Indignati, ma incapaci di dire basta. Bastonate dal blog di Grillo

Avanti, c’è posto per la Casta

Le Province? Non servono, non voto

Berlusconi, Fini, Veltroni, Casini, Confindustria…Non è successo nulla, a Savona assisteremo all’orgia di candidati e di spese…


Palazzo Nervi - Sede amministrazione provinciale di Savona
Savona – Trucioli Savonesi e Uomini Liberi hanno ripetutamente scritto, nei mesi scorsi, della sempre più larga convergenza di big della politica, della Confindustria e di associazioni di categoria, sull’urgenza di ridurre la spesa pubblica. Iniziando dagli enti inutili, anche per alleggerire davvero la pressione fiscale sui contribuenti che pagano le tasse fino all’ultimo centesimo, soprattutto dipendenti a reddito fisso e pensionati.

Poi tutti gli imprenditori che non fanno di mestiere i palazzinari, i “furbetti del quartiere”.

Lo stesso ministro Brunetta ha presentato un piano di riduzione di spese per 14 miliardi. Per le Province ha previsto dapprima un Consorzio, poi la soppressione. Così come, sempre secondo il ministro, dovrebbe accadere per le Comunità Montane, enti da abolire senza proroghe.

Non è accaduto nulla, nonostante i big della politica italiana (escluso il “no” categorico del ministro Maroni, Lega Nord) abbiano pubblicamente, in tivù e sui giornali, dichiarato che le Province devono essere soppresse.

Invece, peggio di prima. La Provincia di Savona si accinge a rinnovare la propria amministrazione, in anticipo rispetto alla scadenza. Con una campagna elettorale da “mille e una notte”. Tra l’altro: chi paga? chi sono i finanziatori? Quali i redditi?

Manterremo fede all’impegno di pubblicare i redditi dei nuovi amministratori provinciali, la loro attività, quanto hanno denunciato al fisco, le loro proprietà come risultano al catasto nel corso degli anni.

Per documentare ai cittadini che le sacche di parassitismo ed assenza di meritocrazia continuano imperterrite a trionfare.

I cittadini elettori si indignano a parole, corrono ai seggi, incapaci di dire basta. Alla fine va bene così.

Ecco cosa hanno scritto, a proposito della sopravvivenza delle Province, due cittadini italiani imprenditori, con precise motivazioni.

Dal Blog di Beppe Grillo, a firma di Michele Bortoluzzi e Massimo Carraro

Le Province non servono a nulla. E’ assodato. Non è giustificata l’esistenza di un Ente che abbia come funzioni proprie la gestione della Caccia (sic!), della Pesca, l’apertura di uffici provinciali del lavoro, alcune riscossioni e che per il resto di occupi di distribuzione a pioggia di contributi provenienti da altri Enti, oltre a minuzie da geometra quali la riparazione delle scuole secondarie e delle stradine provinciali. Il resto è aria fritta, sono progetti, idee, divagazioni.
Vi è una funzione, non delegabile e che non abbiamo citato, che incide per il 73% nel bilancio delle Province: l’automantenimento dell’ente, dei politici e della struttura. Ve li immaginate 4200 politici senza (secondo) lavoro? I partiti no, proprio non ci riescono, anche quelli piu’ convinti sul piano teorico dell’abolizione delle Province. Percio’, da decenni, pur ammettendo la bonta’ delle ragioni le rimuovono, confermando l’assunto dell’economista Ernesto Rossi che dal carcere fascista di Ventotene scrisse “non ci sara’ mai nessun politico cosi’ sprovveduto da licenziare un dipendente suo che pagano altri”.
Per questa ragione, seguendo l’urgenza posta dalla scadenza di giugno quando andranno al rinnovo oltre meta’ delle 107 Province (+12 dal 1992), abbiamo deciso di dare vita ad una campagna insolita per un gruppo di imprenditori, una campagna di disobbedienza civile che si riassume nello slogan “Non serve? Non Voto!” .
I primi firmatari sono stati Marina Salomon, Luigi Rossi Luciani (past President di Confindustria del Veneto), Stefano Beraldo (AD Coin), Massimo Calearo (past Presidente Federmeccanica), oltre a chi firma questo lettera per il blog di Beppe, Michele Bortoluzzi e Massimo Carraro, AD di Morellato & Sector Group.
Il ragionamento è semplice: “La Provincia non Serve? Ce lo avete detto e scritto per anni? Allora noi non la votiamo. E non votarvi è morale, è profondamente democratico, è rispettoso della Costituzione, che in nessun punto, ma davvero in nessuno obbliga i cittadini a diventare compartecipi della pubblica dissoluzione delle finanze nazionali e dello scempio di democrazia derivante dalla mancanza del rispetto della parola data”.
Le ragioni che giustificano questa sensibilità e la nostra determinazione in questo frangente sono molteplici e vanno approfondite.
La prima è la presa d’atto della gravita’ della situazione economica, e del manifestarsi in Italia di due parametri, concomitanti, che costituiscono una miscela pericolosissima nei momenti di recessione: l’ altissimo debito pubblico e l’incapacità di far propria la via, indicata da Obama, di riforme strutturali della spesa pubblica come condizione previa a nuovi, massicci investimenti.
Senza riforme il rischio del sistema e’ di effettuare, con l’erogazione degli aiuti, una colossale operazione di “Buy Out”, ricomprando se stesso, con gli stessi difetti, con le stesse clientele.
Alcuni Paesi potranno recuperare gli investimenti effettuati durante la recessione, e saranno quelli competitivi nel momento in cui l’economia ed i consumi saranno in grado di ripartire. Gli altri corrono, come le banche, un rischio gravissimo di default.
Per questo è indispensabile una Riforma dello Stato, completa, che abolisca le Province, le Comunita’ Montane, gli Ato, che accorpi i Comuni-Nani, che abolisca i privilegi delle Regioni e Province a Statuto Speciale, che neutralizzi le Prefetture (idea che venne ad un liberale illuminato quale fu Einaudi).
In questa prospettiva coabitano l’ elemento pragmatico di breve, e l’ obbiettivo, visionario, di lungo periodo. L’utopia di abolire la casta per ridurre la miseria si puo’ concretizzare oggi nella battaglia per l’abolizione degli Enti inutili, avamposto della partitocrazie per bloccare qualsiasi riforma.
E’ fondamentale non perdere tempo: bisogna impedire che la partecipazione al voto alle provinciali possa essere interpretata come approvazione del regime nella sua conformazione attuale. Le Province, infatti, sono diventate il terreno di scontro decisivo tra chi vuole cambiare il sistema e chi lo cuole mantenere.
l dibattito sul tema è maturo e giustifica la previsione - sia a livello di classi dirigenti ed intellettuali, sia a livello di cittadini - di un ampio schieramento a favore dell’ipotesi del “Non Voto” come disobbedienza civile contro il regime.
Per questo, in punta dei piedi, entriamo nel Vostro blog e chiediamo a Beppe, a Voi, di affrontare questo delicato passaggio assieme.

Michele Bortoluzzi e Massimo Carraro