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Cosa insegnano le assenze a Montecitorio. Un giorno buio della storia d’Italia

“Scudo fiscale” e…la giovane deputata Pd:

43% di tasse su miseri stipendi, pensioni da fame

Un insulto ai cittadini onesti che meritava lo sciopero generale, invece …

di Franco Astengo 

 

Proprio oggi, nella giornata della grande manifestazione sulla libertà di stampa, mentre “grida di dolore” si levano da ogni parte d'Italia per la precaria salute della nostra democrazia ed accade l'ennesima tragedia annunciata dal dissesto idrogeologico del nostro territorio (male atavico, che nessuno affronta: mentre la speculazione edilizia è male comune delle amministrazioni locali di tutti i colori): ebbene, in questo giorno così importante, il peggior provvedimento preso da tutti i governi di destra della storia d'Italia (esclusi, forse, la tassa sul macinato, le entrate in guerra e le leggi razziali), quello sullo “scudo fiscale”, quello che meritava lo sciopero generale ancor più del taglio della scala mobile, delle pensioni e dell'art.18, passa perché l'opposizione non è stata in grado di garantire la presenza dei propri deputati (i “rappresentanti del popolo”) nell'aula, sempre più sorda e grigia, di Montecitorio.

Si badi bene il provvedimento, passa due volte, sempre per le assenze determinanti registratesi precipuamente nel PD: la prima sul passaggio agli articoli nella verifica dei criteri di costituzionalità; la seconda al momento del voto finale.

Verrebbe da fare facile ironia, ricordando come la sinistra sia stata esclusa dal Parlamento grazie al marchingegno dello sbarramento e che questi (tu l'hai voluto George Dandin!) sono gli effetti pratici del “voto utile” di Veltroni e della sua “vocazione maggioritaria” che si intende, tra l'altro, pervicacemente portare avanti anche per il futuro (errare humanum est; sed perseverare diabolicum: è proprio il caso di ricordarlo).

Ma non è il caso di soffermarsi su questo punto, quanto andare più a fondo nell'analisi, perché questo brillante risultato chiama in causa due questioni fondamentali.

La prima riguarda il partito: va detto con chiarezza, il PD non esiste, non esiste nelle fondamenta, non tanto perché frutto della “fusione a freddo” delle sue componenti, ma proprio perché entrambe le componenti hanno adottato lo schema del “partito liquido”, delle cordate interne, delle scelte sulle persone mai misurate sulla realtà, ma sui giochi sottili delle convenienze interne e dell'irresistibile richiamo del “nuovismo” televisivo: non a caso, tra gli assenti, figura anche quella deputata, giovane volto accattivante, che aveva dichiarato al momento della candidatura “porto la mia inesperienza”. Detto fatto: i risultati sono questi.

L'idea del “partito liquido” (ben oltre le varie trasformazioni della forma partito che si leggono sui manuali: dal partito “acchiappatutti”, al “partito di cartello”. Qui siamo già alla  “non forma” dell'agire politico) si è innestata perfettamente nel meccanismo della nuova legge elettorale, quella del 2005, che affida completamente al meccanismo di selezione interna ai partiti la composizione del Parlamento lasciando risicatissimi margini di scelta agli elettori (in realtà la sola scelta possibile è quella del determinare il premio di maggioranza): né preferenze, né collegi uninominali.

Su questi due punti, mentre ci si balocca con le “finte” primarie di partito per poi, magari, “cammellare” le truppe ad una votazione dal sapore indistintamente populista, come quella prevista il 25 Ottobre, il disastro è stato compiuto.

Chiedo ai dirigenti del PD: avete idea dei danni che un provvedimento come lo “scudo fiscale” provoca nell'immaginario collettivo di chi lo subisce, pagando ogni mese il 43% di tasse sul proprio stipendio di 1.200 euro e sulla propria pensione di 800? Non pensate che, a questo modo, la fuga verso l'indifferenza, il ripiegamento, l'astensionismo diverranno inarrestabili?

Chiedo ai dirigenti della sinistra, esclusi dal Parlamento: quando smetterete di cercare ogni mezzuccio per autoconservare il vostro potere di risulta (penso all'arroccamento di Rifondazione comunista, penso ai cinque gruppetti soci fondatori di Sinistra e Libertà che vogliano continuare a detenere la “golden share” del nuovo soggetto politico, non sciogliendosi come sarebbe doveroso e pretendendo di scegliere loro i cosiddetti “esterni” secondo il criterio dell'affidabilità nel non ostacolare le loro scelte di piazzamento elettorale alle Regionali, o stando nelle liste del PD o facendo alleanze con UDC e post-fascisti?).

Insomma: dopo questa tragica vicenda, vogliamo pensarci?

Savona, 3 Ottobre 2009                                                                    Franco Astengo