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Parole inaffidabili

di Angelo Gallina


Václav Havel

In un saggio di Havel, il primo presidente post-comunista della ex Cecoslovacchia, si racconta di un verduriere Ceco che aveva esposto in vetrina un cartello con la scritta “Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!”. Parole inaffidabili, perche’ naturalmente in citta’ nessuno prendeva quel cartello seriamente, tantomeno le  autorita’ stesse che glielo avevano fornito, le quali in realta’ tremevano al solo pensiero che i lavoratori di tutto il mondo potessero veramente unirsi. E allora qual’era lo scopo del cartello? Secondo Havel si trattava di una dichiarazione di conformismo; esibendo quel cartello, il verduriere dichiarava di non voler problemi, il che rispondeva all’umano e piu’ comune desiderio di evitare il confronto con gli altri, tanto piu’ che quella manifestazione di conformismo era esattamente cio’ che le autorita’ del suo Paese si attendevano.  

Il cartello del verduriere Ceco fa riflettere sul significato del vivere nella menzogna e su come la disonesta’ intellettuale collegata ad una passiva accondiscendenza alla fine arrivi a corrompere tutti gli aspetti della vita, tanto degli individui quanto delle collettivita’. La retorica politica viene costruita mettendo insieme in modo reiterato delle frasi che hanno smesso di essere collegate al loro genuino significato letterale; ma l’abuso del linguaggio retorico alla fine riveste un ruolo determinante nell’abuso della politica e nella corruzione.

 Nel nostro Paese, nessun commerciante si sognerebbe di appendere nel suo negozio cartelli con slogans che richiamano all’unita’ dei lavoratori di tutto il mondo. Cio’ nonostante, spesso assistiamo a simili esibizioni nei locali di prima accoglienza di certe aziende, e da un po’ di tempo anche  all’interno di molti uffici pubblici, dove cartelli bene in vista recanti ogni tipo di slogan  mirano ad incitare il personale e a persuadere i clienti. Quei dipendenti che accettano di mettere tali esortazioni in bella vista nei loro ambienti di lavoro, lo fanno con la stesso spirito di rassegnazione del verduriere Ceco, e la comunicazione aziendale alla fine diventa analoga ai discorsi rivolti al congresso di un partito, in cui spesso degli stanchi clichés, intercalati solo da applausi di lecchinaggio, si susseguono noiosamente.

 Anche se storicamente il linguaggio della politica e’ stato quello piu’ adulterato, nel dopoguerra il business e la finanza hanno fatto di tutto per soppiantare la politica quale principale agorà della vuota retorica. Soltanto piu’ di recente, secondo una precisa inversione di tendenza, i governi hanno iniziato a reimportare quello stile dal settore privato, e cosi’ molti dei loro documenti ufficiali, che un tempo si sarebbero limitati ad illustrare i fatti e le politiche conseguenti, oggi sono sempre piu’ simili  alle relazioni annuali delle grandi aziende, pieni di tronfio auto-compiacimento e di statistiche presentate in modo tendenzioso.

Da parte nostra possiamo anche scherzarci sopra, ma queste noiose espressioni non sono innocue, perche’ il reale obiettivo dell’accondiscendente sproloquio emesso da certi politici e imprenditori e’ quello di spiazzare il ragionamento. La discussione impegnata viene cosi’ sostituita da quella che un leggendario imprenditore americano ha lucidamente definito come “congenialita’ superficiale”, attraverso la quale “ ... si raggiunge un eufemistico consenso di pura apparenza evitando le questioni di sostanza ed usando degli slogans al posto delle analisi”.

Naturalmente, l’opposto della congenialita’ superficiale consiste nell’affrontare la realta’ per quella che essa e’, anziche’ per quella che si vorrebbe che fosse. Una pericolosa conseguenza del tacito conformismo insito nella congenialita’ superficiale e’ quella di aiutare a difendere una posizione di potere che sarebbe altrimenti indifendibile: in altre parole, quella di favorire il tentativo di alcuni di legittimare l’autorita’ da essi rivestita  sulla base del fatto stesso di occupare quella determinata posizione di autorita’ –  qualcosa del tipo “ho diritto a ricoprire questa posizione perche’ la occupo”, che equivale a celebrare la morte dell’autorevolezza e la risurrezione dell’autoritarismo.  

 Poiche’ non affronta la realta’, il vivere nella menzogna e’ il processo che inevitabilmente conduce  le persone singole e le collettivita’ a cadere in errori catastrofici, e che poi li costringe a negarli anche quando le conseguenze diventano macroscopiche. L’auto-inganno che ci si impone quando si inizia a vivere nella menzogna e si dimentica il vero significato delle parole e delle entita’ che esse genuinamente rappresentano, puo’ spiegare, per esempio, il modo in cui e’ iniziata l’attuale crisi finanziaria, originata dall’emissione di un’enorme quantita’ di strumenti finanziari derivati le cui attivita’ soggiacenti erano costituite da obbligazioni di pagamento garantite da valutazioni immobiliari cosi’ stravaganti da risultare non credibili neppure a coloro che le applicavano, oppure piu’ semplicemente il modo in cui gli americani sono rimasti impantanati in Iraq.

 Il verduriere Ceco dell’epoca sovietica, e come lui milioni di nostri contemporanei, con la loro patetica accondiscendenza a piccoli inganni verbali quotidiani non fanno che perpetrare un immenso male a se’ stessi ed alle collettivita’ a cui essi appartengono. La disonesta’ di parola porta rapidamente al comportamento disonesto, perche’ alla fine il linguaggio che si usa governa tutto quello che si fa. Per riferire un esempio di attualita’, parafrasando di questi tempi il cartello del verduriere Ceco con parole inaffidabili quanto quelle originali, esso potrebbe recitare “Fannulloni di tutto il mondo,  schermitevi!”.

Angelo Gallina