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La crescita da “rana gonfiata”
dell’Idv
L’ex vocazione maggioritaria del
Pd
Sottovalutato il radicamento sul territorio del Pdl e
soprattutto l’anima di An
di Franco Astengo |
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Savona -
Il Governo in carica, non esce dalle elezioni europee 2009,
maggioranza nel Paese Italia, ma l'antico centro-sinistra
(comprensivo dei radicali, sempre difficilmente catalogabili e
di ciò che rimane del PRC, in questa fase indisponibile ad una
strategia di alleanze) è fermo al 43,5%.
Il risultato delle europee 2009, diciamolo
in tutta franchezza, è ancora più brutto di quello ipotizzabile
se si fosse realizzato il cosiddetto “sfondamento”: il divario
tra i due
principali partiti (quelli tra i quali dovrebbe giocarsi la
maggioranza assoluta, se passasse il famigerato, ora come non
mai, referendum del 21 Giugno prossimo) è aumentato a quasi tre
milioni di voti, ed anche il ricalco delle coalizioni così come
queste si erano presentate alle legislative generali del 2008
fornisce la stessa indicazioni di aumento del distacco (oltre
tre milioni e mezzo di suffragi, scorporando dal centro – destra
, come è giusto, l'MPA). |
Ciò che appare ancora
rendere più grave la situazione è che questo
stato di cose si è realizzato “in discesa”:
ovverosia nel momento in cui la spinta
ascensionale del PDL sembra essersi arrestata
in un turno elettorale caratterizzato da
una altissima astensione: sappiamo benissimo che
il paragone non è statisticamente corretto, in
quanto ci si dovrebbe riferire sviluppando i
raffronti elettorali ad elezioni omogenee tra di
loro, ma la situazione italiana è così
particolare che tutti i commentatori e gli
analisti hanno preso in considerazione il
rapporto tra elezioni europee e elezioni
politiche e così ci siamo adeguati anche noi.
Dunque mancano all'appello
tra il 2008 ed il 2009 circa
sei milioni di voti validi ( tra il
2004 ed il 2008 la perdita ammonta a circa
due milioni). Dove sono finiti
questi voti? Dove ha colpito
l'astensionismo?
Una analisi attenta dei
flussi e della localizzazione geografica del
voto ci fornisce una prima indicazione:
PD e PDL
hanno sofferto entrambi, in misura quasi
analoga, del fenomeno.
Il
PD ha sofferto maggiormente della
cessione di voti all'interno del perimetro del
centro – sinistra, di quanto il
PDL abbia patito la cessione di
consensi verso la
Lega Nord, questo è un dato
indubitabile, mentre l'astensione, invece, ha
colpito duramente entrambe le formazioni.
Aggiungendo un elemento di
novità: mentre, per quel che riguarda il PDL la
cessione di voti ha riguardato comunque il
proprio perimetro nella direzione di soggetti
etnoregionalisti (Lega
Nord ed MPA) e
l'astensione
si sia verificata, in particolare, in una zona
del paese come la
Sicilia di tradizione fortemente
consolidata per il centrodestra, per il
PD la cessione di voti non può essere
considerata limitata all'affermazione dell'Italia
dei Valori ed al limitato
recupero delle due formazioni di sinistra.
E' avvenuto, per quel che
riguarda il
PD un fenomeno molto particolare, nel
quadro di una flessione che , è stato fatto
giustamente notare, è risultata omogenea in
tutto il Paese, con una particolarità: quella di
avere le sue punte più alte (complessivamente
l'8,3%) nelle regioni tradizionalmente “rosse”
del Centro Italia, laddove non solo si
afferma il
PDL ma si affaccia in una dimensione
consistente la stessa
Lega Nord: in un paese come l'Italia
dove, usualmente, la volatilità elettorale è
riservata all'interno dei blocchi, l'analisi del
voto del Centro Italia fa pensare ad un
passaggio intra-blocco, dal
PD alla Lega (vedremo, comunque, nei
prossimi giorni i flussi in maniera più
sofisticata di quanto non sia stato possibile
fare in queste poche ore); un passaggio più
consistente di quanto avvenuto a suo tempo, e
confermato anche oggi, al riguardo del “voto
operaio” al Nord.
Il risultato delle
elezioni amministrative conferma questa tendenza
(ballottaggio a Bologna, Firenze, Ancona , nella
la provincia di Prato,con le sole eccezioni di
Livorno e Reggio Emilia), in un quadro
complessivo che fornisce una idea di radicamento
reale sul territorio del
PDL in una dimensione forse
sottovalutata ( effetto maggior impegno sul
territorio dei militanti di AN impegnati
direttamente nella competizione, rispetto alla
campagna elettorale ipermediatica delle Europee?
Chissà..., ma il fenomeno rimane da studiare
attentamente).
In ogni caso questa
tornata elettorale ha posto, in tutta evidenza,
un dato di fondo: se, nel
PD rimaneva ancora presente qualche
briciola della disastrosa idea della “vocazione
maggioritaria”, questa è stata
impietosamente e bruscamente spazzata via.
Beninteso: a questo punto
non si pone semplicisticamente, il tema del
recupero delle alleanze e di un “nuovo
centro sinistra”.
Si pongono due questioni,
a
nostro giudizio fondamentali: la prima è quella
dell'opposizione che dovrà, necessariamente,
dotarsi di un respiro di lungo periodo e di una
progettualità alternativa (è il tema che
riguarda tutte le grandi sinistre europee uscite
sconfitte da questo turno: un tema che dovrebbe
essere affrontato con una attenzione che non ci
è possibile sviluppare, per evidenti motivi di
economia del discorso, in questa occasione). La seconda è
riferita all'intero sistema politico, laddove
occorre partire dal dato che il 15%
dell'elettorato è privo di rappresentanza.
Si pone dunque, e di
nuovo, il tema del rapporto tra governabilità e
rappresentanza sul quale ci è capitato più volte
di diffonderci, anche esplorando le ragioni
relative alla necessità di modificare il sistema
elettorale; un sistema elettorale, quello
italiano, che operando in funzione della
sovrarappresentanza di una maggioranza relativa,
si muove nella direzione di costruire elementi
di autoritarismo che pure abbiamo già visto in
opera fin dai mesi scorsi nell'uso della
decretazione da parte del governo, nella
modifica dei regolamenti parlamentari fino
all'idea, squisitamente populistica, di
scavalcare le Camere attraverso una proposta
legislativa direttamente emanata dal corpo
elettorale. La sinistra, in
tutto questo discorso?
Non è nostra intenzione
entrare nelle polemiche del post “mancato
quorum” da parte delle due liste e,
neppure, di cominciare a prendere partito tra
chi pensa subito al “nuovo
centrosinistra” e chi invece riflette
sull'opposizione “a prescindere” a partire da
non ben precisati bisogni delle masse e da un
ulteriore passaggio di arroccamento simbolico,
sul piano politico.
Limitiamo il nostro raggio
di riflessione al tema del sistema politico,
così come abbiamo cercato di fare fin qui: è
evidente che, con la fine della “vocazione
maggioritaria” del PD, sia andato in
crisi non soltanto il bipartitismo ma anche il
bipolarismo ( torno all'annotazione del vecchio
centrosinistra fermo al 43% senza nessuna
“chance” apparente di crescita, anzi con il
sistema di alleanze di allora assolutamente
sfaldato e, nell'immediato, con un rapporto
PD-IDV tutta da verificare, vista la
crescita tipo “rana
gonfiata” dell'IDV e la caduta
complessiva del
PD: fenomeni che dovranno
ridisegnare, sicuramente, le relazioni fra
questi due soggetti). Se colleghiamo
questi fattori istituzionali ai grandi temi
programmatici sulle questioni della pace, delle
relazioni internazionali (in via di profonda
rapida modificazione), della crisi economica,
del welfare, della difesa della democrazia,
ricaviamo, ancora una volta, una indicazione
precisa: serve un nuovo soggetto di sinistra,
nuovo anche nella costruzione dei livelli
dirigenti, al di fuori dai retaggi (ancora
pesanti) delle polemiche passate, senza la
pretese di “unità impossibili”. Un soggetto di
sinistra da costruire partendo dal basso,
attivando una militanza conseguente, con
pazienza, avendo l'obiettivo prioritario di
ricollocarsi con un proprio ruolo autonomo
(anche dal punto di vista elettorale) nel
sistema politico italiano.
Savona, 9 Giugno 2009
Franco Astengo
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