nel suo spirito avrà certamente trovato ingresso l’alto medioevale  richiamo: “errare humanum est,  perseverare autem diabolicum est”.

     Il turpiloquio pesca  nelle parti di basso ventre del corpo umano e nei fenomeni delle sue naturali deiezioni: dimostrazione di immaturità e di sostanziale rimozione e paura  per gli atti della generazione,  per il metabolismo e per l’eros che certo risalgono alla  atavica mala educazione della quale, attraverso il formidabile strumento di potere della repressione sessuale, le grandi religioni monoteiste portano la tragica responsabilità .

         Ma il decadimento del linguaggio  comune, accresciuto dalla miseria verbale e morale dei mezzi di comunicazione, è una novità degli ultimi tempi cui fa da supporto l’esempio penoso e quotidiano di coloro che portano, sulle incoscienti spalle, pubbliche responsabilità.

 Un modesto e sincero consiglio:leggere e rileggere le fonti della nostra letteratura e i classici, egregi ministri e affini, a cominciare dal “Dolce stil novo”, darsi una ripulita linguistica, rispettare i cittadini e digiunare dalle parole inutili che possono solo coprire  il vuoto ideale e materiale in cui naviga oggi la  gestione della “cosa pubblica”, ridotta a scollacciata demagogia.

    E se avete tanta voglia di “volgare eloquenza”, andatevene a cena da  “Cesco  a’ parolaccia” che vi sistema lui.

                                                               

 

                                                                             BELLAMIGO