versione stampabile IMPRONTA ECOLOGICA
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M. G. Pellifroni |
L’AD Fiat Marchionne ha definita tragica l’eventuale mancata ripresa degli incentivi statali per la rottamazione delle auto. A questo meccanismo ci siamo così familiarizzati negli anni che la cosa ci sembra normale. Mentre si tratta di un evidente aiuto di Stato, elargito ad un ristretto numero di aziende e negato a tutte le altre. In sostanza, tutti i cittadini sono chiamati a concorrere al rinnovo del parco auto (o altri ex-beni “durevoli”), drogandone in tal modo la produzione, al di là delle fisiologiche richieste del mercato, che pur continua a voler definirsi “libero”. |
In
America, l’incentivo, sino a $ 4.800, per
cambiare auto è stato un esperimento nuovo,
bollato come
cash for clunkers
(soldi cash per
i macinini) e avversato fortemente dai
repubblicani e dalle destre in genere. I fautori
di questi incentivi, che hanno fatto seguito a
massicci sussidi pubblici a General Motors e
Chrysler – per non dire delle grandi banche, li
giustificano in base al minor consumo di
carburante ed al minor inquinamento delle auto
nuove rispetto a quelle usate che vanno a
sostituire.
Detto questo, è utile fare
qualche riflessione sulla maggiore o minore
compatibilità ambientale di tutto un ventaglio
di scelte operative, sia a livello di governi
che di piccoli gesti quotidiani da parte dei
singoli. Cerchiamo insomma, a grandi linee, di
valutare il nostro personale impatto
sull’ambiente (ecological
footprint: impronta
ecologica). Partiamo dalle auto. Ci
vorrebbero degli studi molto dettagliati su
quello che è il costo ambientale relativo alla
fabbricazione di una vettura nuova, partendo
dalle miniere del minerale di ferro, nonché
della plastica, nel suo percorso dal pozzo
petrolifero, dei trasporti connessi alle varie
operazioni, delle lavorazioni in officina e così
via. Non so se siano disponibili studi siffatti;
ma non mi stupirei di apprendere che non è così
scontata la superiorità ambientale della
sostituzione nuovo per vecchio, a meno che
l’auto da rottamare sia veramente in condizioni
tali da non superare i periodici collaudi.
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Tram di ultima generazione Tram anni '30, tuttora in servizio! |
La loro gratuità ne
incentiverebbe un maggior uso, compensando certi
disagi intrinseci al trasporto collettivo (in
primis, il mancato trasferimento dal luogo
esatto di partenza al luogo esatto di arrivo).
Si eliminerebbe peraltro tutta l’organizzazione
di controlli degli “evasori”, mentre l’aria,
specie urbana, ne trarrebbe enormi vantaggi, e
con essa la nostra salute. Inoltre, il minor uso
dei mezzi privati ne limiterebbe l’usura, anche
per lo snellimento del traffico, prolungandone
quindi la vita. Ne beneficerebbe anche il debito
estero, col drastico taglio alle importazioni
petrolifere. Treni e tram, muovendosi a
propulsione elettrica su rotaia, hanno
rendimenti di circa 6 volte superiori ai mezzi
su gomma, a causa del minore attrito (e in più
utilizzano ridotte sedi di marcia): basta vedere
quanti TIR sarebbero necessari per trasportare
il carico di un treno merci con 30 o più vagoni
su un’autostrada larga più del doppio! Inoltre,
l’usura dei mezzi elettrici su ferro è assai
minore di quelli su gomma a combustione interna. A questo punto, si inserisce un altro dilemma, agitato dai governi e dai sindacati: macchine a vita più lunga, l’abbiamo appena visto, abbassano l’esigenza di sostituirle, quindi il famigerato PIL, e quindi la forza lavoro. |
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carretta del mare |
La soluzione ideale è solo
una, echeggiante sin dal ’68: lavorare meno,
lavorare tutti.
Con una aggiunta, nuova ed
antica insieme: quella del “superamento della
lotta di classe, dell’accordo tra capitale e
lavoro, mediante la partecipazione degli operai
alla gestione e agli utili delle imprese”*.
Idea antica, perchè risale agli anni del
futurismo (della cui nascita s’è celebrato
quest’anno il centenario) e della Carta del
Carnaro, partorita da Gabriele D’Annunzio e
Alceste De Ambris, sindacalista rivoluzionario e
braccio destro del “Vate” durante l’epica
occupazione di Fiume nel 1919-20. Una Carta
estremamente moderna e anticipatrice per molti
versi della nostra attuale Costituzione.
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Un altro esempio che richiede
attenti e non preconcetti calcoli di impronta
ecologica riguarda le tariffe di beni di prima
necessità, come acqua e luce. Al contrario dei
trasporti pubblici, che andrebbero incoraggiati
mediante il taglio a zero delle tariffe, quelle
di acqua ed elettricità andrebbero calibrate per
scoraggiarne gli abusi: superata la soglia
minima di stretta necessità personale e
aziendale, il loro consumo andrebbe
progressivamente penalizzato mediante tariffe in
crescita coi consumi stessi. Tra breve saranno
obbligatorie le lampadine a basso consumo; col
difetto però di soffrire per le frequenti
accensioni, il che spinge a tenerle accese più a
lungo, per non abbreviarne la vita… Riscaldamento domestico:
follia pura è quella americana di farlo con lo
stesso principio dell’aria condizionata,
utilizzando cioè energia elettrica, ossia una
sorgente che spreca in calore di scarto i 2/3
dell’energia del combustibile. Eppure, i calcoli
che colà si fanno per stimare quanta superficie
desertica andrebbe ricoperta di pannelli
fotovoltaici per soddisfare la domanda, si
basano sui consumi elettrici anche per il
riscaldamento domestico, alzando così il
fabbisogno alle stelle. Il principio cui
attenersi è quello di uso congruo delle varie
forme energetiche, secondo una scala di
“nobiltà”, sulla cui cima svetta la preziosa
energia elettrica, ottima per usi meccanici
(treni, tram, metrò), elettronici (computer e
periferiche varie), di illuminazione, ecc., ma
NON per la vile funzione di riscaldare un
ambiente di pochi gradi partendo da reazioni, in
centrale, di migliaia di gradi (o peggio ancora,
milioni, nelle centrali nucleari).
Se poi scendiamo ai beni
di largo consumo, un occhio di riguardo meritano
le loro confezioni, da premiare in proporzione
alla loro riciclabilità o riutilizzo, anche con
opportune variazioni dell’Iva. I primi
imballaggi da bandire, tramite tasse più alte,
sono quelli composti da accoppiati, specie di
carta e plastica: non è ammissibile che, ancora
nel 2009, il “cartone” del latte sia un
accoppiato di cartone e film plastico o di
alluminio, impedendo il successivo
ricupero di entrambi. Altro dilemma, ma di facile
soluzione: se potete scegliere tra un
apparecchio a pile o a filo, optate decisamente
per il secondo, evitando le inquinanti batterie.
E ogniqualvolta potete fare uno spostamento in
bicicletta, non esitate: datele la precedenza.
Ve ne saranno grati il vostro corpo e il vostro
spirito, per il senso di libertà che ne trarrete
(nonché la salute di quanti vi circondano).
Gli esempi si potrebbero
moltiplicare; ma qui mi limito a un
suggerimento: qualunque azione stiate per
compiere durante la giornata, chiedetevi sempre,
come faccio ormai da decenni, senza neppure
dover più porci mente, se esiste una maniera
alternativa, e più
ecology-minded,
di ottenere lo stesso scopo. A volte non è
facile, lì su due piedi, decidere cosa sia
meglio. Tuttavia, se cominciate a porvi la
domanda, prima di accingervi a fare qualcosa,
qualsiasi cosa, è già un buon segnale che state
avviandovi sulla strada giusta. E se avete dei
figli, il miglior insegnamento è l’esempio; e se
cominceranno a porsi le vostre stesse domande
già da ragazzi, c’è buona speranza che diventino
adulti con l’innato senso di rispetto e
gratitudine per l’ambiente e per chi concorre a
renderlo migliore.** Certo non è l’atteggiamento
mentale di quei terroristi che danno fuoco ai
boschi; o dei camorristi che affondano navi
cariche di veleni. Per tutti costoro i media
dovrebbero enfatizzare non solo i crimini, ma
anche i processi e le giuste condanne, a titolo
di avvertimento per quanti volessero riprovarci.
Insomma, è fortemente diseducativo riportare i
delitti, e non, con altrettanta enfasi, pure le
pene.
* Vedi
l’ottimo libro di Claudia Salaris “Alla festa
della rivoluzione” sull’avventura di Fiume, Ed.
Il Mulino, 2002.
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Consiglio la lettura del conciso saggio di Serge
Latouche “Breve trattato sulla decrescita
serena”, Bollati Boringhieri, 2007. Marco Giacinto
Pellifroni
20 settembre 2009 |