versione stampabile

L’opinione/  Le elezioni “Europee” alle prese con sbarramenti e subalternità

Il “vuoto politico” tra il Pd

e la sinistra massimalista 

La sorte dei “cespugli”? Udc, la “Destra”, Mastella e Rifondazione (con la scissione)

  di Franco Astengo

 


Franco Astengo

Savona - E ricominciato su iniziativa della segreteria del PD, il “tormentone” sull'introduzione di uno sbarramento al 4% quale soglia per poter accedere all'attribuzione dei seggi nelle prossime elezioni per il Parlamento Europeo, dopo che, nel mese di Dicembre, il leader del centrodestra aveva abbandonato l'impresa, perché interessato, piuttosto, all'abolizione delle preferenze per poter determinare, a tavolino, la composizione della propria delegazione parlamentare: si era opposto l'UDC, fiero difensore della possibilità di esprimere preferenze, ed erano apparsi evidenti malumori in AN che si sarebbe vista penalizzata nella composizione delle liste del Polo della Libertà.

 La questione è ritornata in ballo, come accennavamo, su sollecitazione della segretaria del PD che tenta così di ritornare al “refrain” del voto utile e della “vocazione maggioritaria” nel terrore di scendere attorno al 25%, come indicano molti sondaggi (addirittura alcuni analisti collocano il PD attorno al 23%) e con un partito all'interno del quale sui temi più importanti, dal federalismo fiscale, all'accordo sui contratti di lavoro, ai temi impropriamente definiti “eticamente sensibili”, alla politica delle alleanze emergono divisioni profonde, tali da far prevedere possibile – di fronte ad una ulteriore crisi elettorale dopo quella fatte registrare nelle elezioni politiche del 2008 – una vera e propria implosione, tale da far decretare la chiusura anticipata del cosiddetto “progetto riformista”.

All'iniziativa assunta dalla segreteria del PD, cui il centrodestra ha risposto con toni possibilisti, è seguita la reazione dei cosiddetti “cespugli”: di quelle formazioni, cioè, a destra come a sinistra che sono rimaste escluse dal Parlamento Nazionale, proprio per via delle diverse soglie di sbarramento che la legge elettorale del 2005 prevede, e che pensavano di poter recuperare una presenza istituzionale a Strasburgo, grazie al sistema elettorale proporzionale “puro” fin qui adottato, in Italia, dalle prime elezioni europee svoltesi il 10 Giugno 1979.

In questo frangente mi rivolgo ai dirigenti di ciò che rimane della sinistra italiana ed, in particolare, a quelli che da qualche mese stanno proclamando la necessità di formare una nuova “soggettività” politica, un partito che, scontati gli errori compiuti dalle precedenti gestioni (in particolare quelli verificatisi all'interno di Rifondazione Comunista che, sulla base dell'esito del Congresso di Chianciano e della negativa scelta identitaria compiuta in quella sede da una coalizione di posizioni riunitesi sulla base della semplice idea di sopravvivenza del partito, sta subendo una scissione che appare, in ogni caso, qualitativamente e numericamente assai modesta: pur all'interno di numeri davvero di poco rilevante profilo) tenti di mettere assieme il meglio di ciò che rimane della tradizione della sinistra italiana con quegli elementi di forte innovazione che pure si stanno ricercando attraverso analisi e confronti molto serrati, recuperando almeno parte degli ampi strati di militanza che nel corso di questi anni si sono allontanati dalla politica attiva (in particolare dallo scioglimento del PCI in avanti) e valutando come necessario ( questo è un punto che, personalmente, mi sento fortemente di condividere sul piano dell'analisi) riempire quello che appare un vero e proprio “vuoto politico” tra un PD ormai dichiaratamente centrista ed una, eventuale, sinistra arroccata semplicisticamente su posizioni massimalistiche.

Paolo Ferrero Segretario di Rifondazione

Ai dirigenti della sinistra italiana che stanno svolgendo questo tentativo mi rivolgo, dunque, semplicemente per dire che non mi sento di condividere la posizione quasi “pietistica”, di denuncia di vero e proprio “strangolamento della democrazia” a cui si sta gridando: non che questo elemento non ci sia, anzi. 

Non è però muovendoci a questo modo , di “subalternità” all'esistente, senza reagire con un vero moto d'orgoglio e soltanto per via di lamentele che sarebbe bene lasciare ai Mastella e agli Storace,che sarà possibile rimobilitare la parte più avanzata, coerente, disponibile, della base della sinistra italiana:

si tratta di partire dai grandi conflitti sociali (pensiamo alla situazione della CGIL), di elaborare una precisa progettualità politica (non ritorno sui dettagli, mi è capitato negli ultimi tempi di diffondermi diverse volte su questo punto e non vorrei annoiare), di mutare la forma concreta dell'agire politico ritorno all'idea e alla pratica della organizzazione di massa del partito ad integrazione sociale, abbandonando l'idea della personalizzazione, del governismo deteriore, del movimentismo incapace di tracciare le coordinate per il futuro e buono soltanto per promuovere leaderini di scarso spessore e tornando alla politica come fattore di aggregazione sociale, crescita culturale, riconoscibilità di un “blocco storico” che si muove in tensione con l'idea di una egemonia e di una profonda trasformazione sociale.

In questo senso appare necessario un nuovo gruppo dirigente della sinistra italiana: i responsabili di errori gravi come quelli commessi nel corso di questi anni, sul piano dell'impostazione e dell'analisi, debbono avere il coraggio di mettersi da parte.

Se ci sarà lo sbarramento al 4% dovremo affermare la nostra capacità di superare l'ostacolo mettendo subito in campo una soggettività nuova che i militanti, le compagne ed i compagni, le elettrici e gli elettori percepiscano come l'apertura di una nuova speranza e non come il residuo delle sconfitte precedenti.

In quel momento si verificheranno vincenti e perdenti, ipotetiche “vocazioni maggioritarie” o realistiche volontà (e capacità) di ritornare ad una idea della politica come rappresentanza di un concreto radicamento sociale.

Senza “partiti di plastica”, ma anche senza improbabili “partiti del leader”.

Il 4% come “tetto del mondo”? Guai a pensarla a questo modo: si tratta soltanto di un dato indicativo della nostra capacità di coinvolgere larghi strati popolari, senza tatticismi e soprattutto, senza attendere strumentalmente eventuali sconfitte altrui, ulteriori divisioni e lacerazioni che lascerebbero sul campo soltanto macerie.

No ai cartelli prefabbricati tra forze in estinzione e tali al di là di maggioranze e minoranze, scissioni e non scissioni, ma affermazione, anche al livello delle elezioni europee, di una diversa soggettività: non credo che si tratti, questa, di una semplice affermazione volontaristica o dettata, semplicisticamente dall' “ottimismo della volontà”: ragioniamo da subito in questa direzione e, sapendo che si tratta di un processo difficile e non breve, facciamo in modo che la competizioni europea sia misurata per intero sull'idea di una rappresentanza politica che, non immediatamente ma in tempi ragionevoli, sappia corrispondere alle esigenze reali della sinistra italiana.

Savona, li 24 Gennaio 2009                                                            Franco Astengo