TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni

  

LA TRADUZIONE OLIGARCHICA

Le cause della crisi morale, civile, politica, economica. Dove stiamo andando

 di Franco Astengo

 

Il tentativo di “traduzione oligarchica” della nostra democrazia repubblicana, in atto da tempo, sta svolgendosi proprio in questi giorni con rinnovata intensità, chiarendo obiettivi e schieramenti in campo.

La bocciatura del cosiddetto “Lodo Alfano”, per come è avvenuta, per le ragioni risultate maggioritarie all'interno della Corte Costituzionale e soprattutto per i contenuti avanzati dalla difesa del Presidente del Consiglio e per le reazioni alla sconfitta, da parte sua e dei settori più oltranzisti (il “ridotto della Valtellina”) della sua maggioranza, comprensivi di attacchi diretti al Presidente della Repubblica, hanno contribuito – come scrivevamo poc’anzi – a chiarire il quadro all'interno del quale stanno muovendosi i soggetti protagonisti nel sistema politico italiano, in quello giudiziario, nel complesso rapporto tra società civile e politica.

Sono emersi due elementi fondamentali: quello del considerare la Repubblica parlamentare ormai di fatto superata, affermando il “primato” di un Presidente mai eletto dal popolo come, invece, si sostiene. senza apparente contrasto.

E' questo il punto fondamentale su cui soffermarci: il Presidente eletto direttamente, “primum     super  pares”(e non “inter pares”: attenzione a questa differenza), al di sopra degli altri e soprattutto al di sopra e al di fuori della legge.

Così ci troviamo davvero al momento della “spallata”, della – appunto - “traduzione oligarchica” del dettato costituzionale dal punto di vista dell'equilibrio dei poteri, della capacità di rappresentanza, dello sviluppo dialettico nell'insieme delle relazioni politico – istituzionali.

Si tratta, in realtà, di un disegno che viene da lontano e che ha proceduto per tappe (anzi: in alcuni casi per passi da gigante), trovando assai poca resistenza, ed anzi incontrando anche il favore di chi pensava, per una certa via, di modernizzare, di semplificare, di andare al rapporto diretto tra politica e società civile, proprio nella fase in cui questa seconda andava prevalendo sul sistema dei partiti, che aveva ottenuto e mantenuto il primato almeno dalla Costituente fino al periodo della solidarietà nazionale, del terrorismo, dell'avvio della stagione referendaria (pensiamo all'esito del referendum del 1978, sul finanziamento pubblico ai partiti: comincia lì a determinarsi lo scollamento che poi si tradurrà, nel 1979, alle elezioni politiche e, soprattutto, a quelle europee in una impennata dell'astensionismo).

Sono gli anni'80, però, gli anni in cui l'offensiva oligarchico – populista prende corpo: adozione della teoria della riduzione nei rapporti tra società e politica in virtù dell'esigenza del taglio di un presunto eccesso di domanda emergente nelle “società affluenti”; decisionismo; annullamento del diritto di sciopero; riduzione secca nel ruolo del Parlamento attraverso l'abolizione del voto segreto; esaltazione della personalizzazione della politica attraverso l'accrescimento dei poteri del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Una offensiva che è cresciuta, nonostante l'implosione dei partiti storici causata da elementi esterni ed interni (Muro di Berlino, trattato di Maastricht, Tangentopoli) che tutti conosciamo: la sinistra  ha ceduto totalmente in nome dello sblocco del sistema politico ed i liquidatori del PCI (vero punto di equilibrio del sistema) hanno accettato, come anche i liquidatori della DC, la trasformazione del sistema elettorale, sia a livello locale sia, successivamente (e sempre in nome di una  sciagurata stagione referendaria) nazionale, in senso maggioritario e presidenzialista.

Ovvio che, su questa strada, si favorisse oggettivamente quanti disponevano degli strumenti più adatti, sul piano del sistema della comunicazioni di massa, per far valere pesantemente la realtà fasulla della “personalizzazione della politica”: ed anche sotto questo aspetto, a sinistra, l'adeguamento è stato perentorio, anzi c'è chi si è spinto più in là costruendo addirittura un partito su queste basi, sia pure denominandolo “Rifondazione Comunista”.

Partiti sempre più deboli nel contesto sociale, ma sempre più accentrati nel leaderismo e sempre più forti nel potere di nomina, come è stato dimostrato, successivamente, dalla nuova legge elettorale priva della possibilità di espressione, da parte dell'elettore, della preferenza: una omogeneizzazione spaventosa, che non poteva che non generare una torsione, per l'appunto, in senso “populistico – presidenziale” dell'intero sistema.

A livello locale poi questa via è stata imboccata senza ritorno: elezione diretta di Presidenti di Regione, Provincia, dei Sindaci; nomina degli assessori da parte delle figure monocratiche; separazione senza garanzie nel rapporto tra potere politico ed amministrazione.

Il tutto senza garanzie e senza risultati; mentre al centro il “potere” generava il mostro al quale tutti noi stiamo assistendo (con corollari davvero inquietanti, leggendo le cronache), in periferia non diminuiva la corruzione e non si rinsaldava, anzi si allentava ulteriormente, il rapporto politica/società.

Il sistema delle “primarie a rimando” inventato dagli strateghi del PD, inedito nel panorama mondiale, sta a dimostrare la confusione esistente nel riconoscere i tratti reali della situazione in cui ci stiamo trovando essenzialmente sul terreno decisivo del ruolo della rappresentatività politica, della distinzione tra partiti e istituzioni, nel ricreare una logica corretta del meccanismo della democrazia repubblicana, previsto dalla nostra Costituzione.

Il sistema consociativo ha avuto, fino agli anni'80, enormi responsabilità, anche se va chiarito ricostruendo la storia d'Italia che non si è mai avuto un duopolio DC-PCI: pare dimenticato nella gigantesca operazione revisionista in corso, non solo il primo centro-sinistra, ma il pentapartito, il CAF, la loggia P2.

La crisi morale, politica, civile, economica di oggi, ha queste cause, è il frutto dello stato di cose che stiamo cercando per  sommi capi di ricordare: nella situazione attuale, per i rischi che stiamo correndo davvero di formazione di un regime oligarchico tale da distruggere diritti, dialettica, possibilità democratiche (ci si confronti, ad  esempio, con l'intervista del ministro Sacconi rilasciata sabato 10 Ottobre al “Corriere del Sera”, sul punto, ad esempio, del destino del contratto nazionale di lavoro).

Si tratterebbe di avanzare una proposta politica: ci limitiamo in questa occasione a chiedere che l'opposizione di sinistra fuori dal Parlamento e quella di centro che ha ancora una rappresentanza parlamentare, si muovano unitariamente sul terreno del ritorno alla Costituzione, con al centro di questa battaglia il ruolo del Parlamento e quello dei partiti, riflettendo anche sulla perversità degli attuali meccanismi elettorali a tutti i livelli.

Savona, Ottobre 2009                                                    Franco Astengo