versione stampabile

L’opinione/  L’opposizione può solo contare su “la Repubblica” e “Anno Zero”

Chi si spartisce le briciole

del pranzo regale

Il paese “border line”: partito presidenziale, partito azienda, partito personale

                                     

              di Franco Astengo



Nadia Urbinati, della Columbia University, ha pubblicato venerdì 8 Maggio sulle colonne de “La Repubblica” un lungo articolo sullo stato di salute delle opposizioni (precario, a dire il vero: opposizioni disorientate, frammentate, incapaci di svolgere il proprio ruolo) in diverse grandi democrazia, a tutte le latitudini, con sistemi politici ed elettorali diversi: bipartitismo a maggioritario secco, pluripartisimo centrifugo a doppio turno, bipolarismo a sistema misto, ecc...

Spicca in questa analisi, almeno dal nostro punto di vista, il ritorno del “caso italiano”.

Ricordate il vecchio “caso italiano”? L'anomalia stava nella forza della partecipazione alla politica, nella presenza di grandi partiti strutturati di massa, nella “conventio ad excludendum” che eliminava dalla competizione per il governo (salvo brevi periodi e in casi fortuiti) le opposte estreme, nel più grande partito comunista d'Occidente capace (grazie alla centralità del Parlamento) a svolgere un ruolo di grande importanza dall'opposizione (poi  si verificò la degenerazione del consociativismo, ma si tratta di un'altra storia che avrebbe bisogno di un ampio spazio per essere analizzata a dovere).

Adesso il “caso italiano” si è rovesciato: egemonia esercitata da un “partito presidenziale” (passato attraverso le fasi del “partito – azienda” e del “partito personale”) che esclude il ruolo delle opposizioni, governando attraverso i mezzi di comunicazione di massa e i decreti di legge, con una esasperata personalizzazione della politica attraverso il culto del “Capo” (nel bene e nel male, cercando anche di trasformare il male in bene. Ciò non avviene soltanto al vertice: pensiamo agli effetti delle leggi sulle elezioni dirette, su quanto hanno inciso nello sfrangiamento dei sistemi politici, nell'annullamento della realtà collettiva dei soggetti politici, nella creazione di feudi e nella promozione, dalle Alpi al Lilibeo, di veri e proprio “cacicchi”).

Nadia Urbinati affronta il problema dal punto di vista del ritorno di ruolo del Parlamento (e, aggiungiamo noi, delle assemblee elettive a tutti i livelli, pensando, ai tempi dei partiti strutturati di massa al ruolo che Enti Locali e Regioni avevano avuto nella costruzione di una classe politica dirigente).

A nostro giudizio questo intendimento può valere se si mette mano, contemporaneamente, ad altri “pezzi” da modificare del sistema politico.

Il primo riguarda i partiti: mi riferisco alla sinistra e al centro-sinistra per ragioni di (sempre più flebili) “affinità elettiva”, ma potrei ampliare il discorso. E' necessario avere il coraggio di andare controcorrente, eliminare l'idea della politica esaurita nelle elezioni e nella relativa “gara” (su questo punto l'articolo in questione contiene frasi molto importanti), togliere di mezzo “primarie” fasulle (come sono nel “caso italiano”) e la logica di un bipartitisimo che, appunto, si è rivelato del tutto perdente.

L'opposizione italiana deve pensare al fatto che, in questo momento, è priva di soggetti politici di riferimento e dispone, dal punto di vista del dibattito nel paese, di due soli strumenti: il quotidiano “La Repubblica” di ispirazione, peraltro, liberaldemocratica e la trasmissione televisiva “Anno Zero” (peraltro molto discutibile nelle forme e nei modi) di impostazione meramente movimentista (“girotondina” per dirla con un efficace neologismo che ha trovato spazio nella letteratura politica del nostro Paese).

Inoltre, per effetto del risultato delle elezioni generali legislative del 2008, una parte importante della sinistra italiana non ha trovato spazio in Parlamento e la parte apparentemente più combattiva dell'opposizione è recitata da un soggetto assolutamente non in grado di costruire una prospettiva politica concreta, proprio perchè affronta la realtà attraverso una logica di carattere “esigenziale”, massimalista a parole e compromissoria negli atti politici concreti.

Il secondo punto da affrontare, con grande coraggio, è quello del sistema elettorale: se guardiamo bene all'attuale formula di trasformazione dei voti in seggi, attraverso i diversi livelli di sbarramento e l'attribuzione di un premio di “minoranza” a chi consegue la maggioranza relativa (attualmente una coalizione), troviamo tutti gli elementi che impediscono al ritorno di un ruolo positivo da parte dell'opposizione. Non occorre aggiungere altro, i dirigenti dell'opposizione italiana sanno benissimo cosa si trova dietro alle definizioni appena usate.

Traduco su di un solo punto: il sì al referendum sarebbe una sciagura che accentuerebbe ancora i mali del sistema, impedendone una possibilità di correzione per un lungo lasso di tempo.

Occorre andare alla radice: la centralità del Parlamento (almeno dal punto di vista formale) può essere combattuta difendendo la Costituzione, la questione della qualità del sistema politico può essere affrontata mettendo in campo una adeguata proposta di modifica del sistema elettorale sulla quale condurre una vera e propria campagna e che riporti – per l'appunto – il Parlamento a rappresentare “lo specchio del Paese” ma il punto saliente rimane quello della natura, della forma, della realtà della soggettività politica: se non si recupera il senso profondo dell'agire collettivo, del collegamento con una ispirazione ideale, con una iniziativa politica fondata su di una realtà programmatica alternativa, se non si costruiscono gruppi dirigenti attraverso il dibattito nei luoghi opportuni con la fatica del confronto di merito, la situazione è destinata ulteriormente a deteriorarsi ed il “caso italiano” si troverà ancora di più “border line” tra le democrazie compiute ed i regimi a “coalizione dominante”, con l'opposizione capace soltanto di spartirsi le briciole del pranzo regale.

Savona, 8 Maggio 2009                                                                   Franco Astengo