Tutti i retroscena di “Villa S.
Giuseppe”, ex convento, degli Oblati di Milano
Opere davvero pie, scandalo occultato?
Alassio, “carità” da 10 milioni di euro
Da tre anni non si hanno più notizie
di un dossier-esposto inviato alla Procura
Anche il sindaco aveva annunciato
una denuncia perché <sia fatta piena luce>
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Alassio –
Villa San
Giuseppe, già Villa Fiske.
Un
affare da molti milioni di euro. Alta finanza e altissimi interessi. Uno, due,
tre misteri. Tanti
interrogativi in attesa di risposta. Con cittadini
disinformati,
messi in condizione di non sapere. Ci sono esposti inviati all’autorità
giudiziaria, con nomi e cognomi, sigle di società immobiliari, intermediari,
atti notarili e cifre documentate che si moltiplicano come pani e pesci. |
All’orizzonte dense nubi, premesse
di un uragano. Ma nulla succede. Anzi, cala la grande pace. Il sipario.
C’era stato persino un sussulto, con pubbliche accuse, dell’ex presidente
della Provincia, Marco Bertolotto e l’immediata reazione
del vulcanico sindaco Marco Melgrati.
Il “giallo” dell’avvocato Alessandro Garassini,
predecessore di Bertolotto, che aveva messo la firma
sul decreto della Conferenza dei servizi, ma pochi giorni dopo decise la
revoca dell’atto (res melius perpensa). Per quale ragione?
Al “si”, poi “no” di
Garassini, è seguito, invece, il “si” in extremis di
Bertolotto, presidente-primario. Sta di fatto che l’intera
operazione immobiliare dei frati Oblati ha fatto guadagnare in soli 24
mesi, movimentando l’iter amministrativo, la favolosa somma di
10.653.344,81, come risulta da atti ufficiali.
Non è il caso di scomodare i
“furbetti del quartierino”. Forse i preti non hanno benedetto nessuno.
Soltanto una filiera di fortunati galantuomini.
Con una piccola macchia,
antitrasparenza. Nulla si è saputo sull’attività svolta dall’autorità
giudiziaria. Se abbia o meno ritenuto di indagare a fondo. Se abbia ricevuto
anche l’annunciato esposto di Melgrati sindaco. Se siano
stati interrogati, a chiarimenti, i due presidenti della Provincia,
Garassini prima e Bertolotto poi.
Se siano state interrogate le persone
citate nell’esposto- dossier del 25 gennaio 2006 e firmato quantomeno da un
consigliere comunale, già vice sindaco di Alassio.
E poi, quale contributo alle
indagini abbiano dato altri protagonisti: don Mario Sala,
l’architetto Paola Ferro, il sindaco in carica nell’ottobre 1998,
Roberto Avogadro; il geometra comunale Guardone, gli amministratori
delle società “Consulta Srl”, Gallo Nero Srl, Metodo Immobiliare Spa,
l’architetto Berio, i consiglieri comunali di minoranza
Agostino Testa e Lorena Nattero, il consigliere ed
assessore all’urbanistica, Marco Salvo. Solo per citare coloro che risultano in qualche
modo “attori”, a vario titolo.
E’ possibile che alla stregua di
un “affare di famiglia” tutto resti occultato, riservato, di nessun
interesse pubblico? I cittadini
hanno diritto di sapere? Chi ha deciso la cortina di silenzio? A chi fa
comodo? Chi sono i danneggiati?
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Primo colpo di scena.
Siamo nel 2001. Sono trascorsi tre anni. I padri
Oblati iniziano la pratica di
un Vangelo apostolico davvero
unico. La Curia di Albenga fu
informata? Non lo sappiamo. I frati presentano ricorso al
Tar della
Liguria, smentendo
clamorosamente quanto avevano sostenuto, per iscritto, nella
osservazione ufficiale alla variante di piano regolatore. Ora giurano
che la loro proprietà <non
ha mai avuto…destinazione turistico ricettiva, ma esclusivamente
residenza dei Padri Oblati ed è in abbandono…>.
Secondo colpo di scena.
Siamo nel novembre del 2001. Cosa fa il Comune di
Alassio di fronte al
voltafaccia? Nonostante il parere contrario
del funzionario addetto (geometra
Guardone) che fa
presente l’utilità di costituirsi in giudizio a tutela dell’interesse
pubblico, la giunta fa il contrario. Non si costituisce, da una mano.
Terzo colpo di scena.
Arriviamo al 2002, da novembre a
marzo. La Congregazione degli
Oblati, rappresentata dalla
Consulta Srl, ma tramite la
“Gallo Nero Srl” (non si dimentichi questo nome!), fa domanda al
Comune affinché nel nuovo Puc
di Alassio l’immobile possa
essere trasformato in unità residenziale, ribadendo che di fatto
non aveva mai avuto valenza turistica-ricettiva.
Quarto colpo di scena.
Nel febbraio 2003 il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali comunica al
Comune di Alassio che ha il pieno diritto di esercitare
la prelazione sull’acquisto e fissa il prezzo in
4.131.655, 19 euro (8
miliardi delle vecchie lire). |
E soltanto Iddio sa quanto
Alassio, la Riviera, il
turismo, i giovani in cerca di lavoro, hanno bisogno di alberghi
prestigiosi, di qualità. In contesti adeguati, con spazi adeguati.
Appunto come per
Villa Fiske. |
Mediante conferenza
dei servizi (siamo al 28 marzo
2003). La giunta affida all’architetto
Marco Salvo (assessore all’Urbanistica) LA SUPERVISIONE
della pratica. Siamo in piena estate, si lavora a ritmo serrato e
nonostante le ferie estive, la “Gallo
Nero Srl” brucia i tempi dell’iter burocratico. All’imprenditore privato,
del resto, la celerità è valore aggiunto quando è in ballo la realizzazione di
una qualsiasi opera.
Settimo colpo di scena.
Corre, corre anche il consiglio comunale. Dopo
14 giorni, una rapida istruttoria con l’esame di
39 tavole di allegati, una relazione,
documentazione fotografica, perizia asseverata, testo della variante urbanistica
(sic!), bozza di convenzione urbanistica, il parlamentino di
Alassio, il 30 settembre 2003,
accoglie la richiesta della “Gallo
Nero” , autorizza il sindaco a promuovere la conferenza dei servizi.
Ottavo colpo di scena.
E’ l’11 maggio 2004 quando l’allora
presidente della Provincia, Alessandro
Garassini, sottoscrive il nulla osta urbanistico relativo alla variante del
vigente Puc. Ma accade qualcosa che
qualcuno dovrà pure spiegare, chiarire.
Il 6 giugno, lo stesso
Garassini firma il decreto di revoca.
Poche righe: <…la firma era stata erroneamente apposta in completa assenza di effettiva
volontà a sottoscrivere l’atto…>.
Il
14 luglio la giunta comunale, prende atto del parere legale dell’avvocato
Paolo Gaggero (figlio del geometra
Giuseppe, l’autore della perizia) per
il perfezionamento dell’iter della
Conferenza
dei servizi.
Nono colpo di scena. Trascorrono 16 giorni dalla delibera della presa d’atto del parere dell’avvocato Gaggero. Gallo Nero Srl, ottenuta la modificazione urbanistica dell’area “Villa San Giuseppe”, con atto presso il notaio Luciano Basso, cede a “Metodo Immobiliare Spa” (società costituita il 24 febbraio 2004) il compendio immobiliare senza aver svolto alcun lavoro. Il prezzo lievita a 14 milioni 785 mila euro, con un balzo strepitoso rispetto al prezzo pagato dalla stessa Gallo Nero Srl ai padri Oblati. In meno di 24 mesi l’operazione frutta un plus di 10 milioni 653 mila 344 euro. E dulcis in fundo, il 24 settembre 2004 il Comune rinuncia ad esercitare qualsiasi diritto di prelazione.
Roberto Avogadro |
La modifica
della destinazione d’uso dell’immobile ha fatto il “miracolo dei
miracoli”. Un’operazione speculativa? Chi l’ha detto, al massimo
un’opera pia per poveri bisognosi. Perché il
Comune decise di non costituirsi al
Tar, quando i padri
Oblati facero il “palese”
dietrofront per tutelare interessi magari legittimi? La risposta è tra
le pieghe dei verbali consiliari: <Non
intendiamo appesantire il bilancio comunale di onerose spese legali>. |
Che bravi,
quanto oculatezza nell’amministrare il denaro pubblico, ma
forse era il caso di spiegare, a completezza, che nell’anno 2001
il Comune di Alassio ha
impiegato per spese di costituzione in giudizio
e consulenze legali, la somma “insignificante” di
281 mila euro (oltre mezzo
miliardo di lire). Per chi
ritiene di farsi un giudizio su quella scelta “pro
Oblati e C”, basta scorrere
l’elenco delle costituzioni al Tar del Comune e troverà atti di ben minore rilevanza ai fini
dell’interesse pubblico. Altra
domandina: <Nel momento in cui il Comune, ritenendo di rappresentare gli
interessi dei cittadini, rinunciava al diritto di prelazione, per quale
ragione ascetica e filosofica consentiva contestualmente
di modificare la destinazione urbanistica da struttura
ricettiva-turistica, a residenziale? Seconde case, appunto. Non si
sbandiera in tutte le salse, in tutte le dichiarazioni ai giornali, che
Alassio punta tutto su nuovi alberghi, sul turismo di qualità e che
di case sfitte 11 mesi all’anno si è ormai ubriacata? E’ o non è un
“cadeau” alla “Gallo Nero” e
soci – il privato fa sempre e al meglio i suoi interessi, non è un reato
- , oppure tutta l’operazione risponde al bene primario della buona
politica: far prevalere gli interessi della comunità. Perché si è
messo a tacere, non ha avuto il seguito che meritava, l’esternazione del
sindaco Melgrati, riportata
sul Secolo XIX del 2
novembre, a firma di Luca
Rebagliati. Il titolo a 4 colonne (vedi….):
<Esposto di Melgrati dopo le accuse di Bertolotto. Secondo il sindaco di
Alassio, i Ds avrebbero tentato di ostacolare il progetto di recupero di
Villa Fiske>. Diceva
Melgrati: <Nelle sue
esternazioni il presidente
Bertolotto ha denunciato cose gravissime (sic!), comportamenti
estremamente scorretti, al
punto da suscitare la reazione del segretario provinciale Pd,
Lunardon….Ho sentito con le
mie orecchie Bertolotto
parlare chiaramente di
pressioni indebite….ricevute dai
Ds alassini perché non
firmasse il decreto conclusivo della Conferenza dei servizi per la
trasformazione di Villa Fiske. Sapevo che c’erano iniziative di ogni genere per
bloccare questa operazione….Lunedì
mattina presenterò un esposto alla Procura della Repubblica
chiedendo di fare piena luce su questa vicenda….Certamente mi pare che
le cose lamentate da Bertolotto siano decisamente fuori dalla più elementare etica
politica>. Un peccato
che l’architetto Melgrati
abbia trascurato della vicenda, piccoli particolari, i piccoli utili, da
comuni mortali, da 10 milioni
di euro a botta, all’insegna dell’etica pubblica. E soprattutto
che un precedente presidente della Provincia,
Alessandro Garassini,
avvocato penalista e civilista,
in carica per due mandati, mai finito sotto inchiesta o sotto
processo, anzi che ha denunciato dalle colonne dei giornali (Il Secolo XIX gli ha riservato lo spazio più nobile del giornale) un
fortissimo odore di malaffare, corruzione, affari trasversali, degrado
etico e morale, abbia ritenuto di fare retromarcia, dopo aver messo una
firma che valeva decine di milioni di euro. Che si sia
trattato di un colpo di sole?
Melgrati
nello stesso articolo ha sostenuto che la trasformazione da “turistica”
a “residenziale” del vecchio convento, poi colonia dei padri
Oblati, non è stato un
episodio di cementificazione della collina. Il vecchio stabile
è stato demolito. Tranne il piano
terra con i suoi porticati sottoposti a vincolo, e ricostruito in due
diversi edifici. Il sindaco:
<Da questa operazione Alassio
ed i cittadini guadagneranno uno splendido parco pubblico con essenze
pregiate, attrezzato, a breve distanza dalle scuole, dalla nuova
residenza per anziani, oltre ad uno stabile di
280 mq dove saranno
realizzati laboratori per le scuole. Abbiamo fatto bene a
non acquistare l’immobile per
8 miliardi, il Comune non è
un’impresa edile che si occupa di ristrutturazioni o meglio la fa solo
quando c’è un’opera pubblica.> Ma i dieci
milioni di euro, piovuti dal cielo, senza colpo ferire, non avrebbe
potuto guadagnarli il Comune? Oppure è peccato mortale per un ente
pubblico? A Napoli dicono: “ca’ nessuno è fesso”. Per la Procura della
Repubblica non ci saranno reati perseguibili d’ufficio, neppure evasioni
fiscali. Al massimo piccoli favori. C’è tuttavia
modo e modo di “servire” le torte, qualcuno evidentemente lo ignora.
Luciano Corrado
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