Una rubrica sulla bioetica a cura della Dr.ssa Bardi BIOETICA E ANIMALISMO |
E' possibile scrivere all'Autrice di questa rubrica ed intervenire inviando una email a : collaborazioni@truciolisavonesi.it, oggetto: Bioetica Il problema bioetico dell’animale Scartabellando su Internet ho scoperto che da lunedì 18 a domenica 24 aprile ricorre la “settimana mondiale contro l’uso di animali nei laboratori”. Non ne so gran ché ma la cosa mi offre lo spunto per dedicare la rubrica odierna al tema dell’animalismo, come settore di interesse della bioetica. Parlare di bio-etica significa infatti sviluppare un discorso morale sulla vita in generale, senza dare per scontato che solo la vita umana sia riguardabile in termini di rispetto morale. Si tratta, insomma, di porsi dinanzi alla nozione di “prossimo”, per vedere se essa debba includere anche i viventi non umani e, in primo luogo, gli animali, in quanto esseri “senzienti”, ovvero capaci di manifestare piacere o dolore. Quest’ultima considerazione si rivela fondamentale, in quanto dobbiamo interrogarci se a determinare doveri e responsabilità morali verso qualcuno sia per caso sufficiente il fatto che questo qualcuno è capace di soffrire. E su questo chiamo in causa Norberto Bobbio: “Che cosa dire del nuovo atteggiamento verso gli animali?…che cosa rappresentano se non avvisaglie di una possibile estensione del principio di eguaglianza al di là addirittura dei confini del genere umano..fondata sulla consapevolezza che gli animali sono uguali a noi uomini, per lo meno nella capacità di soffrire?”: (Destra e sinistra) E’ evidente la serietà del discorso che si prospetta. Occorre, a questo proposito, giusto per spianare il tavolo di riflessione, fare una prima distinzione: un conto è la zoofilia –posizione di generica affettività verso animali- altro conto l’animalismo filosofico, posizione etica nata negli anni 70 e fondata su presupposti di pensiero molto rigorosi. Come rileva, nel 1975, Peter Singer, autore di “Liberazione animale”, testo fondamentale dell’animalismo filosofico: “Raffigurare coloro che protestano contro la crudeltà verso gli animali come sentimentali, emotivi, “amanti degli animali” ha avuto l’effetto di escludere da ogni seria discussione politica e morale l’intera questione del nostro modo di trattare i non umani”. Va anzi detto che può anche darsi un animalismo privo di zoofilia, ovvero di particolare tenerezze per cani, gatti o altri animali domestici e una zoofilia senza animalismo, di chi si pone in relazione con il mondo animale in modo esclusivamente affettivo e di domesticità. Se la semplice “capacità di soffrire” determina doveri morali e responsabilità per chi può infliggere o risparmiare sofferenza, dovremmo conseguentemente parlare di “diritti” di tutti gli esseri senzienti e, quindi, di leggi che garantiscano la tutela di tali diritti. Alla bioetica deve infatti seguire un bio-diritto, che ne renda operativi i valori.
Premesse culturali Questo tipo di consapevolezza morale, seppure costantemente presente, è stato però “sottotraccia” nella storia occidentale, che ha visto prevalere una visione strumentale dell’animale, conseguente ad un punto di vista antropocentrico. Nel costituirsi della coscienza occidentale grande peso ha avuto quella che si pone come la maggior agenzia di cultura morale, ovvero la Chiesa cattolica, secondo il cui magistero ciò che determina valore, e quindi esige rispetto, è la “sacralità” dell’uomo ricevuta da Dio assieme all’anima immortale. Di recente i gesuiti hanno mosso obiezioni alla proposta di riconoscere “diritti” agli animali. A sostegno della svalutazione etica dell’animale viene richiamato il passaggio della GENESI, dove Dio dà all’uomo mandato di dominio assoluto sui viventi. Che, nella considerazione morale, la dignità vinca sulla sofferenza è evidente anche nelle posizioni della bioetica cattolica in ambito umano: dalla resistenza a introdurre la terapia del dolore all’esclusione assoluta dell’eutanasia. Ma su questo cade una prima obiezione interna: se all’uomo il dolore verrà ripagato nell’altra vita, quello dell’animale è dolore senza alcun riscatto, e questo dovrebbe di per sé creare il dovere morale di evitarglielo. Tanto più che l’animale non si è macchiato del peccato di Adamo, dalla cui punizione ha origine il dolore. Anche nel mondo cattolico esiste però un filone animalista, legato al francescanesimo, tendente a pensare a una comunione dei viventi, capace di estendere il concetto di “fratellanza” oltre la barriera della specie. Di recente si è poi costituito un filone teologico, dal nome “teologia animale”, che sostituisce ad una visione antropocentrica della creazione una visione teocentrica, identificante in ogni creatura il soffio di Dio.
Tornando all’antropocentrismo, esso è il portato di tutte le religioni monoteiste, fondate sull’esistenza di un unico Dio persona, dai tratti antropomorfi; e in ciò va incluso quel tipo di “monoteismo” che è, in una accezione “assolutizzante”, la scienza, che nasce e si consolida come portato dell’intelligenza e della superiorità umana. Nell’antropocentrismo scientista è la razionalità a renderci degni di considerazione in una morale ancora fondata sull’eccellenza dell’uomo rispetto all’animale, non caratterizzato da raziocinio. A quest’ottica si possono muovere, rimanendo sullo stesso piano scientifico, almeno due obiezioni: - La teoria dell’evoluzione pone in luce la gradualità nella complessità del vivente, amalgamato nella visione tradizionale in un’unica categoria , “i bruti”, dagli organismi più semplici ai primati. - L’etologia, ovvero la scienza che si occupa del comportamento animale, evidenzia il manifestarsi in certi animali di attività di pensiero raffinato come la simulazione. Su piano bioetico, l’ipotesi che fa risiedere la dignità nelle capacità razionali, ha una ricaduta negativa sui casi umani di marginalità (dementi, comatosi etc.), che a rigore dovrebbero essere esclusi dalla comunità morale. A questo proposito gioverà ricordare come il nazismo abbia iniziato l’olocausto proprio dai dementi. In ultimo vi è chi, e tra questi un padre dell’etica come Kant, sottolinea come solo chi ha doveri possa avere diritti, ovvero solo chi è in grado di agire moralmente (agente morale) può poi essere oggetto di agire morale da parte di altri (paziente morale). Anche questo presupposto escluderebbe i marginali, embrione e feto compresi, e le generazioni future, verso le quali oggi si prospettano nostre responsabilità nella politica ambientale.
La situazione attuale: “fabbrica degli animali e Treblinka dei polli” Oggi, come accade in molti altri campi, ci troviamo dinanzi a un atteggiamento bifocale fino alla contraddizione: assistiamo al consolidarsi di un riconoscimento dei diritti animali e, nello stesso tempo, raggiungiamo il massimo della spietatezza. L’empietà è il frutto dell’innestarsi delle bio-tecnologie sulla vecchia concezione strumentale delle bestie, non culturalmente rielaborata. Sappiamo che cosa significa “allevamento intensivo”? Si tratta di condannare esseri senzienti a condizioni di vita impensabili per ogni persona provvista di sensibilità morale, nell’impossibilità di movimento, allo scopo di impedire la formazione di masse muscolari che rendono meno tenera la carne o altro. Sappiamo che cosa significa l’allevamento dei polli in batteria, che ha fatto parlare di “Treblinka dei polli”? Sappiamo come avvengono le sperimentazioni su animali? Ma forse di questo chiunque si è fatto grosso modo un’idea. Andiamo oltre, sulla scorta della possibilità di manipolazione che ci forniscono le tecnologie del vivente: sappiamo che cosa sono gli “animali ingegnerizzati”? Tutto questo rappresenta l’ estrema conseguenza della riduzione dell’animale a mero strumento dell’uomo. Se gli animali non possiedono alcuna dignità propria e sono mezzi di cui l’uomo si serve, tanto vale confezionarli a misura dei bisogni, come i maiali fatti apposta per fornire organi da trapianto compatibili o per fornire un certo tipo di prosciutto anziché un altro.
La svolta e i suoi riferimenti Ora, dobbiamo chiederci, in che modo, mentre in continuità con la tradizione antropocentrica la tecnologia ci consentiva l’estremo asservimento dell’animale all’uomo di cui ho appena parlato, contemporaneamente maturava la riflessione animalista, tendente a ripensare i confini della comunità morale. Dobbiamo tenere conto di diverse componenti maturate in tempi diversi: - La teoria di Darwin (1809-1882), non a caso contrastata dalla Chiesa, che, considerando animali e uomo come tappe di una unica linea evolutiva, se da un lato ha incentivato le sperimentazioni su animali, sulla base di una loro maggiore parentela biologica con l’uomo, ha posto dall’altro le premesse per un serio ripensamento morale del problema. - L’etologia di Konrad Lorenz di cui ho già scritto (1949:”L’Anello di Re Salomone”), che ha dato all’uomo migliori strumenti di conoscenza riguardo agli animali. - Le grandi tragedie della storia del Novecento, che ci hanno insegnato nel contempo a ripartire dalla sofferenza, come centro di definizione di una comunità morale, e a diffidare dell’umano. - L’uso malefico della scienza e della tecnologia nel corso della seconda guerra mondiale, con la riduzione di uomini inermi a cavie. - L’attenzione all’ecosistema, che, ci ha resi consapevoli della stretta interrelazione tra il nostro destino e quello degli altri viventi. - Recenti catastrofi da bio-tecnologie come “mucca pazza” o l’influenza aviaria.
La legge italiana Il mondo del diritto ha immediatamente recepito, sulla spinta degli animalisti, la nuova intelligenza morale nei confronti degli animali, il cui danno era considerato in passato come “reato contro la proprietà” o “contro la moralità pubblica e il buon costume” (cod. Rocco 1930). Insomma, l’offeso era sempre l’uomo. Ma sono stati gli anni Novanta, a rappresentare una svolta importantissima in materia, in cui l’Italia ha recepito, pur in ritardo, orientamenti della Comunità Europea, attraverso un complesso di interventi legislativi. Risulta molto importante la legge 413/93, che prevede la possibilità di obiezione di coscienza per gli studenti di medicina rispetto alle lezioni di laboratorio che utilizzano animali e rende obbligatorie modalità di insegnamento alternative. (si tratta della terza obiezione di coscienza prevista in Italia, dopo quella sul servizio militare e quella dei medici antiaboristi, la quarta, sempre per i medici, riguarderà la procreazione assistita). E’ in corso un progetto di Riforma dell’articolo 9 della Costituzione, che ne integri il dettato con uno specifico riferimento alla tutela del benessere degli animali in quanto esseri senzienti. Bisogna tuttavia osservare che, malgrado la crescita culturale e normativa, il problema è molto lontano dall’essere risolto, in quanto spesso a frapporsi sta la scarsità dei fondi stanziati –soprattutto in una situazione di crisi che porta a negarne agli uomini- per la ricerca alternativa o per costruire stabulari conformi, come prevede la legge, al benessere animale.
L’alternativa etica Il riferimento all’obiezione di coscienza e all’obbligo di prevedere metodi di insegnamento alternativi pare presupporre un implicito riconoscimento che la sperimentazione animale non è inevitabile. Del resto, molti istituti di ricerca non si valgono di sperimentazione animale. In ogni caso, sarebbe importante rendersi conto che l’utilizzo di esseri viventi più deboli di noi non è cosa giusta e che, seppure possa essere ritenuto, quando proprio inevitabile e a ben precise condizioni etiche, provvisoriamente giustificabile in base al valore preminente della vita umana, dove cioè il rapporto costi-benefici lo giustifichi (e non è il caso dei cosmetici), a questo si deve accompagnare l’impegno nel cercare soluzioni alternative. Un consumo eticamente orientato potrebbe almeno ridimensionare il consumo di carne o richiedere particolari condizioni relative ad allevamento e macellazione. In generale, come consumatori potremmo mirare la domanda in maniera tale da condizionare l’offerta.
A chi obietta che in un mondo di umanità sofferente quale il nostro, non vanno sprecate energie etiche per le cosiddette bestie, rispondo che in un’etica che parta dall’inclusione e dall’estensione, l’animale costituisce la dimensione più evidente del diverso e se riusciremo a includerla nella nozione di nostro prossimo tanto più largamente vi risulteranno compresi gli uomini tutti quanti, forniti o privati di capacità. E su questo, chiamo a concludere un personaggio a cui non si possono muovere rimproveri quanto al rispetto dell’uomo, ovvero Gandhi: “Io mi considero un nazionalista e sono fiero di esserlo. Il mio nazionalismo è vasto quanto l’universo. Esso include persino gli animali più umili…Il mio nazionalismo include il benessere di tutto il mondo.”
Gloria Bardi |