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Delenda Saona

 di Milena Debenedetti


Milena De Benedetti
E’ famoso e si ricorda come aneddoto fino ai giorni nostri, il caso del senatore romano che era ossessionato dalla minaccia cartaginese:  Catone, detto il Censore (oggidì con un simile nome farebbe carriera, dal Moige alle commissioni tv). Così, instancabilmente, concludeva con la stessa frase tutti i suoi discorsi, fossero pure discussioni il lunedì mattina, al bar del Foro, sui campionati di gladiatori: Carthago delenda est, Cartagine deve essere distrutta, comunque. 
Fu così efficace questa reiterazione, o forse, erano così stufi di sentirlo, che alla fine organizzarono una bella terza guerra punica ed effettivamente, sì, distrussero e saccheggiarono allegramente la città nemica. Si vede che l’esempio storico ha fatto proseliti, perché quella di ripetere i concetti ossessivamente, a ogni pie’ sospinto, anche quando non c’entrano un tubo, allo scopo di perforare i cervelli e abituarli all’idea, portando all’accettazione passiva, a considerare le cose come date per scontate, è tecnica reiterata.
Mi è tornato in mente il buon Catone spulciando i media in sede locale. Provate, ad esempio, a indovinare il contenuto di un articolo, di una dichiarazione, di un programma, in ambito Savona e provincia, che abbia a che fare con economia e strategie. Qualunque sia l’argomento, potete scommettere che a un certo punto compariranno le paroline magiche: però dobbiamo fare la Margonara, la
  piattaforma Maersk, le nuove infrastrutture. E  nì all’ampliamento della centrale di Vado.
“Nì”, nel senso che, pur mancando quasi sempre il coraggio di un sì deciso e aperto a una decisione tanto impopolare per la salute pubblica, non è poi che il no sia così fermo e sdegnato.
  Si vede, si aspetta, si discute, si contratta, si ipotizza, si prende tempo. Si finge di non saperne niente e di doversi informare, neanche quelle ciminiere fossero lì da un giorno e non ci fossero già dati sufficienti.  E stanno emergendo “sviste” documentali anche peggiori.
Con l’esclusione di qualche minoranza, gruppi o movimenti, praticamente trovate questi propositi nei discorsi dei maggiori partiti, dei sindacati, degli industriali, dell’ente porto, ovviamente… e pare anche del Vescovo. Per non parlare del programma veramente alternativo di Altra Savona che, dopo alcune sparate di sapore populista per ammansire gli elettori, parte in quarta con la stessa litania.
 Scusate la banalità, ma, verrebbe da chiedersi: allora, che votiamo a fare? Se tutti i maggiori candidati provinciali sono già d’accordo su un programma condiviso (che a questo punto dev’essere per forza l’unico e il migliore possibile, no?) perché non saltiamo direttamente la formalità e ci risparmiamo pure le spese elettorali? Si glissa sulla crisi e sui suoi effetti. Nessuno, responsabili o intervistatori,
  che si chieda se questi progetti ora stiano ancora in piedi, sia come finanziamenti, sia come esiti, opportunità, vantaggi, o non siano sovradimensionati, inadatti o addirittura presto obsoleti.

Michele Boffa

Angelo Vaccarezza

Sergio Cappelli
Voglio dire, anche se volevi indossare l’abito di taffettà e le scarpette basse, se fuori piove e per fortuna non sei ancora uscita, metti impermeabile e calosce, no? Anzi, meno male che siamo (saremmo) in tempo a cambiare strada. Perché le strategie alternative ci sono, basta guardarsi intorno, il mondo ci sta pensando.
Guarda caso, ora quelli che venivano bollati come discorsi di “quattro patetici ambientalisti”, la minoranza, gli illusi, i pantofolai, li sentiamo sulla bocca dei più grandi leader mondiali. E non sono solo discorsi, no, sono anche propositi concreti ai quali si sta già dando attuazione.
Persino in Italia, nel pattume generale, nell’arretratezza, nell’ignoranza melmosa in cui siamo impantanati, deboli segnali encefalici. CGIL e Legambiente propongono un’economia verde che darebbe 350.000 nuovi posti di lavoro. Veltroncino balbetta qualcosa pure lui.
  Ma gli echi in sede locale sono deboli o impercettibili.
E i rifiuti? Tutti auspicano la differenziata. E’ bello auspicare. Ma comunque aggiungono subito precipitosamente che “non potrà mai sostituire del tutto…” , “rimarrà sempre il problema del rimanente…” eccetera.
  Tutti si riempiono la bocca di concetti e propositi, ma gratta gratta trovi sempre l’inceneritore ( se lo sento ancora chiamare termovalorizzatore metto mano alla pistola. Metaforicamente parlando, eh? Che qua bisogna stare attenti a ciò che si dice.)  Oppure, una bella discarica, perché stanno a girarsi i pollici da anni senza decidere e la rumenta si accumula.
Allora, spiacenti ma a contraddirli sono i fatti. Non mi si parli di emergenza, di necessità, di ineluttabilità, di meno peggio e altre pirlate assortite. Qui abbiamo esempi concreti, pratici, realizzabili e realizzati, di vie migliori da percorrere. Basta studiarli e ripeterli. A dicembre un bel convegno organizzato dal WWF ha portato qui in Sala Rossa il sindaco di Ponte delle Alpi (BL) per spiegare come hanno organizzato la differenziata spinta, partendo da zero, anzi, dovendo cambiare strada rispetto a tecniche meno efficaci, su cui si erano spesi soldi, riuscendo in breve tempo a recuperare gli investimenti, far risparmiare i cittadini, creare posti di lavoro. A proposito, lo sapevate che fra inceneritore e differenziata spinta con riciclaggio il rapporto di posti di lavoro creati è di 1 a 35?
Uno a trentacinque. Riflettiamoci su. Nello stesso convegno ha parlato anche l’imprenditrice dell’ormai mitico centro di riciclaggio di Vedelago, provincia di Treviso. Anche qui, si tratta di iniziative imprenditoriali virtuose, redditizie, interessanti, replicabili.
In questi giorni sempre il benemerito Marco Piombo di WWF ha portato a sfiorare Savona il Premio Nobel Paul Connet, che segue la strategia rifiuti zero per la città di S. Francisco. Presto sarà disponibile in rete il filmato dell’intervista fatta dagli Amici di Beppe Grillo.
 Non è una questione di colore politico, non deve esserlo. La responsabilità di trovare, programmare
  e attuare le soluzioni più virtuose riguarda tutti noi. Non ci sono più scuse, non ci sono più alibi. Progetti e strategie sbagliati, attese, ripensamenti, cautele immotivate sono vere e proprie colpe gravi, a questo punto. Responsabilità pesanti come macigni nei confronti della comunità, dell’ambiente, delle generazioni future.

Nonna Abelarda alias Milena Debenedetti