Quello era il momento
perfetto; quello della promessa del volo.
Mi rivedo, trepidante e
ansiosa mentre le mani ascoltano. Lo so, il filo
deve restare teso, sempre in tensione. Bisogna
sbobinare lentamente, con pazienza. Se ne lasci
troppo e la corrente cala l’aquilone precipita,
se ne da poco l’aquilone non vola.
Ho trascorso interminabili
pomeriggi col naso all’insù.
Ho trascorso interminabili
pomeriggi a far volare aquiloni.
Il momento peggiore era
quello del rientro, quando dovevi tirarlo giù.
Iniziavi a riavvolgere la
bobina e, a poco a poco, lui scendeva, diventava
sempre più reale, più pesante fino a quando
perdeva l’ascensionale e volteggiando su se
stesso, precipitava.
Allora potevo tornare a casa,
felice di aver trascorso un pomeriggio speciale,
in un luogo magico che avevo potuto raggiungere
facendo volare il mio aquilone.
Poi si cresce, si diventa
adulti, o “grandi”, come sempre dicono i
bambini.
La voglia di giocare si
spegne, i balocchi vengono dimenticati, finiti
chissà dove.
Così è stato anche per il mio
aquilone, caduto nel dimenticatoio fino a oggi.
A volte il passato torna, nel
momento in cui meno te l’aspetti.
Lotto invano contro la
tramontana che si ostina ad animare i miei
capelli, quasi volesse trasformarmi in Medusa.
Scosto la frangia e alzo gli occhi al cielo.
È lì, leggiadro e colorato,
intendo a far sorridere il cielo con le sue
acrobazie: l’aquilone.
Un pezzetto di stoffa e
quattro bastoncini che si alzano e ti portano
lassù, a poter toccare il cielo con un dito. La
magia dell’aquilone: un sogno di bambini.
Scorgendo lo sconosciuto che
sbobinava è tornata la voglia di far volare
l’aquilone ancora una volta.
Guardandomi alle spalle, ho
rivisto vecchi ricordi; vecchie foto scattate
col cuore.
Immagini che non hanno
impressionato nessuna pellicola ma che sono
dentro me e non sbiadiranno. Ho rivisto un
ragazzo che pedalava con un braccio alzato e gli
occhi al cielo per far tornare bambina una
ventenne innamorata.
Quella è stata l’ultima volta
che sono salita in cielo a raccogliere le
stelle.
La vita fa il suo corso ed è
inutile rammaricarsi ma, da allora, non ho più
desiderato vedere volare aquiloni.
Fino a oggi.
Oggi, in questa ventosa
giornata di marzo.
Oggi, in questa giornata dove
il cielo è talmente sereno da sembrare
trasparente.
Oggi, in questa giornata in
cui cammino assorta sulla spiaggia.
Oggi, in questa giornata in
cui vago perché la vita segue il suo corso ed è
inutile crucciarsi più di tanto.
Oggi,
in questa giornata in cui vado avanti cercando
un
nuovo sogno.
Oggi,
mi avvicino al bambino che eri;
a te che tieni il
filo.
Oggi torno bambina e chiedo a
uno sconosciuto “Posso farlo volare un poco
anch’io?”
A volte il passato torna, nel
momento in cui meno te l’aspetti.
*Cristina
Ricci,
quarantun anni,
abita a Spotorno,
ha
pubblicato il
suo primo
romanzo (La
montagna d’acqua
– ed. Il Filo,
Roma),
un altro
recentemente
finito e tanta
voglia di
scrivere.
A questo
“scarno”
curriculum si
può aggiungere
la
collaborazione
con il blog
dell’Udi
Savonese per il
quale Cristina
Ricci ha scritto
alcuni pezzi
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