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IL LIBRO DEL MESE di Massimo Bianco 

 

TRAPPOLE MENTALI



Spazio non a un romanzo, questo mese, ma a un saggio, “Trappole mentali” (Rizzoli editore) di Matteo Motterlini. Come difendersi dalle proprie illusioni e dagli inganni altrui, recita il sottotitolo e la quarta di copertina rincara la dose: “Smettila di prenderti in giro. Impara a diffidare della tua mente, perché il primo a imbrogliarsi sei proprio tu.”

Ebbene, queste affermazioni sono due puntuali interpretazioni del testo. Si tratta, infatti, di un manuale assai utile e istruttivo, incentrato sui nostri erronei modi di ragionare. È inoltre lavoro chiaro e di semplice lettura. Matteo Motterlini, ordinario di logica e filosofia della scienza all’università Vita – Salute San Raffaele di Milano e direttore del Centro di ricerca di epistemologia sperimentale e applicata, si è avventurato in un’interessante esplorazione della psiche umana: analizzare come siamo fatti e come funzionano gli ingranaggi del nostro cervello in modo da permetterci di inquadrare le nostre debolezze e i nostri difetti. Insomma, capire meglio noi stessi per imparare a migliorarci. Perché, per quanto ci possiamo ritenere in gamba, spesso è proprio la nostra stessa mente a ingannarci.  

Il volume, comodo da consultare come una piccola enciclopedia tascabile, è diviso in trentanove capitoletti autoconcludentisi, presentati non in base a una qualche sequenza logica ma in rigoroso ordine alfabetico e dunque del tutto intercambiabili. Si va dalla A di “ancoraggio”, cioè quanto è facile lasciarsi influenzare da informazioni irrilevanti, alla Z di “zero rimpianti”, cioè quanto è sbagliato farsi condizionare dal timore di poter in seguito provare rimpianti. Ciascuno di essi tratta dunque un diverso problema, un diverso tipo di inganno in cui la mente degli uomini può a volte cadere, e illustra la questione appoggiandosi ad alcune  tra le più significative ricerche nel campo della psicologia e delle neuroscienze cognitive.

“Trappole mentali” è un libro recente, pubblicato meno di un anno fa e dunque aggiornatissimo, tuttavia non dimentica i classici della materia, quando si dimostrano ancora validi. Qualcuno potrebbe ad esempio riconoscervi un famoso esperimento di laboratorio, ideato per studiare gli effetti della pressione da parte dei gruppi, mostrato in una storica puntata di Quark, il programma di Piero Angela, e qui puntualmente riportato. Mi riferisco a quello in cui alcuni studenti dovevano indicare quale tra tre linee A, B e C fosse della medesima lunghezza di una quarta, diciamo X, mostrata a fianco. Tra le tre, la linea gemella era con ogni evidenza la C. Ciononostante gli studenti vittime dell’esperimento – dovendo rispondere per ultimi di un gruppo di dieci in cui i nove colleghi e amici che li precedevano indicavano, d’accordo tra loro e all’insaputa della cavia, senza esitazioni la linea A, chiaramente troppo corta – finivano per farsi condizionare e davano incredibilmente la risposta sbagliata. Solo il 25% dei soggetti si fidò completamente dei propri sensi fornendo la risposta esatta in tutte le prove.

Leggendo il volume scopriremo molte cose sorprendenti. Ad esempio quanto possano essere inaffidabili le testimonianze in tribunale; come pubblicitari o avvocati esperti possano facilmente farci credere quello che vogliono loro; come un abile venditore, per ipotesi un autoconcessionario, possa spingerci a spendere molto più di quanto fosse la nostra intenzione originaria, in questo caso nell’acquisto di un auto nuova; come certi nostri punti di vista che ritenevamo delle certezze cambino invece a seconda delle diverse prospettive con cui ci vengono presentati, eccetera, eccetera.

Facciamo qualche esempio diretto preso a caso. Dal secondo capitolo, intitolato: “ATTENZIONE Ciechi al cambiamento”. Tra parentesi, chi segue abitualmente Striscia la notizia già conosce la questione:

…Altra scena, altra incoerenza: due attori attendono la loro cena seduti a un tavolo, fumando. Posati sul tavolo ci sono una Coca-Cola e una frappè da cinque dollari; la cannuccia e il ghiaccio nel bicchiere di Coca-Cola scompaiono e riappaiono un paio di volte; quasi fosse una prestigiatrice, poi, l’attrice tiene tra le dita una sigaretta che da un fotogramma all’altro passa dalla mano destra alla sinistra senza che lei faccia nulla.

Non parrebbe troppo difficile accorgersi di questi errori di continuità, così plateali da indurci a credere che siano frutto di incompetenza e un fatto straordinario nella storia del cinema. Non è così: le incongruenze descritte compaiono in un film di culto di un maestro del cinema, Pulp Fiction (1994) di Quentin Tarantino, e lo spettatore ordinario in genere non le rileva.”


Matteo Motterlini
Questi in fondo sono particolari secondari. È stupefacente, però, quanto possiamo essere ciechi ai cambiamenti perfino riguardo ad aspetti salienti di una scena. Ad esempio, in uno studio svolto dall’università dell’Illinois e congegnato come una candid camera, un individuo ferma i passanti per chiedere indicazioni. Durante il dialogo qualcuno ostruisce la visuale per alcuni secondi e in quel mentre l’esperimentatore viene sostituito da un collega, che non assomiglia al primo e veste anche in maniera differente, eppure meno di metà dei soggetti si accorgono che il loro interlocutore è mutato! Sorprendente, vero? E insieme alle descrizioni di questo e molti altri esperimenti trovate indicato, quando è possibile, l’indirizzo internet che dovrebbe permettervi, nel caso dubitiate di quanto è affermato nel testo, di constatare con mano osservando il filmato relativo o magari di sottoporvi voi stessi ad alcuni dei test, a patto, in quest’ultimo caso, di avere l’accortezza d’interrompere la lettura prima che l’autore riveli ciò che succederà.

Torniamo ora alla candid camera: erano fessi i passanti, forse? Se dopo averli visti all’opera doveste pensarlo, tenete conto che secondo Motterlini i sensi di chiunque di noi possano essere imbrogliati, come sarebbe ad esempio accaduto a chiunque, come il sottoscritto, abbia visto al cinema il film Fight club di David Fincher. Nel finale del film a quanto pare c’era un inganno dei sensi di cui era assai difficile accorgersi, come scoprirete leggendo il libro.

Come secondo esempio riporto adesso un breve passo tratto dal sesto capitolo “BICCHIERE MEZZO PIENO Quando la cornice modifica il quadro”:

“…è più probabile che ci si fermi per un pranzo da McDonald’s se viene pubblicizzato che l’hamburger contiene il 30% di grassi o il 70% di carne magra? Ancora, siamo meglio disposti a pagare un ticket per entrare in città se questo ci viene presentato come una tassa per arricchire le casse del Comune oppure come il primo passo di un ampio progetto ecologista a tutela della salute pubblica? In tutti questi casi il risultato è identico, a cambiare è la cornice in cui è inserito. A rigor di logica dovremmo preoccuparci del quadro e non del contorno, ma così non fa la nostra mente, che spesso si fa sfuggire gli aspetti salienti di un problema per farsi condizionare da quelli marginali.”

Un ultimo esempio, brevissimo, tratto dal capitolo intitolato: “HALO EFFECT Perché il vino più caro è più buono”:

“…Infatti, alcune ricerche su diverse centinaia di bevitori (che consumano birra almeno tre volte a settimana) hanno mostrato che la preferenza che abbiamo per una birra è soprattutto questione di marchio. Dovendo riconoscere all’assaggio la <<propria>> birra tra altre cinque, solo una minima parte dei bevitori ha successo. Senza l’alone del marchio è addirittura più difficile esprimere una preferenza.”

Se consumate delle birre tra amici e alcuni di costoro, atteggiandosi a intenditori, paiono apprezzarne maggiormente una rispetto all’altra e sostengono di capirne al volo le qualità organoelettriche,  mentre voi non notate poi questa gran differenza ma non osate ammetterlo e arrivate perfino a esprimere giudizi a vanvera pur di non scoprirvi, beh, consolatevi, perché con ogni probabilità non siete voi a essere imbranati ma i vostri amici che in buona fede si autoingannano. Se invece siete proprio voi a ritenervi esperti di birra, provate magari a distinguere alla cieca la vostra bionda preferita da altre quattro bionde. Attenzione però: come scrive Motterlini, se non siete autentici esperti, “uno di quelli che conoscono davvero a fondo la propria birra prediletta, conviene non accettare la sfida”. Potreste, infatti, scoprire, con vostra somma delusione, di essere molto meno intenditori di quanto credevate. A ogni modo io ho deciso di non correre rischi e di non accettarla, questa sfida. Prosit!

Massimo Bianco