LA MORTE DI PAPA GIOVANNI PAOLO II | |
Lo tsunami mediatico scatenatosi fin dalle prime avvisagli di agonia per papa Giovanni Paolo II ha fatto emergere, anche e come al solito, punte di vero e proprio accanimento come nel caso, altrettanto consueto, dell'inqualificabile circo televisivo italiano. Difficile, dunque, aggiungere qualcosa di diverso ed originale: purtuttavia, per non mancare al compito assegnatoci dalla nostro modesto punto di osservazione, proveremo lo stesso a proporvi una riflessione. E' ovvio ricordare come i venticinque anni di papato trascorsi per Karol Woytila abbiano registrati mutamenti clamorosi sul piano degli equilibri planetari: il crollo dell'Unione Sovietica, l'ingresso nell'era delle guerre preventive. Il Papa Polacco ha avuto, indubbiamente, un ruolo di grande rilievo nel determinare specifici esiti, come nel caso dell'Est europeo: la forza di espressione della sua testimonianza è risultata decisiva; più lontana è apparsa la sua capacità di incidere sulle grandi contraddizioni epocali, pure richiamate con grande forza nel corso dei suoi tantissimi viaggi, in particolare nei Paesi del terzo mondo. Inoltre, all'apertura verso le grandi religioni monoteiste non ha corrisposto una altrettanto sicura capacità di mantenere l'unità della Chiesa Cattolica: come nel caso dell'America Latina e della teologia della Liberazione. In questo senso può apparire meno ovvio rilevare una contraddizione: all'esercizio del ruolo papale in chiave di “testimonianza”, se non di “martirio” (come è stato, nella lunga fase di esposizione pubblica della malattia: quasi il Cristo che si espone sulla |
Croce, trafitto dai chiodi, sul Golgota), ha corrisposto un forte uso “temporale” del potere. Un uso”temporale” diverso,, molto diverso, da quello di “governo” tipico dell'era montiniana (basterà ricordare come il cardinale di Cracovia si fosse tenuto sempre lontano dalla Curia Romana): proprio partendo dall'idea di fondo della testimonianza messianica che ne ha contraddistinto il magistero, il Papa è riuscito ad estendere il potere temporale della Chiesa, inserendola come soggetto politico, tra i soggetti politici, come potente tra i potenti. Un equilibrio difficile da raggiungere, possibile soltanto attraverso la mediazione di un grande carisma. Come reagirà, adesso, la Chiesa al vuoto che si presenta, insieme, di potere e di carisma? Non siamo vaticanologi patentati e ci è difficile fare previsioni: in una fase di capitalismo armato, non sarà semplice per la Chiesa trovare l'espressione soggettiva capace di andare avanti sulla strada della crescita dell'influenza temporale. Forse, ci sarà la scelta di una “transizione”, interna alla Curia: più difficile sarà trovare il coraggio di una scelta “terza”, magari espressione di qualche Continente “giovane”, grande azionista della nuova Chiesa Cattolica globalizzata (il Sud America?). Attenzione, però: nel 1958 fu eseguita una scelta simile, quella di una transizione morbida per passare dall'ultimo Papa- Re ad una idea di papato di governo, capace di dialogare con i Grandi della Terra, non rimanendo arroccato nella Torre d'Avorio del Sillabo: per quella transizione fu scelto Roncalli, il Patriarca di Venezia, Giovanni XXIII. Pensate un po' che terremoto, altro che transizione..... Al vento |