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VERSO UNA NUOVA SINISTRA?

Si chiamano pomposamente virtù tutte quelle azioni che giovano alla sicurezza di chi comanda e alla paura di chi serve. Ugo Foscolo

 

  Marco Giacinto Pellifroni

 


Marco Giacinto Pellifroni

Il discorso di ringraziamento agli elettori del PCL (Partito Comunista dei Lavoratori) da parte del suo coordinatore nazionale Marco Ferrando la sera del 30 giugno scorso a Finale Ligure mi ha dato lo spunto per un intervento che vedrò qui di riportare nelle sue linee essenziali, con alcune premesse e aggiunte.

Innanzitutto, i cambiamenti cui la nostra epoca sta assistendo sono di tale portata che necessitano di altrettanto drastici cambiamenti di linguaggio. Parole come “comunismo” e “sinistra”, per colpa di coloro che ne sono stati gli alfieri nei decenni trascorsi, hanno perso gran parte del loro significato, della loro risonanza emotiva. Lo stesso può dirsi del termine stesso “partito”. Idem per l’abusata parola “democrazia”. E persino la qualifica di “lavoratore” rispecchia realtà totalmente differenti da quelle classiche e ormai desuete. 

Quindi, occorre rinnovare il linguaggio, le forme di aggregazione e gli obiettivi contro cui puntare gli strali della critica e delle proposte sostitutive.

Mentre Marco parlava il mio sguardo vagava tra gli astanti e mi chiedevo quanti di loro e dei loro figli rientrassero nella categoria dei “lavoratori” cui Marco mi sembrava rivolgersi. Il mondo del lavoro è cambiato così radicalmente che non è più ad esso che ci si deve rivolgere per ottenere dei vasti mutamenti sociali, bensì ai cittadini in quanto tali, poiché la qualifica di lavoratore non è più aggregante come un tempo. E ciò per varie ragioni, che cercherò di elencare.

Il sistema di potere ha vari strumenti per mantenere la cittadinanza nello stato di sudditanza: il rimbecillimento di massa, il logoramento psico-fisico, la paura.

1) Al rincoglionimento provvedono le varie fonti di informazione pilotate, TV in primis, che sviano le menti dai problemi di fondo, proiettando modelli di vita di elite e consolando la maggioranza che non riesce a pervenirvi con distrazioni ossessive (continue partite e campionati di calcio, auto-moto competizioni, festival canori, concorsi e lotterie con premi oscillanti tra gadgets e milioni di euro, ecc.) e forme di evasione dalla realtà capillarmente diffuse e tollerate di fatto (droghe, psico-farmaci, alcolici, sballi sonori in discoteche e concerti di massa, ecc.). Tutte queste distrazioni hanno lo scopo di aggregare gli individui nell’evasione.

2) Al logoramento psico-fisico provvede una vita sempre più frenetica e senza più spazi per incontrare se stessi, porsi delle domande, evadere da una routine che sfianca per l’intera giornata lavorativa, alla quale si cerca di sottrarsi, la sera davanti alla TV, e nei weekend fuggendo dalla realtà urbana, trasferendola così nei luoghi di destinazione, stravolti da queste ondate di profughi lungo autostrade intasate. Ma il logorio, al contrario, è determinato anche dalle troppe ore libere derivanti dalla disoccupazione, dall’impiego precario e part-time, dal ripiegamento sui propri problemi irrisolti, che occupano ogni spazio della mente.

3) Infine, il sistema blocca ogni spontanea reazione mediante la paura, deterrente principe di ogni stato totalitario, ossia di pressoché tutti gli stati odierni, nonostante quelli occidentali amino fregiarsi del titolo di democrazie. Paura di perdere il lavoro, paura di non far fronte agli impegni verso i grandi monopolisti: banche, per prestiti e mutui; fornitori di beni essenziali, come luce, gas, telefono; enti pubblici (o assimilati, come la RAI) e Stato, coi loro avvisi di pagamento incalzanti e minacciosi, penali e sanzioni, seguiti da fermi amministrativi, pignoramenti, e persino il carcere, come il recente “pacchetto sicurezza” conferma e anzi aggrava, moltiplicando e inasprendo le pene. Queste misure, contrariamente a quelle di cui al par. 1, hanno lo scopo di disaggregare gli individui, esponendoli singolarmente alle minacce da più fronti: ciascuno si trova  solo di fronte all’attacco congiunto di una miriade di sanzionatori.  

Non è più mirato al lavoratore in quanto tale questo attacco: c’è già stato e ha frammentato la classe lavoratrice in tante sottoclassi, tutte ormai prive di potere contrattuale: meno che meno la crescente massa dei lavoratori autonomi, partite IVA perlopiù forzate per sfuggire all’onta della disoccupazione e impossibilitate a far fronte comune contro i continui salassi e ingiunzioni.

L’attacco oggi è rivolto al cittadino tout court, per isolarlo e renderlo disposto a tutto pur di sopravvivere alla meno peggio, per piegarlo alla volontà delle istituzioni: “virtuoso” in quanto rassegnato, come lamenta il Foscolo.  

Ho citato all’uditorio, in apertura del mio intervento, un’acuta osservazione di Gloria Bardi, apparsa su Trucioli di qualche tempo fa: gli italiani –e non c’è da stupirsi, vista la loro condizione- sperano in una rivoluzione, alla quale assistere.

Infatti, non sembrano esserci combattenti volontari per questa rivoluzione. La storia insegna che le insurrezioni, o comunque i cambi di regime, sono sempre innescati da gruppi sparuti di “carbonari”, quasi sempre grazie ad aiuti o interventi esterni, questi ultimi mossi però da interessi ben diversi da quelli delle popolazioni che promettevano di “liberare”.

Quanto a me, lo scopo che mi prefiggo, in appoggio alle iniziative del PCL, è di contribuire a diffondere la consapevolezza del meccanismo primario, ribadito in tanti miei interventi, tramite il quale una ristretta enclave di individui prospera parassitando la quasi totalità della gente, anche praticando tecniche di sfiancamento fisico e mentale tese a sedare sul nascere ogni forma di dissenso che possa minare la loro beata esistenza tra privilegi e proventi, impuniti se illeciti, o resi leciti da leggi che essi stessi varano. Appellarsi alle forme di lotta tradizionali, come lo sciopero, cozza contro l’oggettiva sua impraticabilità da parte di quanti sono stati, prima spogliati dei loro diritti come lavoratori, e poi “atomizzati”.

La lotta che mi ripropongo è di sinistra? Probabilmente sì, ma l’etichetta conta ormai poco, dopo che la stessa sinistra ne ha profondamente snaturato il significato. È rivolta ai lavoratori? Più che a loro in quanto tali, vista l’evanescenza di questo status, si rivolge ai cittadini come persone, cui spettano diritti (ma anche doveri) fondamentali.

I risparmi che allo Stato conseguirebbero dalla pubblicizzazione di moneta e banche trasformerebbero l’Italia in un Paese economicamente simile alla Germania e al Giappone degli anni ’30. Eppure, c’erano le destre al governo! Il che dimostra che le etichette politiche servono solo a creare delle ideologie; ma la loro ricaduta sul benessere delle nazioni le travalica e sottolinea il punto di primaria importanza: la sovranità monetaria. Che oggi, in campo politico, viene timidamente proposta da formazioni orientate a destra, con l’unica eccezione del PCL. Riesce arduo comprendere l’ostinato silenzio della sedicente sinistra su questo tema essenziale; o forse non piace perché è considerato “di destra”? I partiti, o quello che oggi ne resta, dovrebbero ricordarsi di essere strumenti e non fini. Quindi, ciò che conta non è il colore della loro etichetta, quanto invece gli obiettivi che si pongono. Il partito che avrà l’ardire di porsi come traguardo cruciale e prioritario la fine dell’usurpazione della sovranità monetaria da parte dei banchieri sarà quello che più dimostrerà di avere a cuore il benessere della popolazione. Tutto il resto verrà dopo, e sarà enormemente facilitato dall’eventuale successo di questa, stavolta vera, liberazione.

Una cosa è comunque certa: i signori del denaro non se lo lasceranno strappare di mano pacificamente. Del resto, la violenza è la loro specialità; con la malizia di far credere che i violenti siano i loro nemici. L’invasione dell’Iraq, il bombardamento di Gaza, il G8 di Genova insegnano.

 

Marco Giacinto Pellifroni                                                       5 luglio 2009