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Le voci del silenzio

di Milena Debenedetti

 

Chi non vota, perde, dicevamo la volta scorsa. Rinuncia a un suo diritto, rinuncia a esprimersi, rinuncia a tentare almeno di contare qualcosa. Rimane zitto in disparte.

Perché? Be’,  è evidente, nell’interpretazione più generica, che è convinto che il suo voto non cambi niente, di equilibri già decisi, e/o con tutta la buona volontà non trova chi votare, simbolo o partito con candidati già belli pronti, nel caso politiche, o liste e candidati locali, nel caso amministrative

Se il primo caso, dopo le ultime leggi elettorali, è perfettamente giustificabile, il secondo è più grave, che si rinunci a influire sul locale, sul vicino o sull’immediato, nei luoghi dove dopotutto ci si conosce di persona o quasi. Gravissimo. Mostra più che mai sfiducia nell’idea stessa di politica, un deficit di democrazia inaccettabile.

 Si sente a volte parlare del fatto che un certo grado di astensione sia “fisiologico”. Fisiologico de che? Io non accetto l’idea stessa. La democrazia più autentica è quella dove tutti hanno voce in capitolo. Fisiologico è il dato di chi è impedito materialmente a votare. Oppure si sente anarchico. Tutto il resto no.

In questi ultimi anni, da quando il dato astensioni ha cominciato la sua vertiginosa ascesa, i soliti soloni opinionisti del sotutto ci hanno spiegato che è logico, anzi, era anomala prima l’altissima affluenza, testimonianza di una democrazia giovane. In fondo, ne venivamo dal ventennio e dalla guerra anche civile. Eravamo ansiosi di dire la nostra, era una novità.

Nelle democrazie mature è normale una percentuale minore di votanti.

Mature un par di schede! Vogliamo dire “fraciche”, alla romana? Con alternanza fra marcio e muffa?

Solito esempio degli USA, la democrazia per eccellenza.

Bene, allora citiamolo proprio questo esempio: se gli USA hanno voluto dare una sterzata alla loro vita politica, attraverso Obama, ciò è avvenuto con l’aumento della percentuale di votanti, coinvolgendo un buon numero di sfiduciati, passivi, pessimisti, gente ai margini della vita pubblica, convincendoli che valeva la pena di tentare.

(Lo sapremo fra un po’, se ne valeva la pena. Per ora osserviamo.)

 Lo stesso dovrebbe accadere, e accadrà,  speriamo, in Italia. Sono facile profeta se dico che non ci sarà cambiamento, non usciremo da questa palude stagnante di persone e idee, con risvolti cupi come la notte e altri grigi come la depressione, se non rialzando di nuovo quelle benedette percentuali.

Io non voto
 

Radiografia alla cieca

Ma analizziamo più in dettaglio il non voto. Vado a tentoni, naturalmente, procedo per ipotesi, non avendo dati o statistiche alla mano.

L’astensionismo un tempo danneggiava prevalentemente la destra. Dal dato afflusso si traevano già giustificati auspici. Elettore di sinistra più ideologico, più convinto, più serio e motivato, quello di destra pigro e scettico, con i conservatori che si ricompattavano in occasione delle politiche, a far muro contro i “rossi”.

Ora non è più così. Si sono ingrossate le fila dei delusi della sinistra, e del PD (che chiamarlo sinistra proprio no, non ci riesco). Gente stanca di votare solo “contro” o per paura di quello che avrebbe fatto l’altro. Gente sfiduciata nel constatare che anche dalla loro parte emergevano inciuci e corruzioni, tanto da far crollare il mito della sinistra migliore, oppure delusa dall’incapacità di governare mostrata dalle componenti più radicali, quando ne hanno avuto l’occasione: tempi e modi sbagliati, velleitarismi, impuntarsi non necessari, mancanza di praticità  e sorvolare sulle questioni più calde.

Così è avvenuto in Abruzzo e Sardegna, dove si è astenuto quasi la metà dell’elettorato. Mi si dice, dei sardi mi hanno detto, che ci fosse parecchia sfiducia in Soru. Nell’Abruzzo invece il caso Del Turco aveva scombussolato tutto.

In Trentino, zona di Trento,  alle precedenti amministrative aveva votato circa l’80 %. Il 70% alle politiche. Il 60% o poco più in questa ultima tornata.

Qui penalizzata è stata la destra. Non conosco le alchimie locali, un motivo ci sarà. O forse, semplicemente aveva governato meglio il centro sinistra. Rimane il dato astensione, in linea perfetta con gli altri due casi, considerando che al nord i votanti sono sempre stati di più  che al sud.

 Chi sono, questi non votanti? Proviamo a fotografarli, se non tutte le sottocategorie, almeno una parte di esse. Alcuni sono vittime del qualunquismo diffuso.

In pratica, il regime televisivo è stato così bravo nel diffondere scetticismo, frasi fatte, semplificazioni rozze, cinismi vari, da ottenere un risultato oltre le aspettative: non solo erodere potenziali elettorali di gruppi  che cercano di esprimere idee, sfiduciandoli, ma non far votare proprio più nessuno. Anche dai vecchietti Fededipendenti, dai razzisti con la bava alla bocca, dagli ultras di varia natura.

 Del resto questo importa poco, negli alti astensionismi il sistema peggiore, appunto, ci campa. Questo vale soprattutto per i giovani. So che mi attirerò impopolarità, verrò smentita con sdegno (ma magari! Lo vorrei io per prima), però la mia impressione è che i ragazzi nati negli ultimi 19-20 anni abbiano subito un lavaggio del cervello desolante, e che siano lontanissimi dalla politica. Lontani da tutto,  in genere.

 Poi esiste un vasto, vastissimo serbatoio di astensionismo, e questo è il più grave, nella generazione giovane e di mezza età, dai venti ai trentacinque-quaranta, ragazzi istruiti, diplomati e laureati, magari con famiglia, con lavori precari e sottopagati. Ecco, loro a buon diritto non si sentono rappresentati da nessuno, generazione lasciata nel guado, in questa desolante gerontocrazia. Più grave, perché dovrebbero essere a buon diritto la spina dorsale, la parte più viva e vitale del paese.

 Poi esisteranno, credo, persone oneste e istruite con ideali conservatori o di destra che non sono proprio entusiasti del chiasso attuale. Magari, anche loro, come quelli di centro sinistra, sono un po’ stufi di votare contro o di ubriacarsi di “abbiamo vinto” con cori da stadio, e riflettendo nel merito non sono affatto contenti di come vanno le cose.

 Poi ci sarà una buona percentuale di cattolici, diciamo, moderati, più attenti al Vangelo sociale e ai valori cristiani di fratellanza che alle sparate ultraconservatrici delle alte gerarchie. Forse inizieranno a essere perplessi dall’avere come rappresentanti in politica, simbolo e baluardo additati dalle gerarchie stesse,  certi “defensores  fidei” pluridivorziati, cocainomani, corrotti.

Insomma, semplificando, riassumendo e concludendo, io credo che ci sia una buona parte di persone che, purtroppo o per fortuna vedete un po’ voi, non si ritrova affatto rispecchiata in questa classe politica.

Da qui occorrerebbe partire, per ricostruire da zero, ma proprio da zero, la nostra vita civile. Altrimenti, l’ho già detto, il rischio è che prevalgano, e alla lunga esplodano, per la crisi economica e per il deficit di cultura e convivenza di cui soffriamo,  componenti umorali di varia natura, con derive alquanto pericolose e oscure, che stanno già iniziando.

 Milena Debenedetti 

Il mio nuovo romanzo di Milena  I Maghi degli Elementi