TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni Per la prima volta dal confessore Cosa ho raccontato (in segreto) di Alassio
di Belfagor (junior) Deluderò tutti, ma il diavolo ha dovuto
recarsi, per la prima volta in vita sua, dal confessore. Un monsignore,
non esorcista. Ho sentito questa esigenza, intima, dopo
essermi reso conto che ad Alassio è scoppiata la guerra mondiale. E
prima di cadere sotto il fuoco amico o nemico, occorre fare
“testamento”. Confessarsi. Pentirsi. Fare penitenza. C’è chi spara cannonate, in buona fede, come
il mio prediletto conte Marco Melgrati. A proposito. Svelo un
“segreto”. Sapete perché vuole un cinque stelle di lusso (neppure un
quattro stelle) nell’ex Grand Hotel? Il mio suddito Silvio
Berlusca ha promesso di fargli visita e rendere finalmente gli onori
che merita. Dopo essere quasi caduto in disgrazia nel “granducato di
Villa Scajola”, sulle ridenti colline imperiesi, Marco cerca una
spalla più sicura. Per San Berlsuaca c’è bisogno di un
“ambiente consono” allo stile di vita da premier miliardario e
divorziato. Camera (senza escort), bagno turco, sauna, privé e vetrata
fuméè. E chi più di Marco ad Alassio conosce
l’extralusso degli hotel cubani, dell’amico-nemico Fidel ? I suoi
confort. I segreti del successo di “lunga vita”. I consigli di Marco, lo sanno benissimo
gli amici, sono gratuiti. Inutile che facciano liste di
tutti i suoi clienti, oltre acquirenti di mobili. Tempo perso signori
perdenti, evitate anche di rivolgervi al legale di fiducia con vasta
esperienza in Provincia. E quando Marco non può, delega quel
bravo collega di studio a nome Silvio Dotta, geometra.
Francamente non capisco cosa c’entri con quel tale residence a metà
collina. A proposito della benemerita Conicos
(già socia di Garboli, un tempo quotate in borsa) che ha rinviato
quattro volte l’inaugurazione del Grand Hotel, dopo aver pagato
una pagina di pubblicità sul Sole 24 Ore. Se non fosse per quei
magistrati, forse invidiosi di tanto successo di un primo cittadino di
destra, un tempo giovanissimo monarchico, poi democristiano, avremmo in
piena attività una struttura che persino i nostri amici di Loano
ci invidiano. Loro hanno Salvatore Ligresti, superdecorato e i
Percassi da pochi anni proprietari dello storico e maestoso
Castello dei Doria; noi ci accontentiamo di Antonio Ricci e
della sua piccola dimora. Noi avremo, prima di altri, un “Grand Hotel”
da favola, con clientela Vip garantita: miliardari russi, cinesi,
indiani, dagli Emirati, con tanti valletti e vallette al seguito
(vietate le veline). Già li vediamo entrare nei negozi, nelle boutique,
nei ristoranti, nei bar di Alassio, seminando banconote. Mi domando, questa volta in tandem col bravo
architetto Marco, a chi serve contestare proprio ai grandi
benefattori del Grand Hotel un reato di abuso edilizio per
due misere tramezze. Penso a Giorgio Vinai, presidente del
consiglio di amministrazione Conicos, a Stefano Bongiovanni,
amministratore delegato e direttore generale, al consulente-direttore
dei lavori Giovanni Botta. E poi “follia nella follia” – per la serie c’è
chi fa le pentole... – chiamare in causa il pluriperseguitato sindaco –
decorato con 14-15 “avvisi” di garanzia e non è finita; in compagnia di
un tecnico di specchiata fiducia come l’alassino Dotti (io
Belfagor, gli avevo “suggerito” di occuparsi, già che c’era, anche delle
tubazioni di captazione a mare, di metterle in conto alla Conicos, ma
non ne ha voluto sapere). E poi quella brava anima pia di Salvo,
al quale va tutta la mia solidarietà per aver scelto il modo più genuino
per collaborare con l’(in)giustizia italiana: scena muta come accaduto
il 26 maggio 2009, con bis il 23 settembre. Non solo, qualche tonto si
ostina a chiamarlo architetto, facendo arrabbiare l’ordine provinciale. Persino il Tonino Di Pietro, detto
“forcaiolo”, gli avrebbe tutti prosciolti per aver restituito ad
Alassio, nel rispetto della legalità e della buona fede, una struttura
che io ricordo bene, per averla visitata parecchie volte con Silvione
Fasano, diventata la dimora prediletta dai topi per fare l’amore e
moltiplicarsi. Oggi è un gioiello, farà tutti gli alassini un
po’ più ricchi, un po’ più felici e gaudenti. Con più “attributi”.
Io Belfagor, mi dichiaro ufficialmente
scandalizzato da questa guerra mondiale. Hanno sparato persino un
titolo, a tutta pagina, dicendo che il “diavolino” Melgrati è
stato condannato dal giudice per “falso ideologico” (notizia falsa).
a proposito del “San Rocco” residence che porta notiriamente
sfiga. Li avevo raccomandati proprio a San Rocco, patrono,
ricordandogli che tra quelle mura ci aveva lasciato quasi le “piume” il
valoroso trio Valero-Tomagnini-Caffa (di Pietra Ligure). Io Belfagor, so perché l’Isidoro
Meraviglia, costruttore, si è tanto arrabbiato della sentenza
di condanna e confisca dell’immbile del giudice Laura De Domenicis
che garantisco simpatizzante del centro-destra. Altro che
scomunica “comunista”! Al mio Meraviglia era stato proposto di
“esportare i capitali” e lasciar perdere “San Rocco”. Lui, tra i
pochissimi italiani che (non) pagano volentieri le tasse, deve aver
insistito: no, devo fare un’opera di bene, per Alassio, per il
“miglior sindaco della storia alassina”. Voglio dare una casa a
chi ha sempre pagato le tasse, in una baia del sole dove c’è chi ha la
sfacciataggine di utilizzare i soldi in nero. Una sfida ad un Paese modello, in quanto a
eguaglianza fiscale. E le imprese che vendono a 10-15 mila euro il
metro quadrato? Denunciano quattro mila euro. Non siamo mica negli
Stati Uniti dove chi paga è considerato un fesso. Evadere è un
onore. Siamo nell’Italia berlusconiana dove è una gara continua alla
legalità. E poi hanno il coraggio di accanirsi contro il Meraviglia. Una ciliegia tira l’altra. Vogliamo scommettere
che tutte queste “togacce rosse” si stanno accanendo pure contro
lo “Zero Beach”, soltanto perché è un altro simbolo del
capitalismo non comunista? E si perché, io Belfagor, avevo
consigliato alla volenterosa Chiara Ravera di fidarsi solo delle
persone giuste. Di ricordarsi di cosa era successo al quel buonanima di
intraprendente papà, a lungo perseguitato in terra di Ceriale.
Persino da una banca savonese. Persino da un ordine di demolizione del
Comune che solo io Belfagor potevo “fermare”. E finalmente
nessuno parla più. Chiara Ravera, anziché
esportare, sta rischiando un mare di soldi in mare. Chissà cosa dirà dal
paradiso quel nonno che, a Ceriale, era un’istituzione, un vero
“cavaliere del lavoro” pur senza aver ricevuto il titolo onorifico. Una
vita di sudori e di sacrifici, poi aveva lasciato il timone al figlio
Angelo, passionaccia per la bicicletta. Un combattente tenace. Una
candidatura in consiglio comunale. Tanto successo imprenditoriale. Ci ha
lasciato senza salutarci, eppure c’era un’amicizia. Ad Angela avevo suggerito che se ha
bisogno di una collaboratrice doveva scegliere persone fidate. Magari,
dico a caso, la mamma di un tecnico comunale. Se i burocrati comunali di Alassio,
danno del filo da torcere, io conosco il geometra Luca Corciulo.
Tra i pochi fidati che non lascerà mettere il becco a nessun altro, per
evitare questa infinita burocrazia di controllori, controllanti,
questuanti, postulanti. Ad Angela aveva assicurato che l’ufficio
demanio era il fiore all’occhiello di palazzo civico. Maurizio Drava,
architetto, è persona di fiducia del senatore Orsi (non Grillo),
neo sindaco di Albissola. Avevo assicurato che Rocco Invernizzi,
assessore, era il migliore assessore al Demanio che la “Città di
Alassio” abbia avuto. Con la ottima collaborazione di Giulia
Moltoni, geometra. Roba da pazzi, cosa hanno il coraggio di tirare
in ballo questi rompiballe, rompicoglioni: confini della spiaggia,
presenza di un molto, misurazioni, ore e minuti dei sopralluoghi
effettuati, permessi che vanno vengono. Quando, come, con chi. Mappe su
mappe. Divise su divese. Non penseranno mica di aver a che fare con
siciliani dellutriani, della confraternita <nulla vedo,
nulla sento, nulla dico, tutti innocenti siamo>. E’ vero che la Sicilia ha votato compatta il
centro destra (neppure un seggio alla minoranza rossa), ma ad Alassio
lo sapete o fingente di non saperlo che si respira “l’aria di
Alassio”. Ai tempi del mitico caffè Roma era venduta nei
barattoli. A 500 lire. Esportazione in mezza Europa. Per ultimo mi viene in mente un cosa. Il
procuratore Granero, non poteva restarsene a Roma, meno grane,
meno stress e di conseguenza lunga vita. Più tempo libero. Sarà per colpa sua (e del suo ufficio) che ad
Alassio “sta cambiando aria”. Più pulita, l’inquinamento scende a
vista d’occhio. Se lo avessero saputo in tempo, i miei
diavolini avrebbero cambiato vita. Dandosi al golf. Avrebbero messo in
pratica i buoni consigli: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Il “gran
ballo” in maschera riserverà altre sorprese. Parola di Belfagor,
il bugiardo che a volte ci azzecca. Belfagor junior
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