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 Lettera-risposta (documentata) sulla Margonara di un leghista-imprenditore

<Non lasciamo il futuro ai marxisti,
Astengo cosa sa di porti e cantieristica?>

<Sfruttamento della portualità e attività collaterali creano ricchezza, lavoro. Con laureati in filosofia e lettere, disoccupati  o precari a vita. La vergogna dei porticcioli bloccati. I nostri goielli: da Mondo Marine, a Baglietto, a Eurocraft>

    di Silvio Rossi*



Silvio Rossi

Savona - “Il ridicolo (mi si consenta appellarlo a questo modo) porto della Margonara, che soltanto imprenditori retrogradi possono pensare di realizzare, completamente al di fuori – tra l'altro – dalle rotte di traffico reale della marineria da diporto che conta.”…

Parto da questa frase  scritta su Trucioli Savonesi dall’amico Franco Astengo per domandargli: ma che cosa sa lui di diporto professionale per fare affermazioni così nette e perentorie?

Quando si fanno delle si fatte affermazioni, occorrerebbe anche avere una base razionale o perlomeno documentarsi  per sostenere  ciò che si dice.

Io opero nel settore da trent’anni , frequento boat-show e marine in tutto il mondo e credo di avere  anche portato dei  dati inconfutabili, ma chi anche  non si documenta,  preferendo passare il suo tempo a leggere Marx  (che è anche una cosa interessante, per carità, l’ho fatto anch’io a suo tempo ). Chi pontifica a cuor leggero, si è mai accorto che esistono a Savona due cantieri da megayachts,  più il prestigioso Cantiere BagliettoVarazze che sfornano ogni anno barche tecnologicamente avanzate, che onorano il nome della nostra città in tutto il mondo?

Lo sa che un megayacht di 40 metri (quelli costruiti da Mondo Marine  a Savona o da Eurocraft a Vado o da Baglietto a Varazze )  hanno costi di gestione pari a 2 milioni di euro l’anno e che i costi di gestione non sono il costo delle aragoste o dei fiori in Sardegna o in Croazia , spesi nella crociera estiva, ma sono il costo dei  lavori di manutenzione e di mantenimento invernale fatti per lo più a Viareggio, Genova, La Spezia, Tolone, Marsiglia,  Barcellona,  per non citare i porti del nord Europa, dove accanto ai cantieri vi sono delle moderne  e belle marine?

Lo sa che gli impianti di bordo sui megayachts sono ultra sofisticati, perché chi compra una nave del genere non bada a spese, per cui i nostri cantieri navali sono veri presidi produttivi di alta tecnologia e che i nostri cantieri non hanno rivali al mondo?

Lo sa che dove esistono i presidi industriali si creano attorno una serie di attività indotte a catena per supportare la produzione primaria e nel caso di produzione di gioielli di questo tipo, la tecnologia è avveniristica, altamente innovativa e tecnologicamente avanzata, per cui la ricerca è  il fondamento del successo?

Lo sa che l’Italia è la prima produttrice al mondo di questi prestigiosi  gioielli e che da sola produce circa la metà dell’intera produzione mondiale superando paesi come gli Usa, il Regno Unito, paesi di tradizioni cantieristiche antiche?

Lo sa che spesso non si riesce a vendere le imbarcazioni perché non vi sono i posti barca?…milioni di ore di lavoro perdute perché tanti parlano a vanvera e riescono  spesso purtroppo a convincere le amministrazioni a bloccare la costruzione delle marine?

Lo sa che la Liguria ha una configurazione tale che mal si adatta a qualsiasi tipo di industria, che non sia quella legata al mare e che le nostre fortune economiche sono per lo più derivanti dallo sfruttamento della portualità e di tutte le attività collaterali?

Lo sa che gli armatori di questo settore di nicchia non badano a spese anche  nella scelta degli equipaggi, per cui devono essere altamente professionali e noi abbiamo un Istituto Nautico che è stato addirittura cacciato dalla storica sede per far posto al liceo classico, per produrre laureati in filosofia e storia antica o lettere,  per creare cioè  disoccupati o precari cronici?

Lo sa che, con  tutto rispetto ai laureati in lettere o storia antica,  mentre attualmente non vi sono sbocchi per si fatti  professioni, se non a carico della spesa pubblica  (la riforma Gelmini insegna), al contrario il mercato del grande diporto ha fame di professionalità e di marinai e i soldi arrivano dall’esterno……e sono soldi veri, per di più petrodollari?

Lo sa che statistiche ufficiali illustrano che in generale  il numero di persone imbarcate sui panfili professionali sono per il 38,3%  da 4 a 6 ; per il 32% da 1 a 3 ; per 18,4% da 7 a 9 ; per 7,1% da 10 a 12 ; 4,2% più di 13. e  che ogni persona a bordo crea automaticamente altri occupati a terra come ristoratori, dentisti, oculisti, negozianti, avvocati,  bancari, ecc.  e a catena, dipendenti pubblici , grazie alle tasse dei primi  e degli altri segmenti  della catena?

Volendo potrei  portare ulteriori infiniti motivi economici  o anche differenziare i dati  occupazionali per  le varie lunghezze di imbarcazioni, ma ciò lo faranno certamente quegli “imprenditori, “definiti “, retrogradi” che cacciano i  loro soldi non  certamente per rimetterci, ma che li cacciano fuori. (si parla di 160 milioni di Euro)

Quasi sempre qui in Padania (al contrario di certi “prenditori” collaterali a certe sinistre” tipo Napoli tanto pere fare un esempio ) gli imprenditori investono i propri danari, mentre chi pontifica  e pensa  che lo Stato debba pensare a fare tutto, dimentica che la Liguria non appartiene al Regno delle due Sicilie, e i veri liguri non vogliono assistenzialismo, oltretutto proprio in questo momento in cui siamo proprio arrivati  veramente al fondo del barile. (Se qualcheduno non se n’è accorto!)

Condivido pienamente, invece, l’auspicio nell’articolo di Franco:

< Un progetto che restituisca a Savona un ruolo attrattivo sulle cose che contano come la cultura, l’intelligenza produttiva, lo sviluppo>.

Faccio presente, tuttavia, che le intelligenze produttive e lo sviluppo  cercano città e aree “friendly”……temo se qualche imprenditore di  buona volontà leggesse certi articoli su “Uomini Liberi” o su “Trucioli Savonesi”  starebbe  ben distante dal nostro territorio, considerando l’atmosfera niente affatto accogliente.

Ci rimarrebbe solo il tuffatore straniero (dell’Associazione Margonara viva) a consolarci, con il suo sacco a pelo, ovviamente “made in China”,  e naturalmente … l’incontaminata  e famosissima  “alga “unicum”…

*Silvio Rossi  Consigliere V Circoscrizione- LEGA NORD

 

Risponde la redazione di Trucioli Savonesi e Uomini Liberi.

 

Interventi come quello di Silvio Rossi, in parte documentati, “ragionati”, duri, ma educati, condivisibili o meno, sono utili alla comunità, al civile confronto. Contribuiscono alla conoscenza dei problemi, alla completezza di informazione. Ben vengano! Ognuno trarrà conseguenze, valutazioni. Potrà farsi un libero convincimento.

Franco Astengo, al quale rinnoviamo stima per la cristallina onestà intellettuale, da parte sua, potrà controbattere.

Vogliamo chiarire che Trucioli Savonesi e Uomini Liberi, dove operano solo volontari, non hanno ruoli di spaventapasseri, di guardiani del faro. Semmai ospitano  tutte le opinioni. Senza parteggiare e senza interessi inconfessabili da tutelare, promuovere, sponsorizzare, patteggiare.

Con chiarezza e trasparenza, a scanso di equivoci, non stanno dalla parte di chi si sforza di magnificare i “miracoli” (tutti da dimostrare nel passato, presente e futuro) della moltiplicazione dei porticcioli turistici nella nostra Riviera, della Liguria.

Condividiamo il pensiero strategico (la cultura del fare) di Giulia Maria Crespi, già proprietaria del Corriere della Sera, apprezzata presidente del Fai, movimento che non risulta annoveri “talebani” per ogni stagione. L’aristocratica Crespi, dalle pagine di molti giornali di destra e di sinistra, va ripetendo l’utilità dei porticcioli, ma senza “predicare” smaccate bugie, senza chiudere occhi ed orecchie. Non enfatizza campagne “pro cemento nei porti” con benefici a pioggia, a cascata e mai documentati.

Parliamo della provincia di Savona? I fallimenti a catena di attività commerciali e di pubblici esercizi nell’ambito delle stesse strutture portuali da anni esistenti sono scritte nelle carte dei tribunali. Tragica esperienza di chi è rimasto scottato, si è rovinato, ha perso i risparmi di una vita. I porti possono essere utili, utilissimi, purchè non si spaccino come toccasana per i nostri malanni.

E ancora, come spiegare l’assenza di nuove iniziative alberghiere laddove i porticcioli esistono o sono in corso ampliamenti, progetti e megaprogetti? E che dire di nuovi porti, avanti tutta, purchè “benedetti” da altre seconde case, magari in aree demaniali, dunque pubbliche. E i promessi alberghi tradizionali, quelli veri, strada facendo, che perdono pezzi, per trasformarsi in “ridenti borghi marinari”, “borghi fioriti”, “borghi saraceni”. A prezzi imbattibili!

Ad Andora, per fare un esempio, il porto ha creato un ottimo volano per la cittadina, in particolare artigiani, ma il progetto d’albergo tradizionale, dopo gli immancabili annunci trionfalistici della prima ora, è in dubbio. Si parla di un RTA o forse di un misto. Cosa significa?

Nel porto di Alassio, anziché un albergo si è creata una discoteca per la gioia e la tranquillità dei proprietari di yacht, panfili. Entusiasti! Al punto che una soluzione analoga l’ha copiata il sindaco-contadino di Ceriale, per il nuovo porto ai confini con Borghetto. Il passaparola? Con porto e discoteca attigua rilanciamo il turismo morente di Ceriale, il commercio che langue, l’industria alberghiera rimasta senza alberghi, nonostante milioni di metri cubi riversati nelle aree agricole ad opera di tanti benefattori del bene comune.


Salvatore Ligresti

A Loano l’ampia zona alberghiera davanti al maxiporto è in viaggio da oltre 12-13 anni ed il sindaco minaccia espropri ai proprietari (timorosi) di aree. Poco importa se la sua famiglia ha venduto ad un imprenditore edile della città i muri dell’albergo  Miramare, 38 camere, sul lungomare, trasformato in alloggi, monolocali e bilocali, negozi, a 200 metri dal nuovo porto “formato Ligresti” (e 80 anni di concessione).

Nella Costa Azzurra i porti turistici sono “esauriti”, ma ci sono località dove a terra si sono susseguiti veri e propri disastri da investimento. Con fallimenti clamorosi a catena, che si susseguono da anni. Un caso, per tutti.

A Marina-Baie-des Anges (Villeneuve-Loubet) è sorto addirittura un moderno centro termale (acqua di mare) che doveva dare lavoro ad un centinaio di persone. Aperto e chiuso, ora in abbandono. E chi era stato indotto ad investire ha perso tutto. Italiani compresi.

Diverso il discorso della cantieristica che, come sostiene  Silvio Rossi, è fonte importante e strategica del “made in Italy”, va incentivata, agevolata, messa nelle migliori condizioni strutturali ed imprenditoriali. Non fa una grinza neppure il suo richiamo al vergognoso sfratto riservato al “Nautico” di Savona, alle potenzialità e alle opportunità degli studenti. La “follia” di una preside ha prevalso, per la legge italiana, anche di fronte a ricorsi al Tar.

Torniamo agli “approdi” a mare. Da qui a promuovere il messaggio che una Riviera distrutta turisticamente nel suo tessuto (in senso qualitativo) da migliaia di seconde case, qualcuno ha coniato il termine di “loculi”, affittati a posti letto (che conquista!), carenti di infrastrutture e servizi, con una viabilità dell’anteguerra, con una stagione estiva sempre più corta, con week-end da mordi e fuggi, possa trovare la panacea nel boom di porticcioli in ogni località rivierasca ce ne passa. E’ una menzogna gratuita, se pronunciata in buona fede. Dolosa se si parla con dati alla mano.

A questa storiella “credono” ormai solo gli “addetti ai lavori”: progettisti, professionisti, consulenti, imprese di scavi, di movimento terra e costruzioni, fornitori ed appaltatori, subappaltatori, agenzie di mediazione, politici al potere vicini e trasversali agli affari, alle lobby bancarie che finanziano e speculano.

Nel contesto urbano che tutti conosciamo, sono davvero necessari tutti i nuovi porticcioli di Margonara, Vado Ligure, Spotorno-Noli, Pietra Ligure, Borghetto ( quasi ultimato), Ceriale, Albenga, Laigueglia.  Che vanno ad aggiungersi agli esistenti di Varazze, Savona, Finale, Loano, Alassio, Andora. Senza contare quei della provincia di Imperia (sei, forse sette), in fase di costruzione o ampliamento.

Altro aspetto. Non sorge il dubbio che una grande barriera di cemento a mare, tra Andora e Varazze, destinata a prendere il posto della barriera corallina, non finirà per creare problemi di qualità e ricambio delle acque, di sopravvivenza degli arenili già “violentati” da anni, per questo bisognosi di continue iniezioni di sabbia pagata dai contribuenti e dai Bagni Marini? Con richieste incessanti di nuove opere di “protezione” e tante “ricette” diverse.

Quel mare e quella spiaggia che sono lì da secoli, come documentano vecchie immagini, testi storici e improvvisamente impazziscono, dimagriscono. Pronta la cura da cavallo: giù porti, moli, moletti, isole, dighe soffolte, barriere sommerse e non, salsicciotti ultima generazione, ripascimenti annuali. Fingendo di ignorare le violenze alla natura, ad iniziare dall’apporto dei torrenti e corsi d’acqua, al disboscamento da incendi.

Da una parte si cementifica, dall’altra si spende per riparare i “danni”, i guasti dell’uomo, della sua ingordigia di denaro, di un consumismo sfrenato senza regole e senza morale.

Di porticcioli si può vivere e progredire, ben vengano, ma di “sbornia”, di “indigestione” di porticcioli e violenze al nostro mare si può morire.

Porticcioli, inoltre, che finiscono, a volte, per essere “piccole cattedrali” nel deserto, senza un “dopo porto”, come accade già per la mancanza del “dopo albergo”. E la clientela finisce per scegliere altri lidi. Poi si grida alla crisi del turismo, si spara nel mucchio.

Lo sviluppo irrazionale provocato dall’uomo, dal suo egoismo, dal non preoccuparsi delle future generazioni, ha già distrutto l’habitat marino, le praterie, impoverito la pesca ed il patrimonio ittico, per anni vanto e richiamo di molte località della Riviera. Chi dimentica i pescatori, le loro reti sul lungomare delle cittadine, “spettacolo” graditissimo per tanti ospiti, ad iniziare dagli stranieri.

E ancora, il degrado del territorio che i nostri avi avevano conservato, tutelato per secoli, con migliaia e migliaia di muretti a secco, è sotto i nostri occhi.

Tutto dimenticato, come i pesci del nostro mare. Oggi vengono prodotti nelle gabbie artificiali posate in mare, ma a base di mangime e cure preventive chimiche.

Come pare vada di moda un cocktail  al gusto di “mazzette & bustarelle” che aprono porte semichiuse e, a volte, servono per la “cura del consenso”. A servirli sono barman e sommelier di ultima generazione. Ci faranno tutti più ricchi e felici?

L.Cor.