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I racconti di Cristina Ricci*

Un sogno di bambini


Sentivo la tramontana, la sentivo soffiare già la notte. La riconoscevo dal ruggito lontano, dal fischio mentre si incanalava nel carruggio, dallo sbatacchiare delle persiane.

La sentivo e il desiderio si accendeva in me: far volare l’aquilone.

Non aspettavo altro per interrompere la monotonia dei giorni felici. Un pezzetto di stoffa e quattro bastoncini che si alzano e ti portano lassù, nel cielo. La magia dell’aquilone: un sogno di bambini.

Ricordo le corse sulla spiaggia per farlo alzare; il brivido nel vederlo a mezz’aria, così basso che puoi ancora raggiungerlo con la mano ma già pronto ad librarsi.

Quello era il momento perfetto; quello della promessa del volo.

Mi rivedo, trepidante e ansiosa mentre le mani ascoltano. Lo so, il filo deve restare teso, sempre in tensione. Bisogna sbobinare lentamente, con pazienza. Se ne lasci troppo e la corrente cala l’aquilone precipita, se ne da poco l’aquilone non vola.

Ho trascorso interminabili pomeriggi col naso all’insù.

Ho trascorso interminabili pomeriggi a far volare aquiloni.

Il momento peggiore era quello del rientro, quando dovevi tirarlo giù.

Iniziavi a riavvolgere la bobina e, a poco a poco, lui scendeva, diventava sempre più reale, più pesante fino a quando perdeva l’ascensionale e volteggiando su se stesso, precipitava.

Allora potevo tornare a casa, felice di aver trascorso un pomeriggio speciale, in un luogo magico che avevo potuto raggiungere facendo volare il mio aquilone.

Poi si cresce, si diventa adulti, o “grandi”, come sempre dicono i bambini.

La voglia di giocare si spegne, i balocchi vengono dimenticati, finiti chissà dove.

Così è stato anche per il mio aquilone, caduto nel dimenticatoio fino a oggi.

A volte il passato torna, nel momento in cui meno te l’aspetti.

Lotto invano contro la tramontana che si ostina ad animare i miei capelli, quasi volesse trasformarmi in Medusa. Scosto la frangia e alzo gli occhi al cielo.

È lì, leggiadro e colorato, intendo a far sorridere il cielo con le sue acrobazie: l’aquilone.

Un pezzetto di stoffa e quattro bastoncini che si alzano e ti portano lassù, a poter toccare il cielo con un dito. La magia dell’aquilone: un sogno di bambini.

Scorgendo lo sconosciuto che sbobinava è tornata la voglia di far volare l’aquilone ancora una volta.

Guardandomi alle spalle, ho rivisto vecchi ricordi; vecchie foto scattate col cuore.

Immagini che non hanno impressionato nessuna pellicola ma che sono dentro me e non sbiadiranno. Ho rivisto un ragazzo che pedalava con un braccio alzato e gli occhi al cielo per far tornare bambina una ventenne innamorata.

Quella è stata l’ultima volta che sono salita in cielo a raccogliere le stelle.

La vita fa il suo corso ed è inutile rammaricarsi ma, da allora, non ho più desiderato vedere volare aquiloni.

Fino a oggi.

Oggi, in questa ventosa giornata di marzo.

Oggi, in questa giornata dove il cielo è talmente sereno da sembrare trasparente.

Oggi, in questa giornata in cui cammino assorta sulla spiaggia.

Oggi, in questa giornata in cui vago perché la vita segue il suo corso ed è inutile crucciarsi più di tanto.

Oggi, in questa giornata in cui vado avanti cercando un  nuovo sogno.

Oggi, mi avvicino al bambino che eri;  a te che tieni il filo.

Oggi torno bambina e chiedo a uno sconosciuto “Posso farlo volare un poco anch’io?”

A volte il passato torna, nel momento in cui meno te l’aspetti.

  

 *Cristina Ricci, quarantun anni, abita a Spotorno,  ha  pubblicato il suo primo romanzo (La montagna d’acqua – ed. Il Filo, Roma), un altro recentemente finito e tanta voglia di scrivere.

A questo “scarno” curriculum si può aggiungere la collaborazione con il blog dell’Udi Savonese per il quale Cristina Ricci ha scritto alcuni pezzi