Nel ventre della galleria che può salvare l'Aurelia

il reportage / dopo la frana
Viaggio dentro l'ex tunnel dei treni che passa sotto Capo Noli

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IL SECOLOXIX

dal nostro inviato marco menduni
CAPO NOLI. La temperatura cala bruscamente di almeno quattro-cinque gradi non appena percorsa una decina di metri. C'è umido e l'acqua, dalle volte, scroscia e disegna sul terreno sterrato pozzanghere fangose. Eccoci inoltrati nel ventre di Capo Noli. All'interno di quel lungo tunnel, 871 metri, dove fino al 1977 passava la ferrovia. Da allora è dismesso, abbandonato: utilizzato, nel 2001, per farvi passare i cavi telefonici a fibra ottica e poi, di nuovo, sbarrato. Eccoci qui, nel buio che dopo un centinaio di metri diventa assoluto e dove ogni passo rimbomba e restituisce una certa inquietudine.
Eccoci qui: nel cuore del problema, di quel promontorio che frana e che, ormai con cadenza annuale, fa chiudere l'Aurelia al traffico, dividendo la provincia e la regione in due. E, allo stesso tempo, siamo nel tunnel che anche gli esperti, insieme a buona parte della popolazione, indica come l'unica soluzione per risolvere definitivamente la situazione.
Allargato, consolidato, impermeabilizzato, permetterebbe di arrivare sottoterra da Noli a Varigotti. Scampando quei massi instabili e incombenti che anche le reti d'acciaio non riescono più a contenere.
Partiamo da Varigotti alle undici del mattino. Poco prima del breve tunnel del Malpasso, parallela all'Aurelia, corre una galleria più moderna, aperta verso il mare. L'ingresso è stato sbarrato, perché era diventata luogo d'incontro di sbandati e balordi. Sbarramento che ha poco senso: bastano pochi secondi per scivolare sotto e inoltrarsi in una sorta di discarica abusiva. La spazzatura testimonia delle frequentazioni poco raccomandabili della zona. Questo tratto fu realizzato dopo che, negli anni Quaranta, una frana in quel punto fece deragliare il locomotore di un accelerato. Era, per la cronaca, un E333 e nell'incidente ci furono anche due vittime.
Ancora qualche metro e si giunge un primo, più breve tunnel. Le piogge insistenti degli ultimi giorni fanno sentire il loro effetto. Si avanza su un terreno fatto di ciotoli e terra, appiccicoso e fangoso. La luce non manca mai, dal capo opposto il foro luminoso diventa via via più grande. Ed eccoci arrivati. Davanti a noi il fornice del lungo tunnel che potrebbe risolvere ogni problema. Nonostante il terreno, la camminata prosegue agevole. Il terreno è spianato e, nonostante l'oscurità, si procede con discreta speditezza e la piccola torcia incorporata nel telefonino dà luce sufficiente. Sulla destra, qualche decina di metri dopo l'ingresso, c'è una montagnola di grossi mattoni bianchi ammonticchiati in una nicchia, testimonianza di qualche lavoro del passato.
L'odore di umidità è forte, ma non insopportabile. La larghezza del fornice è più ampia di quanto i tecnici, nei giorni scorsi, ci avessero dichiarato, due metri. Nei punti in cui riusciamo ad effettuare una misurazione attendibile calcoliamo un fronte orizzontale di circa tre metri e ottanta centimetri. Erano state costruite per permettere il passaggio di un binario unico, esattamente come accade per quelle di Moneglia e di Deiva Marina , località vicine a Sestri Levante, sulla Riviera opposta. Utilizzate, queste, anche per la circolazione stradale, seppure a senso unico alternato.
Ci inoltriamo ancora. Ma, com'è assolutamente prevedibile, il percorso continua con le stesse caratteristiche, tra gorgoglii d'acqua e il rumore dei ciottoli che rotolano colpiti dalle nostre suole. C'è ancora odore di umidità, ma anche di storia delle ferrovie. La realizzazione della linea iniziò nel 1868 e l'inaugurazione arrivò solo quattro anni dopo. Un record, considerando i mezzi a disposizione all'epoca. Nel 1887 fu conclusa anche la stazioncina di Varigotti.
Arrivare dalla parte opposta della perforazione significa approdare a Noli, all'altezza del parcheggio realizzato proprio davanti all'imbocco del lungo tunnel ferroviario. La nostra esplorazione è conclusa. All'uscita incontriamo un gruppo di geologi che stanno studiando la situazione. «Il lavoro - spiega Alessandro Scarpati - è già iniziato. Purtroppo il tempo non agevola». La mattinata di pioggia ha inzuppato il crinale. Lavorare in queste condizioni potrebbe essere molto pericoloso. Ci accompagnano in macchina fino al punto esatto della frana. Il masso caduto poco dopo la mezzanotte del 29 marzo ha lasciato un buco nell'asfalto profondo tre centimetri, esattamente al centro della carreggiata, in un momento in cui non passavano auto. Sono arrivate pochi minuti dopo. Ancora una volta l'ora tarda e lo scarso passaggio hanno evitato conseguenze peggiori. Ma la situazione appare anche a occhio nudo, un occhio non esperto, particolarmente grave.
Le operazioni di disgaggio proseguono: si fanno precipitare a valle i massi più pericolanti, quelli che appaiono in bilico. L'asfalto è ricoperto di massi, sassi più piccoli, piante, ciottoli, detriti, pietrisco. Lo sbarramento è duplice. Una prima transenna all'altezza del Malpasso. Poi, più avanti, una sorta di cancellata chiusa con una pesante catena. Nel punto più pericoloso si può arrivare soltanto con il caschetto in testa. I tecnici spalancano le braccia: «Ci si è messo anche il maltempo a ostacolare i primi rilievi e le operazioni di messa in sicurezza per garantire condizioni minime praticabili anche per chi deve lavorare e interventire». Anche accelerando al massimo, i tempi saranno lunghi.
Ma intanto la soluzione del tunnel, che sembrava confinata nel regno dei sogni, affascina e seduce. E forse può prendere una qualche concretezza. Parla Carlo Vasconi, presidente della commissione Ambiente e territorio della Regione: «In commissione si sta parlando di autostrade regionali. Ebbene: io dico che bisogna pensare anche alle grandi vie di collegamento e credo che l'Aurelia sia assolutamente imprescindibile. Credo che debba esser fatto un grande sforzo perché la Liguria non sia tagliata in due, "appesa" solo all'autostrada».
Un investimento consistente. «Certo, perché anch'io ritengo che l''allargamento del tunnel ferroviario sia l'unica via per preservare la funzionalità delle comunicazioni e il rispetto dell'ambiente. È un'opera onerosa, potrà costare anche trenta milioni di euro, ma alla fine un problema, anzi, "il problema dei problemi" sarà finalmente risolto».
Pollice verso, invece, per la costruzione di una strada che passi più a monte. Per quelle Manie che oggi, attraverso un percorso tortuoso e complicato, rappresentano la sola alternativa all'A10 e ai suoi pedaggi. Il passaggio di una strada di grande comunicazione potrebbe alterare definitivamente l'equilibrio di uno dei luoghi più suggestivi della provincia. E così, tra un sopralluogo, un summit, una riunione, la galleria ferroviaria che passa per più di ottocento metri sotto la roccia emerge davvero come l'unica soluzione definitiva al problema dei collegamenti.
Nel frattempo, però, c'è da fare in fretta per ripristinare l'Aurelia. La Pasqua oramai è perduta e all'estate non manca molto. Un conto alla rovescia davvero temuto dagli operatori del turismo. In un periodo in cui la crisi morde e non sembra voler allentare la presa.
menduni@ilsecoloxix.it