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Quando la formalità diventa sostanza della Democrazia costata lacrime e sangue

Loano, consiglio comunale “stravolto”

Schifani e Fini non prendano esempio

E’ finito nel cestino il carattere storico-antropologico di ruoli e valori

                di Bellamigo


Comune di Loano

THE STRANGE TOWN COUNCIL

 

Crediamo che sia interessante assistere al Consiglio Comunale di Loano soprattutto per ragioni di carattere storico-antropologico.

   Storicamente parlando, la “explaneada” del consesso si presenta in forma  contrastante con  la collocazione in atto in tutte le assemblee elettive del mondo occidentale.

L’opposizione infatti, per la sua colorazione politica, dovrebbe situarsi alla sinistra della Presidenza e invece è alla sua destra.

Il Presidente del Consiglio dovrebbe essere al centro , invece siede lateralmente alla sinistra .

  Il Sindaco e gli assessori dovrebbero sedere in altro banco, dinanzi e al di sotto di quello della Presidenza, invece occupano il centro .

 Il Segretario, con i suoi aiutanti e gli strumenti di registrazione, dovrebbe trovar posto ad un tavolo  proprio, comunque distaccato da quello dei consiglieri, invece è accanto al Presidente.

Ci direte: ma che differenza fanno questi formalismi ubicazionali ?

    Fanno, fanno, credete a noi: si tratta di un “linguaggio” di riconoscimento  democratico dove la forma è sostanza. La Democrazia non è nata come un fungo, è costata lacrime e sangue. I segni della sua presenza, anche formale, sono fondamentali, richiamano valori, evitano confusioni. Le armi  più pericolose contro di essa sono l’equiparazione delle posizioni, i luoghi comuni: “tanto sono tutti uguali”, “contano le persone”, “non facciamo politica ma fatti”, ecc. ecc. Durante il fascismo , in molti locali (specie nei bar e dai barbieri) c’era la targhetta con scritto:  “Qui si lavora, non si fa politica”. 

   Purtroppo nella vita associata anche queste sono posizioni “politiche”, chi dice di non farla, la sta facendo, eccome, la politica.

    Guareschi scriveva che gli appariva “Togliatti” anche mangiando un piatto di spaghetti, così era sempre in politica anche tra le quattro mura di casa.

    Vediamo alcuni effetti  derivanti dal “linguaggio” formale del nostro Consiglio.

Il Presidente ha una posizione defilata, più debole di quella che gli spetterebbe stando, come dovrebbe, al centro. Ve l’immaginate Fini che presiede la Camera dei Deputati da uno scranno della sinistra? Il Presidente è una componente politica importante del consesso e può richiamare anche il Sindaco e gli assessori (essi in assemblea sono ospiti), chiedere loro spiegazioni, impedire che facciano intervenire il Segretario, come è illegittimamente avvenuto il 29 giugno scorso, per illustrare ciò che i relatori non avevano compreso ad altri consiglieri che avevano il diritto di comprendere. In un caso del genere aveva il potere-dovere di sospendere la seduta perché l’oggetto in discussione fosse chiarito a tutti, in sede tecnica, ed anche di rinviare ad altra seduta la discussione sul confuso oggetto del dibattito. Non l’ha fatto,  secondo noi non ha neppure osato pensarlo: dalla effettiva Presidenza, quella del Sindaco, erano già sopraggiunti espliciti segnali.

     Antropologicamente parlando, il Presidente del Consiglio Comunale è apparso quindi soggetto subordinato. Se avesse occupato la posizione centrale, con il Sindaco e gli assessori in banco sottostante, avrebbe  avuto una autorevole posizione di prevalenza per la sua funzione autonoma  e non avrebbe subito segnalazioni di sorta.

     La collocazione a destra dei Consiglieri di centro-sinistra: in questo caso il distacco dal costume democratico è netto. E’ come buttare a mare una posizione che risale alla caduta dell’Ancien Régime, che esiste in tutte le assemblee nazionali (Stato, Regione Provincia) ed Europee. 

   Antropologicamente parlando, fa cadere il significato antagonistico della tradizione  di lotta e di progresso delle sinistre. Ciò non dovrebbe lasciare indifferenti  i consiglieri Pesce e Miceli, di radici decisamente socialiste.

   Il Segretario siede in continuità con i consiglieri. E’ segno di  confusione. Gli è data la parola (per carità, non ce l’abbiamo con lui l’intervento è stato molto corretto)  e ciò non si deve fare . Si sospende la seduta e si chiarisce, con il personale tecnico, al di fuori  dell’Assemblea. Ve l’immaginate se in Senato il Presidente Schifani chiamasse un funzionario del ministero dell’interno per spiegare i disegni di leggi-porcata  di Maroni e Calderoli?

    Come si vede da questi pochi esempi (altri se ne potrebbero fare) la  disposizione formale del nostro Consiglio  è fonte di plateali equivoci .

   Un amico lombardo, ignaro delle cose loanesi, passato per curiosità, mi ha detto:  “ Io sono sempre stato antifascista, ma quel consigliere della ‘Fiamma’ che è intervenuto su questioni scolastiche e stradali, mi è piaciuto”.  Parlava di Pesce.

  A proposito, perché in Consiglio, escluso Pesce, appunto, tutti parlano da seduti? Quando si prende la parola, in un’assemblea democraticamente eletta, ci si alza in  piedi,  per rispetto dei cittadini, di tutti gli altri componenti che rappresentano i cittadini  e di se stessi. Anche questa formalità è “linguaggio”, sostanza della Democrazia.

                              BELLAMIGO