Perso nei miei pensieri desideravo trovare la
forza di spazzare via nubi che mi rabbuiavano l’
esistenza, proprio come la tramontana, che aveva
soffiato per giorni, aveva pulito il cielo
tingendolo d’un irreale azzurro.
Lo sguardo andava dalla spiaggia al mare, si
soffermava sul molo e solo più tardi mi resi
conto che quel vagare altro non era che la
ricerca di Billy, il randagio che gradiva la mia
compagnia nelle sue scorribande, spezzando,
senza saperlo, la mia solitudine.
Perso nella musica del mare quasi non mi accorsi
del libro.
Ripensandoci ora, ormai quando tutto è finito,
posso dire che solo sulla via del ritorno me lo
trovai nelle mani.
Come consuetudine e senza troppa attenzione
allungai la mano verso il cane e invece del
consueto bastoncino da lanciare me lo ritrovai
tra le mani; inusuale oggetto da gettare.
Billy era un campione per scovare improbabili
oggetti da lancio; ma quello fu sicuramente il
più originale che mi offrì.
Ho sempre avuto una venerazione per i libri. Li
considero compagni d’avventura da quando le
tigri di Mompracem e i pirati della Malesia
divennero i complici delle mie scorribande
infantili.
Rimasi perplesso di come Billy potesse
possederne uno.
Lo sfilai delicatamente dalle sue fauci,
amorevolmente lo passai sulle cosce per
asciugare la saliva coi jeans.
La spessa copertina aveva protetto le pagine
dall’umidità e mi guardai attorno con la
sicurezza che qualcuno stesse rincorrendo Billy
per riappropriarsi del suo tesoro.
Invece non c’era nessuno.
La spiaggia era deserta se si escludevano i
gabbiani che volteggiavano sulle nostre teste.
Sbrigai gli impegni della giornata pregustando
il piacere di accomodarmi davanti al fuoco ed
immergermi nella lettura.
Quel libro mi attraeva magicamente non solo per
il modo in cui era entrato nella mia vita. Era
più di una semplice storia; era lo scampolo di
vita di due persona reali. Me ne ero reso conto
fin dal mattino; quando, scorrendo le pagine,
avevo colto fitti messaggi di diverse
calligrafie. Poi mi ero soffermato sulla dedica.
“Tutto quello che Paola pensa io l’ho pensato
Tutto quello che Paola desidera io l’ho
desiderato
Tutto quello che Paola ha fatto io l’avrei fatto
per te”
Accomodato in poltrona udivo i rintocchi della
campana che scandivano il passare del tempo e
non riuscivo a rientrare nella mia esistenza, a
spegnere la luce e andare a letto; in attesa di
un oblio che giungeva sempre più lentamente, e
con meno voglia di trascinarmi via.
Mentre la notte passava io, pagina dopo pagina,
imparavo a conoscere Paola. Figura che si
muoveva in un mondo di lettere ma che quella
poche scritte rendevano viva e reale.
Mi addormentai solo quando i primi chiarori
preannunciarono l’aurora.
Il libro in sé non era granchè. Senza la
consapevolezza che una donna reale si celasse
dietro quella immaginaria non sarei riuscito ad
arrivarne alla fine. A spingermi era proprio
quell’essere che aveva avuto il coraggio di
stracciare ogni sua certezza per amore. Paola
era riuscita a dare una svolta alla sua vita.
Aveva l’energia della tramontana; quella stessa
forza che stavo cercando per scuotermi dai miei
torpori.
Ma la donna reale era riuscita a fare
altrettanto?
Riaprii infinite volte quel libro, fino a
concentrare l’attenzione solo sull’oggetto.
Sembrava fosse passato tra infinite mani; in
realtà era stato il trait d’union di un amore.
Osservando imparai a distinguere le
sottolineature. Riuscii a trovare al di là delle
parole il sentimento nascosto che spingeva la
penna. Scorsi la gioia, la solitudine e a volte
il dolore. Capii che quelle strane circolari
increspature erano tracce lasciate da lacrime
sgorgate troppo copiose per essere trattenute e
lasciate scorrere via.
Immaginai infinite volte il loro viaggio. Scese
lentamente per accarezzare la gota, alcune lungo
la dorsale nasale, sicuramente qualcuna si sarà
fermata ad esplorare la punta del naso prima di
tuffarsi giù e fondersi in quelle già scese. Mi
scoprivo ogni volta con braccio proteso per
asciugarle, pronto ad offrire la mia spalla come
sostegno.
Ritrovandomi ad osservare le testimonianze di
esistenze che lasciavano intendere personali
tormenti simili ai miei nasceva l’impellente
desiderio di conoscere il destino di quelli
sconosciuti.
La mia solitudine era tanta e tale da spingermi
a voler essere quel lui al quale il libro era
dedicato fino al punto di indurmi a cercare
Paola per anni; domandandomi se ci fosse lei
dietro ad ogni donna che incontravo.
La mia vita, con trascorrere del tempo, aveva
trovato una serena tranquillità. Pur non avendo
esaurito la ricerca ero riuscito a placare
l’ansia che mi spingeva affannosamente di qua e
di là, come foglia strapazzata dal vento.
Il libro era entrato a far parte delle mie
abitudini. Non aspirava ad un posto di diritto
in libreria. Si muoveva tra le mie cose. A volte
prendeva posto sul comodino, altre si insinuava
tra i cuscini della poltrona o semplicemente
proteggeva il pavimento dall’odiosa e
immancabile impronta circolare dell’ultimo
bicchiere della serata.
Spesso era nella mia tasca mentre passeggiavo
sulla spiaggia.
Proprio per il suo vagare al seguito della mia
agitata esistenza l’avevo salvaguardato. Conscio
di essere il custode di un oggetto prezioso che
avevo ben presto imparato ad amare, come un
diligente scolaro, l’avevo rifasciato. Non si
era spenta la speranza di incontrare uno dei
protagonisti a cui restituirlo e speravo che la
cura con cui l’avevo custodito mi valesse il
premio di conoscere l’epilogo della storia,
ponendo fine alla mia curiosità.
Ancora non so come sia stato possibile. Solo
dopo anni, rifasciandolo per l’ennesima volta mi
accorsi dell’ultima lettera. Era stata scritta
sul retro della quarta di copertina. Proprio
dietro il ritratto dell’autore. Mai l’avrei
scovata se il caso non avesse fatto in modo che
il libro mi scivolasse dalle mani e, cadendo, si
liberasse dalla sovracopertina.
Era il messaggio d’addio. La risposta al
disperato bisogno di lei che ammetteva l’amore
per un uomo che aveva avuto la capacità di
capirla al punto di entrare nel profondo del suo
essere. In un luogo dove nessuno era arrivato
mai e che lei stessa faticava a raggiungere.
“E’ vero; si può amare così, anche senza essersi
mai toccati. Anche senza conoscere il profumo
della tua pelle resterà in me il bisogno
costante della tua presenza ma credimi è meglio
così. Conosco i miei limiti e ho la certezza
assoluta di poterti togliere molto di più di
quel che potrei darti. Alla fine ti lascerei
devastata perché altro non sono se non un
uragano che si abbatte distruggendo tutto quel
che trova sul suo cammino.
Troverai il libro al solito posto, ti guarderò
ancora una volta da lontano e, incidendo la tua
immagine dentro me, partirò”.
Solo allora nacque in me la certezza di essere
un’inconsapevole pedina del destino. Quel libro
era con me da anni. Lei aveva atteso invano una
risposta per tutto quel tempo. Le sue parole
forse non avevano saputo trattenere quel lui ma
avevano sicuramente stregato me ma, ironia della
sorte, anch’io l’avevo cercata invano.
Cercai di trattenere ancora quel libro, unico
legame di un improbabile amore, ma alla fine lo
riportai alla spiaggia.
Aspettai la giornata giusta per dargli addio. Lo
avvolsi con cura dentro la plastica. Dopo tutto
non volevo rischiare di rovinarlo. Il vento
aveva soffiato tutta la notte. Il mare ruggiva
rabbioso e mi pareva di distinguere parole di
rimprovero per quel che avevo involontariamente
fatto. Il cielo era grigio, le nuvole basse e la
pioggia scendeva così fine da sembrare umidità
ma mi ritrovai fradicio ancor prima di aver
raggiunto la spiaggia.
Cercai Billy ancora una volta, dimenticando, che
non l’avrei trovato.
Scorsi invece, lontana sul molo una figura
femminile.
Il vento col passare del tempo faticava sempre
più a smuoverle i capelli bagnati. Lei sembrava
non accorgersi del maltempo, rapita da emozioni
che agitavano il suo essere tanto quanto il mio.
Restammo sotto la pioggia un tempo infinito.
Restai, attendendo che si esaurissero tutti i
suoi pensieri e solo quando fu pronta per andare
via mi avvicinai.
Ti tesi quel libro e cercando una conferma
pronuncia timidamente quel nome “Paola?”.
Un sorriso si aprì sul tuo volto “Lo ero tanto
tempo fa…” poi afferrasti il mio prezioso libro.
Con stupore ammirai la grazia con cui piegasti
le ginocchia, tendesti il braccio girando appena
il busto. Provai invidia per la leggerezza del
lancio.
Restammo a osservare il libro mentre volava. Il
vento modificò la traiettoria ma non ne cambiò
il destino. Anche la mia protezione servì solo a
prolungare di un poco l’agonia. L’acqua iniziò
lentamente a inzuppare le pagine e, a poco a
poco, il libro iniziò a scomparire.
Dopo che l’onda lo fece sparire ci allontanammo
incominciando a raccontarci di Billy.
** incipit tratto da “Il
coraggio del pettirosso”
di
Maurizio Maggiani
*Cristina
Ricci,
quarantun anni,
abita a Spotorno,
ha
pubblicato il
suo primo
romanzo (La
montagna d’acqua
– ed. Il Filo,
Roma),
un altro
recentemente
finito e tanta
voglia di
scrivere.
A questo
“scarno”
curriculum si
può aggiungere
la
collaborazione
con il blog
dell’Udi
Savonese per il
quale Cristina
Ricci ha scritto
alcuni pezzi
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