versione stampabile

IL PUNTO POLITICO SETTIMANALE

 

LA SVOLTA DI FRANCESCO RUTELLI:

UN FATTO POSITIVO PER L'EUROPA?

 di Franco Ivaldo*


Francesco Rutelli

 Se i politologi nostrani non fossero stati così distratti dalle escort, dalle risse di cortile, e dalle beghe delle comari, forse avrebbero dato ancora maggiore rilievo ad un avvenimento politico che ci è stato offerto, quando ormai disperavamo di reggere più a lungo il peso delle diatribe dell'autunno dei veleni, da un personaggio coerente, dal curriculum vitae convincente, e dalla serietà di comportamenti collaudata da prove severe ( punteggiate da vittorie come da sconfitte). Stiamo parlando del presidente del Copasir, Francesco Rutelli, ex vice-premier nel governo di Romano Prodi, ex ministro della Cultura, per due volte sindaco di Roma, avversario di Berlusconi in una corsa alla presidenza del Consiglio in cui egli ne uscì con l'onore delle armi.

Francesco Rutelli, fondatore della Margherita, appartiene al Pd. Ed è proprio al suo partito che si rivolge, in primis, nel suo libro fresco di stampa:La svolta- Lettera ad un partito mai nato.

L'ho detto, in apertura, la "svolta" di Rutelli è finita sulle prime pagine di tutti i quotidiani. Molto bene, perché i contenuti del libro meritavano questa attenzione. Ma il fatto è che la "svolta" rutelliana merita, adesso, un approfondimento che non ha ancora avuto. Quello che egli ha scritto, durante il mese di agosto, dev'essere adesso meditato attentamente, discusso e, soprattutto, compreso, in primo luogo, dai suoi stessi compagni della Sinistra italiana.

Cosa dice, in buona sostanza, Francesco Rutelli ?

In primo luogo, ammonisce i suoi compagni di viaggio (Franceschini, Bersani, Marino, D'Alema et hoc genus omne: la carrozza del Pd è su un binario morto.

"Diversamente da ogni nuova vicenda davvero importante si è andati avanti su binari già tracciati. Si sa come va a finire, continuando su quei binari. In Italia, c'è il deposito."

E ancora: "Al  Pd è mancato il coraggio di scegliere... La sua nascita doveva allargare i consensi nel cuore, nel centro della società italiana..."

Invece: "un Pd  schierato visibilmente a sinistra non si presenta come un'alternativa credibile per la maggioranza degli italiani".

Insomma, ancora più " a sinistra,no. E  una strada senza uscita."

Di cosa tiene conto Rutelli ? Innanzi tutto, che c'è un centro vastissimo in cui una formazione politica in grado di formulare strategie di governo deve, necessariamente, volgersi per parlare ai moderati, a quella "maggioranza silenziosa" che è stata lasciata non si capisce perché, nelle mani dei berluscones e della Lega Nord. Da quindici anni.

Il berlusconismo non si batte con i giacobini di Di Pietro (è l'idea di Rutelli, e, curiosamente di Ferdinando Casini).

GIi ultimi risultati elettorali delle politiche e delle europee - se attentamente analizzati - danno ampiamente ragione ad entrambi.

Questo bipolarismo da rissa continua è sostituibile ?

C' è  da scommetterci, ma non con le alchimie del ritorno alla "balena bianca" perché la Dc non si rifonda, come non si rifonda il Partito comunista.

Ma l'analisi di Rutelli va più a fondo ancora. Visto che il testo lo ha scritto nel mese di agosto, ha previsto con buona lungimiranza il tracollo dei social-democratici tedeschi, il trionfo della Merkel e dei liberali. E' quasi completa la vittoria della destra europea. I laburisti inglesi non sono certo in una fase aurea.

L'asse Parigi (Sarkozy) - Berlino (Merkel) è destinato a consolidarsi sullo scacchiere della costruzione europea. Probabile.

Cosa significa ?

Significa che non ha affatto torto il presidente del Copasir a riproporre la critica alla scelta di Bersani "che ha sempre associato alla sua idea di partito la tradizione socialista. Il partito non deve essere socialista, né di sinistra."

E perché mai ?

Perché, in Europa, ciò porterebbe i 7 - 8 europarlamentari italiani che non hanno storie di sinistra ad essere lentamente fagocitati nel gruppo dei socialisti europei, senza che esso evolva sostanzialmente".

Il filosofo tedesco Dahrendorf, all'inizio degli anni Novanta, aveva lucidamente predetto: "Il socialismo del Novecento è morto e non può essere resuscitato, il comunismo è crollato e la socialdemocrazia è ormai esaurita."

A tutto ciò si aggiunga che al Parlamento Europeo, l'avanzata dei partiti di estrema destra è stata inversamente proporzionale alla batosta subita dai socialisti. Cambiare tattica per intercettare voti moderati non significa arrendersi. Significa soltanto sfidare la destra dove è più vulnerabile: al Centro.

Qui, non si tratta di rinunciare alle ideologie, ma di definire - possibilmente non in termini di politichese - una strategia credibile per arginare non solo il berlusconismo (cosa, tutto sommato, non così difficile come può apparire a prima vista) bensì di tracciare assieme ai partiti di Centro europei, un piano di battaglia per gli anni a venire. Una sinistra in crisi non può inseguire l'estrema sinistra, ma deve riportare il timone verso la terza via, obbligatoriamente centrista.

Nessun stratega, appartenga esso ad un partito o ad un esercito, prepara piani di battaglia di cui conosce già in anticipo i difetti, i lati deboli, e che porteranno inevitabilmente ad ulteriori, amare e forse definitive sconfitte.

Ecco perché , dicevo all'inizio, che le riflessioni di Rutelli meritano di essere meditate ed approfondite all'interno dello stesso Pd che deve adeguare le sue scelte anche ad una politica decisamente europeista. Altrimenti, le sinistre, in Europa si ritroveranno, tutte quante, nel polveroso museo delle ideologie superate del Novecento, dei partitini emarginati che devono accontentarsi della satira anche feroce per sbeffeggiare i concorrenti. Gli autocrati, del resto, hanno la pelle dura: la satira li fa imbestialire, ma non li rovescia.

Quella opposizione  becera, parolaia e bagolona, che si accontenta di prendere per i fondelli il dittatore di turno. Di fargli fare la caricatura feroce che scambia un anchorman per un fine ideologo della resistenza alla tirannide (con la Escort di scorta) e per un martire dell'ideologia di sinistra; quella opposizione che congola nel vedere Di Pietro con la coppola da finto mafioso dare del mafioso vero non solo a Berlusconi and company, bensì anche al Parlamento ("mafioso, massone e piduista"). Qui oltre al lodo Alfano, se continua così toccherà fare un lodo per Di Pietro, perché se questo non è oltraggio alle istituzioni repubblicane, beh, poco ci manca. Così come parlare di connivenze per lo scudo fiscale, guardando storto dalla parte del Colle del Quirinale, dove Napolitano mette una firma su un decreto legge, seppure ritenuto ingiusto perché premia disonesti evasori.

Lo scudo fiscale oltre ad un errore, inutile, è profondamente ingiusto. Ma Napolitano, tenuto al dettame costituzionale (firma di un decreto legge approvato dal Parlamento) che colpa ne ha ? Ma vallo a dire ai massimalisti e ai giacobini.

E, intanto, l'Europa ci guarda.

Da qui, l'ultimo avviso opportuno, sacrosanto, di Francesco Rutelli ai suoi compagni: "Se il Pd va a sinistra tradisce le sue ragioni."

Sì, perché a sinistra cosa rimane ?

Un'area incredibile di malcontento, di sconforto, forse di disperazione, che si esprime anche con l'assenteismo elettorale, col distacco dalla politica attiva. Vogliamo recuperare in qualche modo il cittadino che non vota ? Vogliamo individuarlo in quella "maggioranza silenziosa" che non vota certo per Rifondazione comunista o per  l'Italia dei Valori del giacobino Di Pietro e che non se la sente di votare per il grande timoniere , che è poi il grande comunicatore il quale non si preoccupa neppure  di nascondere meglio il suo gioco e dice : "Annozero ? Ma sì che parlino, che parlino. Tanto quello mi porta voti!"

Ma ci avete riflettuto su questa frase rivelatrice ? 

Qui, non si tratta più di schierarsi - in una sorta di Italia Rinascimentale senza Rinascimento - con il principe di turno, si chiami esso Berlusconi o pincopallino,

o con i nemici del principe, si chiamino essi Carlo De Benedetti o con l'outsider si chiami Cordero di Montezemolo, con la Confindustria o con i Sindacati, qui si tratta di tracciare un programma serio di governo alternativo , in una prospettiva dinamica e moderna, adatta ai tempi che non sia il solito ricorso , una volta constatato il disastro, al senno di poi.

Con questa linea, ispirata ad ideologie di sinistra, superate dal corso della Storia, il Pd non riesce a scalfire il gioco delle destre. E' un dato di fatto. Vogliamo continuare a far finta di nulla ? Ci accontentiamo dei racconti boccacceschi, vogliamo sapere l'ultima sul caudillo ? Vogliamo che ce la raccontino, tutte le sere, gli archormen , le escort di turno? Vogliamo sempre affrontare l'uomo di spettacolo, il grande protagonista  - da quindici lunghi anni, badate bene - del teatrino della politica ( la definizione è sua) sul suo terreno favorito . Il cabaret, le barzellette, gli scherzi, le battute. Aria fritta !

 Insomma, vogliamo divertirci ancora  a perdere nei seggi elettorali,  a fare male al Paese agli occhi dell'Europa  , a concedergli il vantaggio derivante dall'essere riuscito a far star zitto persino il direttore di Avvenire, Boffo e a farlo dimettere dal suo incarico, eppure era il direttore dell'Organo della Cei,

Sapete, infine, perché Rutelli è più che autorizzato a dire quel che dice ?

Perché  egli, fino ad oggi,  ha pagato per gli errori altrui: di Veltroni in primis (tu vuoi fa' l'amerikano, quello che fremeva di indignazione perché Berlusconi aveva dato dell' abbronzato ad Obama, che era stato il primo a riderne). Veltroni non aveva potuto vedere il resto, almeno non nelle vesti di segretario di Pd, perché in un battibaleno Franceschini l'aveva sostituito, così come Bersani (D'Alema) adesso sostituirà lui.

Eppoi, per i ministri finanziari di Prodi, a cominciare dal Balzello di Dio, e da quel Padoa Schioppa che non la finiva più di mettere le mani nelle buste paga di lavoratori dipendenti e pensionati, facendo salassi quotidiani al ceto medio e piccolo borghese. Ed  ad un'altra maggioranza silenziosa: i pensionati.

Eppoi,  la storia è nota.

Ma Rutelli, scusate, che colpe aveva? Ottimo sindaco di Roma, per due mandati. Perfetto vice- premier, rimasto a fianco di Prodi, lealmente, quando tu quoque Mastella, fili mi stava per dare il colpo di grazia ad un governo che, in Senato, si reggeva solo grazie a due o tre voti dei senatori a vita.

Rutelli dovrebbe piacere ai Democratici.

Invece, non è detto che piaccia ai suoi compagni di partito, ex comunisti o ex democristiani .

Eppure, è un politico coerente. E' stato radicale, enfant prodige a fianco di Marco Pannella, eletto al congresso dell'Eur al posto di segretario. Poi, è sceso in campo assieme a Prodi e quando Prodi andò a Bruxelles nella veste di capo della Commissione Europea, Rutelli - sconfitto da Berlusconi - rimase al suo posto a fare piani, programmi, a difendere quel che rimaneva degli Ulivi, degli Asinelli, dei pasticci di una Sinistra ormai in stato confusionale. Poi per un soffio Prodi batté Berlusconi e trovò in Rutelli il collaboratore, il vice più prezioso.

Insomma, un centrista che ha fatto la sua parte più che dignitosa nel centro-sinistra. Sempre. Anche come ministro della Cultura, con iniziative innovative che non consistevano nel proporre, ad esempio,  per la corsa all'Oscar a rappresentare l'Italia, un film che mostra un  povero toro, torturato dal vero con un punteruolo, in una macelleria tunisina, per “fare più realistico un film” .

No, Rutelli era vicino ai radicali di Pannella ed ai Verdi. Ai difensori della natura e degli animali. Poi, si è mantenuto al Centro del Centro-Sinistra. Con coerenza.

Piace all'Europa, perché è da sempre un europeista sincero ed affidabile.

Se non piace ai suoi compagni di viaggio, che lo dicano perché come asseriva Saragat, anche i migliori a volte non sono premiati in quanto “il destino è cinico e baro.”

Una ricetta per il dopo Berlusconi, comunque, esiste nelle tesi di Rutelli.

Un governo di ricostruzione e di rilancio dell'economia. Un governo del presidente. Con larga base parlamentare. Con un grande ambizioso programma - concordato con l'Europa - per tre anni.

Poi, alleanze di nuovo conio. Insomma, un appuntamento per il 2013.

Nuovo partito ? Chissà. Pii desideri.  Vedremo. E' una politica lungimirante, certo. Nel paese dei miopi, del tiriamo a campare, del politichese del jour le jour, del parlate di me, bene o male non importa, purché parliate di me.  Di Berlusconi, si parla ormai, ogni giorno, da quindici anni su tutti i mass-media italiani. Nessuno escluso. Paese di miopi o di orbi, la " svolta" rutelliana è - come dire  ?- incoraggiante. Non ci vediamo male, d'accordo, ma l'Europa ci guarda. E allora, concludiamo con lui, anche noi: Vedremo!

 * Franco Ivaldo è giornalista professionista dal 1976 ed ha esordito a Roma. E’ nato a Savona, ha 68 anni, vive a Bruxelles.