versione stampabile
di Fulvio Sguerso
Chi è l’intellettuale? Come riconoscerlo tra la
folla anonima degli
uomini comuni, degli uomini medi (e
talora frustrati) che, nel loro insieme, formano
la cosiddetta “massa”; cioè quell’oggetto, o
soggetto collettivo, tanto studiato dai
sociologi, dagli psicologi e dai pubblicitari?
Quali tratti lo definiscono e lo distinguono da
chi, appunto, intellettuale non è? Per Max Weber
intellettuale autentico è chi si pone al
servizio solo della verità e della conoscenza,
quindi di nessun gruppo di potere economico o
politico, di nessun partito e nessuna chiesa. E se alcuni compromessi con
le strutture del potere economico e politico
sono inevitabili anche per l’intellettuale puro,
figuriamoci per quelli in servizio permanente ed
effettivo di questo o quel potentato, di questo
o quel partito, di questa o quella
holding. Eh sì, perché non tutti gli intellettuali sono uguali, e ce
ne sono di più o meno servizievoli, di più o
meno “organici”, di più o meno eticamente
sensibili. Prendiamo il caso della guerra
mediatica in corso tra l’esecutivo e alcuni
organi di stampa di opposizione che, come è
noto, accusano il premier Berlusconi di aver
mistificato e vezzeggiato l’opinione pubblica
riguardo a certi suoi comportamenti privati non
proprio degni di un salvatore della patria; che
cosa dovrebbero fare quegli organi di stampa?
Parlare d’altro, magari
magnificando le opere del regime? Chiedere scusa
per aver posto domande a cui il premier non può
rispondere se non vuol perdere, come suol dirsi,
la faccia? Adeguarsi e prendere per buone le
spiegazioni di comodo e contraddittorie del
premier circa le sue ormai famose
“frequentazioni di minorenni” e le sue allegre
cenette a sfondo erotico- prezzolato? Insomma,
la stampa critica di opposizione dovrebbe
smetterla di essere critica e di opposizione?
Eh, ma la critica e l’opposizione, scrivono gli
intellettuali al servizio dell’esecutivo, devono
esercitarsi sulle questioni politiche ed
economiche, non sui costumi privati dell’uomo
Berlusconi, che, in fin dei conti, è un uomo
come gli altri, e - come lui stesso ha detto in
un raro momento di sincerità (o di debolezza?) -
non è un santo. Già, ma gli intellettuali
organici di cui sopra trascurano il fatto non
trascurabile che la condotta privata sregolata
di un premier non può non avere effetti negativi
sulla sua immagine pubblica, quindi è proprio il
caso di dire che avevano ragione i sessantottini
a proclamare che il privato è politico, tanto
più il privato di un uomo politico. Formalismi?
Sofismi? Doppiopesismo? Certo non sono dei santi
i politici all’opposizione, ma i loro
peccati impallidiscono di fronte a quelli emersi
a carico del premier. Calunnie? Dicerie?
Insinuazioni? E allora perché il premier
non risponde in modo credibile alle famose dieci
domande di Repubblica? Una sua risposta è stata:
perché me le ha poste Repubblica, una testata a
me avversa! Ben trovata, vecchia volpe?
Andiamo! Questo si chiama prendere in giro i
cittadini. Altra questione: gli intellettuali “repubblicones”
apparterrebbero a una casta dedita a firmare
appelli contro la censura e a guardare dall’alto
in basso chi non si allinea al loro
antiberlusconismo “a prescindere”? Beh, se in questa casta si
annoverano storici come Le Goff, scrittori come
Sepulveda, Nadine Gordimer, David Grossman,
Umberto Eco, capisco che chi ne è fuori possa
soffrire di un giustificato complesso di
inferiorità! Ma non è questo il punto, il punto
è che, come scrive Barbara Spinelli sulla Stampa
(anche
Domenico Morelli, Gli Iconoclasti
Suo
compito, anzi, suo dovere è la descrizione
oggettiva, “scientifica”, e il più possibile
completa dei fenomeni che incontra nella sua
professione di studioso, senza mai dimenticare
che i risultati raggiunti, per brillanti che
siano, rimarranno sempre parziali e relativi
agli aspetti e ai punti di vista presi in
considerazione.
Ogni nuovo risultato, quale che sia, sarà
raggiunto per mezzo di metodiche e di tecniche
in continua evoluzione; nessuna tecnica,
nondimeno, potrà mai risolvere - ammette Weber -
la questione posta da Tolstoj: la scienza è
assurda perché non risponde alla sola domanda
importante per noi: che cosa dobbiamo fare? Come
dobbiamo vivere? Messa innanzi a simili domande
la scienza non può che rimanere muta, e non c’è
tecnica o elaboratore elettronico, per potente
che sia,
in grado di decidere per noi nelle circostanze
della nostra vita quotidiana, sulla bontà di
un’azione piuttosto che di un’altra. Di fronte
ai problemi etici, anche gli strumenti
dell’intellettuale più raffinato si rivelano
inutilizzabili; come ha ben spiegato
Wittgenstein. “Le nostre parole, usate come noi
le usiamo nella scienza, sono strumenti capaci
solo di contenere e di trasmettere significato e
senso, senso e significato
naturali.
L’etica, se è qualcosa, è soprannaturale, mentre
le nostre parole potranno esprimere solamente
fatti; così come una tazza contiene solo la
quantità d’acqua che la riempie fino all’orlo, e
io ne facessi versare un ettolitro”. In altri
termini, riguardo a ciò che è bene e a ciò che è
male, così lo scienziato come l’analfabeta si
trovano nella stessa condizione, anzi, potrebbe
anche darsi che, in certi casi, l’analfabeta
risulti persino eticamente superiore allo
scienziato. Alla luce di queste considerazioni,
si comprenderà meglio l’asserzione gramsciana
secondo cui “non si può pensare nessun uomo che
non sia anche filosofo, che non pensi, appunto
perché il pensare è proprio dell’uomo come tale
(a meno che non sia patologicamente idiota)”;
basta infatti parlare per
partecipare a una comune cultura già, per
così dire, incorporata nel linguaggio: si
tratterà magari di cultura orale e popolare,
fatta di tradizioni, credenze, riti, feste,
superstizioni, idee e narrazioni vive nel
“folclore”, ma sempre di cultura si tratta.
Max Weber
Tutti gli uomini dunque pensano, ma non tutti si
possono definire intellettuali; l’intellettuale,
per Gramsci, non accetta la visione del mondo
che ognuno trova fin dalla nascita nel proprio
ambiente familiare e sociale e che l’uomo medio
assorbe passivamente e acriticamente, ma anzi
elabora un pensiero coerente e critico nei
confronti del senso comune, che è poi
l’ideologia funzionale al mantenimento delle
strutture di potere delle classi dominanti.
Siamo qui lontani dall’intellettuale puro
vagheggiato da Max Weber. D’altra parte, anche
il più puro degli intellettuali ha bisogno di
mantenersi, cioè di mangiare, di bere, di
riposare in un letto possibilmente comodo, di
calzarsi e vestirsi in modo, se non elegante,
almeno dignitoso, di viaggiare, di andare a
teatro o al concerto, di fare qualche regalo di
quando in quando, di far pubblicare i suoi
libri, ecc. (Purché, naturalmente,
non si ritiri a vivere sul monte Athos!).