I racconti di Cristina Ricci*
Eva ed Adamo
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Fantastico questo lavoro da bagnino che mi
costringe a passare fuori anche la notte.
Ragazze a volontà; una pacchia!! Mi sento come
un bambino in un negozio di caramelle, non ho
che da scartare ed assaggiare. Turiste,
spariscono dalla mia vita dopo una settimana,
due al massimo. Incredibile, godere tutto senza
neanche la preoccupazione di scaricarle nel modo
giusto; tanto la vacanza finirà; basta la
promessa di qualche telefonata che non farò mai.
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Oggi
è una giornata dove solo i pigri o i vacanzieri
possono permettersi di stare senza far nulla,
nel pieno dell’estate non posso permettermi un
giorno di ferie nè darmi malato per avere una
giornata di libertà. Del resto ho già
organizzato tutto. Grande grigliata e birra a
volontà. Ho già sparso la voce, è un
bel po’ che ci penso. Gli invitati non li conto
neanche. E’ la mia festa. Nulla è troppo. Un
sacco di amici e tutti che portano qualcuno che
non conosco ancora. Finalmente è quasi sera, mi
mancano pochi metri di spiaggia da rastrellare e
poi sono libero. Questa è la mia notte.
“Hey, mozzarellina,
cosa fai stasera?”. La biondina è un nuovo
arrivo. Indossa un costume intero che le dona
molto più di un succinto bikini. Ha due
occhietti birichini e, con quei codini, sembra
proprio una bambolina. Si l’americana Barbie: la
bambola che toglie il fiato. “Hai una proposta
interessante?”. Spregiudicata la tizia, mi
faccio forte, la mia autostima è già salita di
qualche punto e senza rendermene conto i miei
pettorali si sono già gonfiati. “Ti basto io o preferisci una
grigliata? Puoi avere tutti e due: è la mia
festa”. E, per non lasciarmela scappare, ormai
ho imparato la tecnica che funziona sempre, “Ti
passo a prendere alle nove davanti al bar Gigi.
Ok?”. La risposta ormai è
superflua, l’aspetto solo per educazione. I miei
pensieri sono già oltre.
§§§ Mi sento proprio figo.
Indosso quel paio di jeans che tanto fanno
incazzare mia madre. Neanche sia una fatica
metterli in lavatrice. Che lagna. Ogni volta una
litigata perché lei dice che non sono dignitosi;
che sembro uno zingaro, un figlio di nessuno
che… e poi chi l’ascolta più? Sempre lo stesso
disco, possibile che non si sia ancora annoiata
del solito sound? Sopra i Levis una semplice
maglietta, un po’ di gel e sono pronto. Appena in tempo. Che serata mi aspetta!! Sono
già tutti li a fare casino. Un coro
scanzonatorio intona Tanti auguri a te, e nel
mentre arriva lei. In due ore la bambolina si è
trasformata in una vera pupa. Pantaloni
attillati al punto giusto, una camicetta che
permette una discreta vista e.. prima che possa
notare altro no stuolo di fischi. Mi avvicino a Barbie, cazzo
il paragone mi è rimasto più impresso del suo
vero nome, e, come un buon cavaliere, la invito
a salire sul mio vespino. Il viaggio è breve, ma dal
calore del suo corpo già so che sarà un
indimenticabile compleanno. Sono arrivata da pochi
giorni, inutile dire che ti ho messo gli occhi
addosso da subito. Come non notarti? Più che
Adamo sembri Adone, la tua risata squilla, la
tua voce sembra competere con quella del mare e,
il tuo nome è un’eterna eco. Sembra che nulla
possa esistere senza di te. Ti bei nel ruolo da
prima donna, sempre circondato da amici e
bellone? Mi piace pensare che sia un modo per
sfuggire ad una solitudine che ti terrorizza e
ti attanaglia. Mi piace immaginarti con limiti
simili ai miei; umano e non super uomo. Sono qui sdraiata sul
lettino. Il sole mi scalda le spalle mente ti
sento passare. Il mio sguardo è nascosto
dietro l’ennesimo libro che mi isola dal mondo,
ma non posso sbagliare. I suoni non mentono. Dapprima il silenzio nella
tua precedente postazione. Poi, a poco a poco,
mentre ti sposti inizia il tuo richiamo, un
“Ciao” qui, un “Come stai” là, ecco il brusio
che sale, tra poco qualche risata, prima di
altre la tua. Hai un bel modo di ridere,
esulti con trasporto, tutto in te gioisce, il
tuo corpo si contrae e la tua mimica cambia, gli
occhi si stringono quasi a chiudersi. Sei
diverso dagli altri. Non sogghigni e non
ridacchi, esprimi solo la gioia di esserci. Stò in disparte, con un
ardente desiderio di urlare “Ci sono anch’io!”
ma, a parte il mio nome, non ho nulla della
prima donna. Resto qui immobile. Mentre fingo di
leggere e tu neanche ti accorgi che anch’io ho
le carte in regole. Come tutti gli altri anch’io
vorrei orbitarti attorno, ma ho già volteggiato
troppe volte intorno ad altri soli. Sono già
stata un asteroide che ha deviato rotta. Non mi
interessa più essere una meteora. Non accetto
più di fare una fugace comparsa. §§§ Ieri, ieri… Mi manca il fiato a pensarci.
Mi hai sorpresa, “Hey, mozzarellina”. Quasi non
credevo che stessi dicendo a me. Ti ho risposto
solo perché sono sempre l’ultima ad andare via e
sapevo che non potevi parlare ad altri. Ti ho risposto con arroganza. Regola n° 1 - Mai fare
sentire quanto forte ti batte il cuore;
l’insolenza è una buona corazza. Ti ho colpito, ho visto la
tua reazione, l’accettazione del combattimento.
Ho dovuto controllare il mio respiro, tenere
sotto controllo la gioia che provavo in quel
momento e ringraziare la leggera scottatura che
nasconde il rossore. Così al tuo invito “Ti basto
io o preferisci una maxi grigliata?” non ho
potuto far altro che sorridere. Ti ho detto “Si”, ma tu ormai
eri già oltre, richiamato da chissà quale
chimera. Sono corsa a casa, ho urlato
“Stasera faccio un po’ tardi”, una doccia
veloce. Ho indossato quello che mai avrei
pensato, sciolto i capelli e via. Alle otto e mezza sono già in
strada, mi impongo di camminare, di non correre,
di rallentare il passo. Con l’avvicinarmi sento
già le voci. Tu sei già lì, bello come non
mai. Sotto la maglietta i tuoi muscoli guizzano,
col bianco l’abbronzatura appare ancora di più,
ed i tuoi occhi maliziosi sono ancora più verdi. Verdi come il mare burrascoso
in cui sono già naufragata. §§§ Il tempo è passato, forse non
pensavi che restassi così a lungo. Avere parenti
al mare può essere una gran fortuna. Ora però è un supplizio. Ogni
volta che torno il tuo ricordo mi tormenta. Il
dolore riemerge; mi assale. Un angolo, la nostra
panchina riaccendono flashback che fanno
rimpiangere quel che poteva essere e non è
stato. Quell’estate però ero
appagata. Quando mi facevano piacere le tue
parole, quando i tuoi occhi si fondevano coi
miei. Quanto bramavo le tue carezze; i tuoi
baci. Ricordo una sera in cui stavo male, una
frase mi attraversò la mente “Potrei morire
adesso e sarei felice”. Soddisfatta di aver
conosciuto te, di averti amato, di averti
accolto nel mio grembo. Pronta a finire la mia vita,
piuttosto che veder finire il nostro amore. Ma da parte tua c’era solo
una bella e credibile recitazione. Sono continuati i tramonti,
hanno girato le stagioni e sono passati anni ma
io non sono più quella che ero. Quanto mi manchi Eva.
L’estate è finita da un pezzo. Non ce la faccio:
mesi e mesi senza te. Odio aspettare. Il tempo è
sempre contro di noi. Come un orologio impazzito
corre troppo lento quando siamo lontani e troppo
veloce se siamo insieme. Piccola mi manchi. Non
basta il ricordo di te, non le foto, non le
telefonate. Mi sento solo, troppo solo. Tu non
sai come sia innaturale per me. Così, all’improvviso, ma non
inaspettate, è arrivata lei. §§§ Mi sento in gabbia. Ruggisco
come un leone. Misuro la camera a grandi
falcate. Il muro mi viene incontro sempre troppo
presto. Dietrofront. Ricomincio da capo. La mia
vita scorreva liscia e all’improvviso si è
incasinata. Ha ragione mia madre. Sono
anni che mi ripete che mi metterò nei guai. Odo
il tono sprezzante con cui mi rimprovera ogni
volta. Mi immagino la confessione. Lei si siede,
colpita a morte, solo un attimo. Poi prenderà
fiato comincerà “Te lo avevo detto io! Sono anni
che te lo ripeto” poi il ritornello. “Cosa ho
fatto di male per meritarmi un figlio così”, “Mi
farai morire”, poi la panoramica sul mondo “Che
vergogna. Cosa penserà la gente?”. Adesso dovrò mettere la testa
a posto. Basta divertimenti, amici, uscite. E, in questo caso la cosa da
fare è una sola. Ho 20 anni, troppo pochi per
accettare la paternità. Corro al cesso e vomito. Il
solo pensiero è per me inaccettabile. Non posso rinunciare a tutto
così. Non adesso, non ora. Mi occorre tempo per crescere
ancora un poco e fare andare la barca nella
direzione in cui voglio io. Oggi devo
concentrarmi, uscire dalla tempesta. Il cielo tornerà sereno solo
abortendo. Sì; l’unico modo. Riuscirò a
convincerla. L’ho già mangiata in un boccone una
volta. Tratto con le donne da sempre e, ormai,
conosco la tecnica. Ed Eva? Eva è sacrificabile.
Capirà. Tutto d’un tratto la stanza
pare un campo da calcio, sfinito mi butto sul
letto. Fissando il soffitto elaboro il piano
d’azione. Ed Eva? Tengo a lei. A volte
ho pensato che potesse darmi la forza per
cambiare; per essere diverso.
Mi
spiace piccola, non volevo finisse così.
A questo “scarno” curriculum si può aggiungere la collaborazione con il blog dell’Udi Savonese per il quale Cristina Ricci ha scritto alcuni pezzi
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