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DAL NICHILISMO AL NAZISMO ATTRAVERSO L’ATEISMO E Il
RELATIVISMO CONTEMPORANEO?
di Fulvio Sguerso
 Vito Mancuso
 Adriano Sofri |
La settimana di Ferragosto non è trascorsa
invano - almeno per i lettori di “Repubblica”-
riguardo al discorso sulle questioni
fondamentali dell’etica (questioni che, in
teoria, ci
riguardano da vicino, anzi, più che da
vicino, dall’interno del nostro essere, dal
momento che toccano la natura stessa o la nostra
propria essenza in quanto appartenenti alla
specie
Homo sapiens sapiens). I discorsi
sull’etica, nondimeno, possono essere puramente
descrittivi e accademici - quando, per esempio,
trattano delle diverse dottrine o delle diverse
scuole che si sono succedute nella storia del
pensiero, senza sceglierne una in particolare,
dall’alto della quale giudicare tutte le altre –
; oppure prescrittivi o normativi – quando,
invece, intendono orientare, convincere e
dirigere, in modi più o meno suadenti o
“razionali”, i comportamenti e le scelte di
ciascuno di noi.
Ora,
nella settimana di Ferragosto i lettori di
“Repubblica” hanno avuto modo di valutare le
opposte tesi sui fondamenti dell’etica, e le
relative argomentazioni, di Adriano Sofri e del
teologo Vito Mancuso, esposte in due articoli
usciti a breve distanza uno dall’altro (e forse
altri ne seguiranno) sull’ammonizione
pronunciata all’Angelus di domenica 9
agosto da Benedetto XVI, a Castelgandolfo.
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Che cosa
ha detto il Papa? Ha detto che “I lager nazisti,
come ogni campo di sterminio, possono essere
considerati simboli estremi del male,
dell’inferno che si apre sulla terra quando
l’uomo dimentica Dio e a lui si sostituisce,
usurpandogli il diritto di decidere su che cosa
è bene e che cosa è male, di dare la vita e la
morte”; e ha proseguito esortando a riflettere
sull’antitesi radicale tra l’umanesimo cristiano
e l’umanesimo ateo, “un’antitesi che attraversa
tutta la storia,
ma che alla fine del secondo millennio,
con il nichilismo contemporaneo, è giunta ad un
punto cruciale…..”. Ed è stata proprio questa
equiparazione tra nazismo e nichilismo a far
“sobbalzare” Adriano Sofri, e a dettargli la sua
controammonizione: “Nel linguaggio ordinario
nichilismo e relativismo e individualismo sono
diventati sinonimi e disinvoltamente sciorinati,
da soli o in serie. Viene così accantonata la
distinzione, che pure si trovò nelle parole del
Papa come in quelle di chiunque tenga testa a
posto e piedi per terra, con una misura di
relatività che è indispensabile all’intelligenza
delle cose e una misura di individualismo che è
indispensabile alla libertà”. Sofri respinge
nettamente la tesi sostenuta dal Papa che indica
nell’umanesimo ateo la matrice del nichilismo e
quindi
del nazismo (e degli altri totalitarismi che
hanno insanguinato il secolo scorso), e cita
fior di umanisti atei, come Giovanni Jervis e
Sebastiano Timpanaro, tutt’altro che relativisti
e nichilisti. Inoltre, se l’alternativa fosse
unicamente quella tra arbitrio e obbedienza al
Vangelo della carità, cioè tra nichilismo e
santità (il Papa ricorda il sacrificio di suor
Teresa Benedetta della Croce, il nome cristiano
dell’ebrea convertita Edith Stein, e del polacco
padre Massimiliano Kolbe); se, in altri termini,
l’unica scelta veramente umanistica, anzi,
autenticamente umana fosse quella di convertirsi
e di obbedire al Vangelo, allora – argomenta
Sofri - non ci sarebbe altro umanesimo che
quello cristiano, e i non cristiani sarebbero
tutti o nazisti o stalinisti,
tertium
non datur.
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E questa conclusione “sarebbe troppo grossa”
persino agli occhi di Benedetto XVI. Ma la
questione è stata posta correttamente da Sofri?
Se lo chiede Vito Mancuso nel suo articolo del
14 agosto: “La questione si può affrontare dal
punto di vista storiografico oppure dal punto di
vista filosofico-esistenziale. Lasciando a
Benedetto XVI la responsabilità
dell’equiparazione storiografica tra nazismo e
nichilismo contemporaneo, io affronterò
l’equiparazione tra umanesimo ateo e nichilismo….”
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E, mentre dal punto di vista
storiografico la tesi del Papa sembra anche a
lui perlomeno azzardata, dal punto di vista
filosofico – una volta definito l’ateismo come
negazione di “un fondamento razionale ed eterno
dell’essere comunemente chiamato Dio”- non è poi
così “grossa” come appare a Sofri, in quanto,
una volta venuto meno quel
“punto fermo a cui il singolo debba
sottomettere il suo agire e prima ancora il suo
pensare” l’uomo è completamente abbandonato a se
stesso sotto un cielo vuoto e sopra una terra
ridotta ad atomo opaco del male.
E di che cosa è capace l’uomo
abbandonato a se stesso lo leggiamo sui giornali
(o lo vediamo in televisione) ogni giorno. E che
cosa leggiamo sui giornali? “Rispondo – scrive
Mancuso - a partire dallo stesso numero di
Repubblica in cui è apparso l’articolo di Sofri.
A parte le note vicende su chi usa il suo potere
e il suo denaro per comprare donne giovani e
belle, e a parte le molte donne giovani e belle
che si vendono più che volentieri a chi ha
potere e denaro (leggo persino di un sito
Internet per insegnare alle bambine come
diventare veline), il mondo che emerge da
Repubblica dell’11 agosto 2009 è fatto di morti
per incidenti stradali, di tragedie in montagna,
di bambini che se ne vanno nel pieno
dell’infanzia, , di chi perde la vita per futili
motivi, di violenze sessuali (stupro in branco a
san Felice Circeo: massacrata, lesioni agli
organi interni). E questo per limitarsi alla
cronaca italiana di una sola giornata….”
Certamente
– e Mancuso lo dichiara a scanso di
equivoci -
la cronaca quotidiana non è lo specchio
di tutta la società e tantomeno di tutto il
mondo, ma il quadro non depone a favore della
bontà innata degli esseri umani; non per niente
l’uomo, secondo l’antropologia agostiniana che
fa da sfondo al discorso del Papa,
nasce
segnato dal peccato originale,
quindi “è corrotto e instabile” e, senza
l’aiuto della grazia divina, non può agire bene,
anzi, con le sole sue forze non può che fare e
farsi del male. Dunque gli umanisti atei non
possono che agire per il male? Mancuso ammette
di conoscere non pochi atei “dal comportamento
cristallino”, ma questo loro comportamento non è
in linea con il loro materialismo teorico. Per
il materialista coerente, infatti, non c’è posto
per lo spirito; e se all’uomo togliamo lo
spirito, in che cosa mai può differenziarsi
dagli altri animali? E potrà mai uno scimmione
nudo amare il suo prossimo come se stesso, e
amare valori come la libertà, la giustizia, la
misericordia, la bellezza e la carità fino al
punto di sacrificare per essi la propria vita?
Per Sofri sì, per Mancuso no. Forse Sofri è un
credente inconsapevole di esserlo? Questa sembra
la conclusione di Mancuso. Ma è proprio
necessario mettere un’etichetta all’amore? Forse
che l’amore non basta a se stesso? E qui si apre
un’altra questione per la quale né Sofri, né
Mancuso, né, con rispetto parlando, il Papa
hanno in serbo argomenti risolutivi e
definitivi. Almeno così credo.
Fulvio Sguerso
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