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MUSSOLINI E BERLUSCONI. CONVERGENZE

 

  Marco Giacinto Pellifroni

 


M. G. Pellifroni

Nel mezzo di infuocate polemiche sui comportamenti personali di SB e i provvedimenti del suo governo, vorrei qui esporre alcune riflessioni fuori dal coro di entrambi gli schieramenti.

La prima considerazione riguarda il fatto, sempre più evidente, che, se SB era all’inizio un’anomalia nell’arena politica, oggi rappresenta soprattutto un ostacolo. Non tanto un ostacolo alla favola della democrazia italiana, quanto al disegno dei grandi poteri transnazionali di condurre il mondo verso il fatidico Nuovo Ordine Mondiale.

Un Ordine le cui redini resterebbero nelle mani di un pugno di uomini, che chiamerò i Tessitori, da decenni pazientemente all’opera nel tirare le fila di questa trama, o meglio ragnatela, che finirebbe con l’avvolgere con il pugno di ferro l’intero pianeta, senza più distinzioni di nazionalità, ideologie, lingue, etnie.

Il primo nemico da abbattere è il nazionalismo. I Tessitori sono perlopiù appartenenti all’area anglofona, e il loro obiettivo è quello di abbattere il concetto di nazione anche nelle loro stesse madrepatrie. Un obiettivo il cui primo laboratorio è stato la costruzione dell’Unione Europea e della sua moneta unica, con la cessione di gran parte delle prerogative dei vari Stati europei ad un potere soprannazionale, che promulga direttive comunitarie e batte moneta apparentemente propria, in realtà di proprietà degli stessi Tessitori; come lo sono tutte le principali valute sparse per il mondo, a parte qualche sacca di resistenza in Paesi comunisti, di fatto o di facciata, come Cina, Nord Corea, Cuba.

La partita per la reggenza del mondo parte da lontano, è insita nel DNA umano, come stanno a testimoniare i grandi imperi dell’antichità e, più di recente, le ambizioni di Napoleone e Hitler. Sia l’uno che l’altro rappresentarono un ostacolo alla marcia silenziosa dei padroni del denaro verso il loro proprio dominio mondiale, lungo un iter di guerre i cui vincitori occulti sono sempre loro, i finanziatori degli opposti schieramenti. Ai loro occhi Hitler aveva il difetto di avere una marcia in più: non dipendeva, come il resto del mondo, dai loro diktat, se ne era liberato strappando loro, tra l’altro, la stampa dei marchi e riservandola in esclusiva allo Stato; col risultato di una prosperità economica senza precedenti e l’azzeramento del debito pubblico, ossia il cappio che ogni altro Stato, sia allora che oggi, accetta di farsi mettere al collo dai Tessitori, con la connivenza dei politici al loro servizio.

Questa colpa, unita ad un acceso nazionalismo, era troppo grave per essere perdonata. E la grande finanza non tardò a punire tanta baldanza con una coalizione mondiale contro i “grandi ribelli”: Germania, Giappone, Italia. Con i primi due totalmente sganciati monetariamente dalle “democrazie occidentali”, mentre l’Italia, propaganda a parte, era riuscita solo in piccola parte a sottrarsi al giogo dei Tessitori, strappando solo qualche banconota alla Banca d’Italia per trasferirla all’Istituto Poligrafico dello Stato. (Oggi alla zecca statale è concesso coniare solo le briciole: le monete metalliche). Aveva avuto però la tempra di sperimentare per prima un regime non ossequiente alle regole del grande capitale transnazionale.

Ma chi sono questi Tessitori? Bisogna cercarli nelle società che non appaiono sui giornali o nei notiziari TV: società segrete di fatto, che non gradiscono apparire, ma soltanto agire nell’ombra per il raggiungimento del loro fine ultimo: un mondo senza più differenze culturali e nazionali, un mondo omogeneo che, in nome della pace e di un minimo benessere, abbia scelto di rinunciare alla libertà individuale, trasformandosi in una grande caserma agli ordini di pochi generali. Questo è il mondo vagheggiato da organismi privati come il Bilderberg, la Trilateral Commission, il Council on Foreign Affairs.

Chi non ne avesse mai sentito parlare, si informi su Internet, o legga il libro “Il Club Bilderberg”, scritto da Daniel Estulin, che ha speso la vita a pedinare e spiare questo club esclusivo annoverante tra i suoi iscritti “i padroni del mondo”, che, blindati da cordoni di polizia e bodyguards, si riuniscono a cadenza annuale in sempre diverse località mondiali. È in questi consessi che essi discutono tattiche e strategie a breve, medio e lungo raggio temporale per plasmare il mondo a loro profitto.  

Ciò premesso, personaggi di destra tradizionali, che accarezzano ancora i desueti concetti di patria e nazione, come a suo tempo i dittatori fascisti e oggi governi come il nostro attuale, dove il capo tuona di continuo contro veri o presunti comunisti, il ministro dell’Economia critica le banche e la globalizzazione, quello dell’Istruzione torna a dare spazio al latino e all’italiano, a scapito dell’inglese, la Lega inneggia alle culture e ai dialetti locali, auspica il ritorno di dazi e protezionismi commerciali e frena l’immigrazione, governi siffatti, dicevo, non possono che attirarsi gli strali delle “grandi democrazie occidentali”, i cui giornali si esercitano al tiro al bersaglio contro l’Italia. Le sparate di SB contro la stampa straniera non sono molto dissimili da quelle di BM contro le caricature che la stampa anglo-sassone faceva del fascismo e dei suoi gerarchi. Personalmente, non condivido nel merito queste bordate, alle quali invece mi assocerei se vertessero sulla stolida grandeur in fatto di opere pubbliche, riservate a cattedrali nel deserto, come il nucleare e il ponte sullo Stretto, anziché ad un diffuso risanamento di un’Italia che frana ad ogni acquazzone e crolla ad ogni scossa tellurica. Ma si sa, chi ha tendenze monarchiche ama spendere denaro pubblico in monumenti con la sua firma, a imperitura memoria, anziché, in forme meno appariscenti, ma molto più funzionale nell’alleviare i disagi della gente e arginare lo sfascio del territorio.

C’è un punto nel libro di Estulin che fa riflettere, laddove dice che gli obiettivi del grande capitale e del comunismo sono molto affini: entrambi aspirano al dominio del mondo, più che con le armi, con la diffusione dello loro ideologie.

Estulin ricorda anche che furono proprio i grandi banchieri a finanziare la rivoluzione bolscevica, per rovesciare il regime degli zar, troppo passatista; e furono ancora loro a far pervenire all’Unione Sovietica il materiale bellico che ne permise la vittoria sulle truppe naziste d’invasione.

Insomma, il comunismo è, paradossalmente, un alleato verso lo spianamento del mondo sotto il vessillo di pochi “illuminati”, in quanto il suo mondo è molto simile al loro. E il comunismo era la bestia nera sia di Hitler che di Mussolini. Come lo è di Berlusconi. Questo è un altro motivo di dileggio da parte della stampa “progressista”, straniera e italiana, che si autoqualifica moderna e progressista.

I grandi padrini del mondo, insomma, odiano soprattutto, in quanto ostacoli al loro glorioso procedere, i leader nazionali non allineati ai loro disegni di livellamento globale: costoro devono cadere, con qualsiasi mezzo, per far posto a leader più “convenzionali” e diligenti, come Dalema o Prodi.

Ultimamente SB si sta comportando sempre più scompostamente, perché sente concentrarsi su di sé l’offensiva del nemico, ossia quella galassia che parte dal PD per arrivare ai signori del denaro: quella “finanza che parla inglese” stigmatizzata da Tremonti alcuni giorni fa. Un sentiment che la dice lunga su cosa ne sarebbe di Bankitalia e BCE se il ministro avesse le mani libere per svincolarsi dal loro giogo.

Dunque, a voi la scelta (virtuale): un mondo fatto di Stati nazioni (come auspicato anche nell’ultima enciclica di Benedetto XVI), o un mondo Stato nazione unica, in mano a pochi “eletti” con in mano la leva del credito, da Wall Street alle super banche centrali?

Nel secondo scenario non c’è posto per politici non conformi al clichè di maggiordomi dei Tessitori, per despoti in versione “padrone delle ferriere”, educati più a comandare che a servire. SB ha scelto il primo scenario, ma attenendosi alla versione padronale che aveva nelle sue aziende: un atteggiamento egocentrico e “politicamente scorretto”, che lo porta a guardare con fastidio all’etichetta democratica vigente, al parlamento, alle istituzioni, alla Costituzione, preferendo rispondere di ogni sua azione soltanto a se stesso, identificandosi, come un antico monarca, nello Stato, alla cui guida è stato eletto “per grazia di Dio e volontà della nazione”.

Mutatis mutandis, sembra quasi di trovarci di fronte allo stesso dilemma del 1946: monarchia o repubblica? E non è così scontato quale sia l’opzione preferibile.

Non si prendano queste pagine per un larvato panegirico di SB: non condivido quasi nessuno dei suoi provvedimenti. Ho solo cercato di gettare un fascio di luce sui veri moventi di un attacco concentrico senza precedenti contro di lui e, visto che è il capo del governo italiano, contro l’Italia che massicciamente l’ha votato, più che per meriti suoi, per scarsa stima nei suoi avversari.

   

Marco Giacinto Pellifroni                                           18 ottobre 2009