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VADO: UNA CENTRALE SEMPLICEMENTE…. ANTICOSTITUZIONALE!

di Antonia Briuglia

 

Proteste, battaglie, ricorsi, denuncie: la lunga storia dell’ampliamento della centrale a carbone di Vado non conosce soste.

Il progetto di Tirreno Power, corredato da valutazione d’impatto ambientale positiva, con i suoi pareri favorevoli della Commissione VIA nazionale e con la recente firma del Ministro Prestigiacomo, potrebbe essere ancora lontano dalla sua conclusione.

Intanto la schiera di teste cadute sotto il peso delle contraddizioni, dell’incoerenza delle proprie convinzioni, degli anacronistici proclami sullo sviluppo economico, potrebbe allungarsi con altri politici, funzionari e sindacalisti.

Contrastare un Governo come quello attuale può sembrare arduo: un Governo che, in controtendenza con le più importanti direttive di Kyoto e ai limiti del 2020 dell’UE, di prossima approvazione a Copenaghen, decide di dare corso alla realizzazione d’impianti a carbone che raddoppiano le emissioni di CO2, aumentando, di fatto, la nostra dipendenza dai fornitori di un combustibile fossile prossimo all’esaurimento, lasciando inalterati i costi energetici delle nostre bollette e promuovendo soprattutto scelte ulteriormente dannose per la salute dei cittadini e per l’ambiente già fortemente compromesso.

Contrastare però un Governo, le cui scelte vanno a mettere a rischio la vita di un intero territorio e la salute nostra e dei nostri figli :SI DEVE!

 

La delusione può essere grande.

 

Non è bastato il parere negativo della Regione, forse poco incisivo, non sono bastate  le numerose iniziative di protesta promosse contro il progetto. Nel 2008 la Commissione VIA nazionale ha dato parere favorevole alla costruzione del nuovo gruppo a carbone.

Per il Ministero il territorio di Vado e la sua centrale, costruita nel 1968 da Enel, sono talmente compromessi dall’inquinamento che la costruzione del nuovo gruppo potrebbe solo migliorare la situazione.



La centrale, oggi alimentata a metano e carbone per una potenza istallata di 1.200 MW, monitorata nel 2007, fece registrare un’emissione in atmosfera di 3,8 milioni di tonnellate di CO2, piazzandosi al quarto posto nella classifica delle centrali a carbone più inquinanti d’Italia.

 Il nuovo gruppo da 460 MW, che Tirreno Power vorrebbe realizzare, aggiungerebbe altri 2,7 milioni di tonnellate di CO2 ogni

anno, oltre che aumentare le emissioni nocive di polveri sottili e metalli pesanti.

 

Il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare:

 - vede, tra le altre cose, il Decreto legislativo 152/2006 sulla “tutela  dell’aria e riduzione delle emissioni in atmosfera”;

 

-vede l’istanza di compatibilità ambientale presentata dalla stessa  Tirreno Power, la società costruttrice, (quindi dall’inquinatore  stesso);

 

- prende atto che la centrale è situata vicino al mare, a soli 600  Metri e adiacente a due grossi centri cittadini, quelli di Vado e Quiliano;

- rileva che il nuovo gruppo non richiede altre  costose infrastrutture perché può usufruire di quelle (obsolete) esistenti;

 

- prende atto che la pubblicazione dell’annuncio era già conosciuta   dal 06/04/2007 e quindi consultabile da due anni;

 

- vede, dando credito a T.P., che” la centrale è stata sottoposta a  continui miglioramenti con performance ampiamente superiori ai limiti di legge, ma che non permettono ulteriori miglioramenti tecnologici”;

 

- vede che la T.P. il 12/06/2007 aveva, con lungimiranza, già  chiesto al Ministero dello Sviluppo economico, di non abbattere il   camino della sezioni 1 e 2, proprio in attesa dell’ampliamento;

 

- acquisisce il provvidenziale parere favorevole, con prescrizioni   n.235 del 29/01/2009, della Commissione tecnica di verifica  Impatto ambientale VIA/VAS;

 

- acquisisce il parere negativo della Regione Liguria, che riesce ad   aggirare ampiamente dalle controindicazioni del parere 235 sopra  citato;

 

- prende anche atto delle osservazioni e dei circostanziati pareri  contrari di ben 17 tra Amministrazioni pubbliche, Comuni, ed Enti  Pubblici;e decreta il giudizio favorevole all’ampliamento di una delle quattro centrali a carbone più inquinanti d’Italia, ma lo fa con ben 23 prescrizioni, tutte in tema di emissioni, di abbattimento polveri e di verifiche che deve effettuare (curioso!?) il proponente spesso, così come il proponente deve produrre uno studio epidemiologico dell’ambito territoriale, al fine di evidenziare la presenza o meno di patologie collegate agli inquinanti emessi dalla centrale.

 

Il Ministero per i beni culturali e il paesaggio:

 

- prescrive, (con un atto di tragico umorismo involontario!)  che il progetto sia di riqualificazione paesaggistica con linguaggio architettonico adeguato al contesto;

 

-raccomanda la T.P. di presentare una relazione paesaggistica, essendo l’area dichiarata di notevole interesse pubblico ai sensi del DM 08/04/57, magari riferendosi ai quattro siti di interesse naturalistico nell’area limitrofa alla centrale;

 

- ordina che lo scavo per la nuova unità sia concordato con la Sovrintendenza ai Beni Archeologici.

 

Così, entro due anni dall’avvio del nuovo gruppo, T.P. dovrà presentare un progetto che dimostri la possibilità che la concentrazione di CO dei fumi in uscita non superi 100 mg/Nm3;

entro tre anni dall’avvio, un progetto che non faccia superare le polveri nei fumi di 7 mg/Nm3;

un’anno prima dell’avvio la T.P. deve fare un programma di biomonitoraggio sulla qualità dell’aria e trasmesso all’ARPAL.

 

Ci sarà tutto il tempo che la grave situazione sanitaria e ambientale si aggravi ulteriormente, in un territorio più vasto di quello dei due Comuni interessati, con inefficaci, quanto poco incisivi, ricorsi degli Enti locali intrisi di formalismi e non di veri allarmi ambientali.

 

Chi chiede il depotenziamento della centrale conosce i gravi motivi sanitari, ambientali ed economici che condizionano da anni la vita del territorio.

Chi chiede il depotenziamento sa che le indagini epidemiologiche IST-ARPAL non sono state frutto di un’analisi seria e approfondita che avrebbe visto il concorso di altri elementi di analisi.

Chi chiede il depotenziamento sa che non c’è tempo da perdere, che “la salute è un diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività e che è obbligo dello Stato tutelarla”…(.art.32 della Costituzione Italiana).

 

                                                             ANTONIA BRIUGLIA