EVASIONE DALL’IDIOZIA |
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Per prepararsi in modo razionale a prendere posizione sul tema
dell’evasione fiscale in Italia, si dovrebbe riflettere su tre questioni
che hanno un carattere preliminare: |
2- Pagare le tasse significa dare denaro in gestione ai politici. Come
usano il denaro gli evasori? E come lo usano i politici? Chi dei due lo
usa in modo più conforme all’interesse della nazione? Cioè, la
nazione ha più beneficio se un imprenditore evade il fisco per il 10%
del suo reddito e usa il conseguente risparmio fiscale per contenere i
prezzi e restare sul mercato nonostante la concorrenza cinese e
l’inefficienza dello Stato italiano, oppure se quel reddito viene pagato
in tasse, ossia viene versato allo Stato e viene quindi gestito dai
politici italiani che sappiamo come lo gestiscono?
3- Quali conseguenze avrebbe l’impossibilità di evadere per le imprese e
per i lavoratori dipendenti che oggi evadono, e sull'andamento
dell'economia? Che effetti avrebbe, sui loro costi di produzione e sulla
competitività, l’impossibilità di evadere il fisco e i contributi?
Riuscirebbero egualmente a restare sul mercato e a conservare il posto
di lavoro e il reddito, oppure non ci riuscirebbero più? E quali
conseguenze avrebbe ciò, non solo per quelle imprese e quei lavoratori,
ma per tutta la società? E quali conseguenze avrebbe, invece, un aumento
dell’evasione, sull’economia e sulla recessione? Malefiche o Benefiche?
Se la lotta all’evasione (fiscale e retributiva) che i governi italiani,
soprattutto della sinistra, si prefiggono e si vantano di voler condurre
“seriamente”, raggiungesse i suoi obiettivi dichiarati, ossia se ponesse
fine all’evasione, per l’economia nazionale sarebbe il tracollo. Per
contro, consentire silenziosamente una maggiore evasione, potrebbe
essere uno strumento semplice ed efficace per uscire dalla recessione,
rilanciando la voglia di investire, di spendere, di produrre,
soprattutto per un governo con scarso spazio di manovra e che non può
far emergere il nero bancario.
Infatti:
Tasse e contributi, per le imprese,
costituiscono un costo di produzione – un costo elevatissimo.
Se un’impresa riesce a evadere il 30%, come mediamente fanno le imprese,
significa che riduce i costi di produzione del 30%. Molte imprese
riescono a stare sul mercato, nonostante i vari fattori
negativi (costo e inefficienza della
burocrazia, costo e scarsità del credito bancario, costo dell’energia,
concorrenza straniera, ecc.) proprio grazie a questo risparmio.
Se il governo le impedisce di realizzare questo risparmio, l’impresa si
ritrova con costi di produzione aumentati del 30%.
A questo punto, l’imprenditore si trova costretto a scegliere tra
diverse opzioni, tutte distruttive per l’economia nazionale:
aumentare i prezzi;
chiudere l’impresa; trasferirsi all’estero;
tagliare su investimenti e costi; passare al
nero totale. |
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L’imprenditore, se può, trasferirà la sua attività in un paese straniero
dove la tassazione è bassa e il costo del lavoro è pure basso – che so,
Alcuni imprenditori cercheranno di sopravvivere in Italia, riducendo il
margine di profitto e tagliando le spese al massimo – ossia licenziando
i lavoratori non indispensabili e rinunciando agli investimenti e
all’innovazione, quindi destinandosi a diventare obsoleti in breve
tempo. Altri imprenditori decideranno di passare interamente al nero,
all’evasione totale. |
E in quanto all’altro grande ambito di evasione, ossia coloro che, pensionati o no, lavorano in nero, e coloro che fanno un doppio lavoro, e coloro che lavorano a tempo pieno con un contratto part-time. Queste persone riescono a lavorare perché non pagano tasse né contributi sul loro lavoro nero. Se dovessero pagarli, il loro lavoro costerebbe d’un tratto il 90% circa in più tra tasse e contributi, e non sarebbe più conveniente. Alcuni (pensionati, pubblici dipendenti) non avrebbero nemmeno il diritto di fare il lavoro in questione.
Del resto, l’evasione, nel Nord Italia, è mediamente del 13% – più bassa
che in Germania, Austria e altri paesi concorrenti. Nel Sud, invece,
supera il 50%. Ma i controlli si concentrano solo al Nord. Non nelle
basi della mafia. Il vero scopo, non confessato ma facilmente
constatabile, della campagna fiscale dell’ultimo governo Prodi, era
costringere le numerosissime piccole imprese, soprattutto venete e
lombarde, a chiudere, sia per eliminare una classe sociale che vota
contro quella Casta politica, sia per fare spazio alle grandi imprese
industriali, di servizi e alla grande distribuzione e alle
public utility companies
consociate alla politica, alle pseudo-cooperative. Ossia a tutto ciò che
è gestito dai partiti statalisti e dai sindacalisti. In effetti
l’elettorato della sinistra, che non brilla per informazione né per
realismo, e che è legato a concezioni arcaiche dell’economia e dello
Stato, crede che l’imprenditore si lasci spremere, quindi vota per
queste politiche sbagliate. Invece l’imprenditore, soprattutto se
possiede idee, tecnologie, e capitali, se ne va – pianta in asso
l’apparato statale che gli mangia addosso, che lo mette in condizione di
non poter investire, di non poter guadagnare. Le persone di mentalità
statalista non hanno ancora capito che i capitali e le capacità
emigrano. Licenziano, chiudono, emigrano e poi vanno a fare concorrenza
dall’estero. Solo i più piccoli, i più deboli, i più vecchi, i meno
dotati rimangono nonostante tutto.
Il Gazzettino di Rovigo di oggi dà notizia che ieri i militi della
Guardia di Finanza hanno condotto una intensa lotta all’evasione fiscale
controllando i bottegai e infliggendo sanzioni a 94 di loro per
inosservanza degli obblighi circa gli scontrini fiscali (che, come
sappiamo, sono emessi sempre o quasi). Capire che quella non è lotta
all’evasione ma una presa per i fondelli da parte del regime della
partitocrazia ladra e fedele agli interessi della finanza predatrice, è
già evadere dall’idiozia.
Marco Della Luna
4 marzo 2009
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