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LA TRUFFA DI MADOFF: METAFORA DEI GIORNI NOSTRI

 By Llewellyn H. Rockwell jr.            

Traduzione  di: Marco G. Pellifroni    



Llewellyn H. Rockwell jr

Nel mondo della scuola economica Austriaca c’è un detto sui cicli finanziari. Il puzzle non consiste nello spiegare i fallimenti economici. Questi fanno parte del normale ciclo vitale e sono il segno di un’economia sana. Il puzzle sta invece nello spiegare l’accumulo di errori che si profila all’inizio di una recessione. Come possono così in tanti essere così in errore su così tanti punti nello stesso momento? Un ciclo finanziario implica fallimenti sistemici, non il mero errore di giudizio di pochi.

Così può dirsi dello schema Ponzi, in particolare di Madoff. Il mistero non sta nel capire come un singolo sia riuscito a truffare un po’ di gente.

Lo schema per cui gli “investitori” di ieri vengono ripagati coi soldi delle nuove vittime è noto in ogni angolo del pianeta, probabilmente da sempre, e finisce invariabilmente con la totale disgrazia di chi l’ha originato. È il classico esempio che conferma che le leggi morali si applicano da sole nel mondo dell’economia.

La differenza cruciale sta nel fatto che Madoff mise in atto il suo schema durante una fase di boom economico, un periodo cioè durante il quale il normale senso di incredulità della gente viene messo da parte. Ciò fa parte della grave distorsione culturale introdotta dalla moneta allegra. Il denaro è la merce soggetta alla più vasta domanda nella società, e la Fed (la Banca Centrale USA) ne immette di nuova non come riflesso di nuova ricchezza reale, bensì in base a semplici decreti amministrativi.

C’è un modo nel quale il denaro allegro offusca la mente della gente, conducendo a quella che talvolta viene chiamata “follia collettiva”. Guido Hulsmann lo spiega a dovere nel suo tempestivo libro rivelatore “L’etica della produzione di denaro”. Mediante lo stimolo artificiale indotto dalla macchina del credito, le moltitudini si cullano nella credenza in qualcosa che non può essere vera. Nel caso di Madoff, si credette che egli riuscisse, anche in periodi di mercati in calo, a guadagnare senza rischi il 15-20% all’anno.

E perché no? Quasi tutti credevano in una nuova versione del mito. Si credeva che il prezzo delle case potesse salire e salire a dispetto della realtà, e cioè che le case sono beni fisici soggetto al naturale deterioramento dal momento del loro completamento, proprio come le automobili, i computer e qualsiasi altro oggetto. Allora, perché si è creduto che questo non si applicasse anche alle case? Di nuovo, bisogna guardare al sistema del denaro fraudolento per capire il perché.

E tutti credemmo di poter diventare milionari investendo i nostri soldi in società che in realtà non facevano utili né pagavano dividendi; società la cui ricchezza si basava interamente sull’infusione di liquidità dal mercato borsistico, che a sua volta si basava  sulla fiducia che altri avrebbero comprato le sua azioni, e così via. In altre parole, credevamo che creare qualcosa dal nulla fosse possibile, mentre chiunque non la pensava così passava per un idiota. Questo è esattamente lo stesso atteggiamento di pensiero che si sviluppò durante le altre grandi inflazioni della storia.

Di più, tutti pensavamo che l’acquisto di queste azioni non rappresentasse un consumo, ma un risparmio per il futuro. Infatti, la gente confutava i dati ufficiali sul risparmio in base al fatto che essi non includevano gli investimenti in Borsa. Analogamente, la gente misura la ricchezza nazionale non in termini di capitale accumulato, ma piuttosto attraverso i dati sui consumi, come se ad es. i pianali in granito nelle cucine di case sempre più grandi fossero una misura di ricchezza, anziché del suo contrario: l’esaurimento della ricchezza.

La sinistra usa attaccare gli emolumenti dei banchieri d’affari, che in effetti erano [sono? NdT] fuori del mondo. Ma anche questi rappresentano non un problema a sé, ma un’ulteriore evidenza della finanza inflazionistica. In un’economia di bolla, il denaro insegue cosa appare più “alla moda”; e i servizi finanziari rispondono bene a questa domanda. Insomma. Quegli emolumenti erano in linea col mercato. Quello che era scandalosamente distorto era il mercato stesso.

Ora occupiamoci della finanza governativa durante quegli anni. Il mercato tentò di correggersi da solo durante gli anni 1999-2001, ma il governo non tollerò questa tendenza. Anzi, utilizzò ogni segnale di ribasso come una scusa per intervenire e mantenere viva l’illusione, mediante la creazione di miliardi e miliardi di nuovi dollari. La Fed continuò ad abbassare i tassi di interesse, incurante della mancanza di risparmi a loro sostegno.

(I bassi tassi di interesse in un sistema monetario sano devono riflettere capitali accumulati e  consumi rimandati. Quando la Fed li abbassa durante un boom, non fa che creare un pericoloso miraggio).

Qualcuno mai si fermò per chiedersi da dove il governo attingesse quei soldi che pompava nel sistema? Eppure, gli economisti della scuola Austriaca ci mettevano in guardia. Le pagine di Mises.org e di LewRockwell.com erano piene di allarmi. Ma la gente preferiva ignorarli. Abbiamo a che fare con la natura umana, che vuole credere in cose che non esistono. E il governo era ben contento di alimentare questo sentimento, perché dava alla Fed, alle industrie ad essa connesse e allo Stato più potere e più denaro nel breve termine.

Lo schema di Madoff era imperniato sulla credenza che la ricchezza non sia qualcosa per cui lavorare, ma qualcosa per cui attrezzarsi. Essa poteva essere generata giocando bene le proprie carte, agganciandosi alle reti giuste, scoprendo i giusti “investimenti”. La gente con cui Madoff aveva a che fare, si è scoperto, avevano qualche interno presentimento che c’era qualcosa di poco chiaro nell’intera operazione; ma lo ricacciavano indietro quando arrivavano i grassi assegni, e concludevano che, comunque operasse questa novella macchina del moto perpetuo, essa funzionava, eccome.

Ma, accidenti, il governo proprio ora sta usando la stessa tattica per convincerci che sta salvandoci dalla recessione. L’intero schema condivide il medesimo senso di negazione della realtà che contraddistingueva lo schema Madoff. E non sto solo parlando della Previdenza Sociale, che è quasi un’esatta replica dello schema Ponzi, tranne il fatto che perlomeno Ponzi non obbligava la gente a dargli il denaro. Sto parlando di qualcosa di più ampio. L’intero sistema finanziario sostenuto dalla Fed e dal Tesoro si basa sulla stessa idea: che ottenere qualcosa dal nulla sia possibile.

Certo, Madoff è finito in galera. Wall Street lo flagellerebbe pubblicamente, se potesse. Egli è e sarà per sempre in disgrazia. Ma nel frattempo, uomini come Bush, Bernanke, Paulson e Obama, e chi sta loro dietro, hanno avuto o stanno avendo grande presa sulla gente, anche se il loro schema è di gran lunga più vasto e madornale di quello di Madoff.

La maggior parte di noi indulge a pensare che non ci saremmo fatti fregare da Madoff. Ma intanto siamo fregati dalle elite che proclamano di poter mettere insieme trilioni di dollari per stabilizzare la nostra economia col semplice click sui tasti di un computer. La stampa, di certo, sembra essersela bevuta. Molte persone sono state gabbate da Madoff. Ma molte più persone sono oggi gabbate dal governo e dalla sua banca centrale [sua? Più esattamente della cupola bancaria transnazionale NdT]. E finirà tutto in un disastro, solo su scala molto, molto più grande.

 

Nota editoriale: Llewellyn H. Rockwell jr. è presidente del Ludwig von Mises Institute in Auburn, Alabama, editore di LewRockwell.com e autore di “Speaking of Liberty”.

 

                                                                                         8 gennaio 2009