TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni


Cosa c’è dietro la serie di annunci ed il silenzio ufficiale delle parti in causa

Un regista trama,

affossare Ruffino presidente

Retroscena di uno striscione e lettera di chiarimenti pubblicata da La Stampa

di Luciano Corrado

 

Savona-  Chi “mastica politica” sa bene che quando si vuole bruciare un candidato o un’operazione di potere, il mezzo più subdolo è fare sortite ai quattro venti, pur in assenza di fonti ed occasionali ufficiali che escano allo scoperto. La regia è additare il personaggio che avanza, ottiene consensi, virtuali. Magari senza una parola dell’interessato. E di chi lo dovrebbe pubblicamente sostenere.

Una vicenda che calza a pennello con la tormentata toto-nomina del futuro candidato alle elezioni di Presidente della Provincia di Savona, in programma la prossima primavera, unitamente alle Europee e al parlamentino di 47 comuni savonesi su un totale di 69.

Si continua a sbandierare, a scrivere (ultimo esempio La Stampa a 4 colonne): <Anche Fabio Ruffino fra i papabili del Pdl- I dirigenti di Forza Italia hanno preso contatti con l’avvocato>.  Non si dice chi è stato l’autore del “contatto”, quali i risultati. Come è accaduto per altri due articoli apparsi sempre su La Stampa e uno o due citazioni su Il Secolo XIX.

Fabio Ruffino è uno stimato avvocato, figlio dell’ex senatore e big savonese dello scudo crociato, Giancarlo. Al senatore Ruffino fu anche affidata per un certo periodo la delega ai “servizi di sicurezza” (i nostri servizi segreti). Fabio, classe 1942, non ama fare la primadonna, è sempre rimasto defilato e nessuno ha messo in discussione un’integrità pubblica a prova di bomba. Ha saputo mettersi in disparte e restare fuori dalle mischie, dai campioni delle polemiche. Lo studio professionale che gestisce col fratello minore non è etichettato per appartenenza a lobby o a “confraternite varie”. Non è per fortuna l’unico.

Piccolo retroscena. Giovedì 17 aprile 2008, sulle pagine de La Stampa, la rubrica “La parola ai lettori “ ha ospitato (vedi….) una lettera molto stringata, asciutta, ma significativa, del tipo: non tirateci per la giacca. Il titolino: <Lo striscione e lo studio Ruffino>.

Un passo indietro nello scenario. Lo stato maggiore di Forza Italia, ad iniziare dal “capo indiscusso” Claudio Scjaola, attraverso il luogotenente savonese prediletto e più fidato, Angelo Vaccarezza, coordinatore provinciale del Partito, sindaco capopopolo a Loano, aveva sbandierato per mesi che il futuro presidente non avrebbe dovuto uscire dal cilindro all’ultimo momento. Occorreva una buona e concertata preparazione in perfetto stile politichese. E’ cambiato tutto.

Per farla in breve c’è stato lo scontro, a suon di articoli di stampa, con il “declassato”, avvocato Enrico Nan, che a benservito delle sue quattro legislature in Parlamento, nonostante non sia ancora aggregata alla “terza età”,  nonostante il lungo lavoro sul territorio, si è trovato la strada sbarrata ad una presidenza che l’interessato, con ogni probabilità, considerava acquisita, forte dell’esperienza, della conoscenza del territorio, del “forziere morale” (mai sfiorato da inchieste). Una ricompensa, insomma.

Ma con un (imperdonabile?) “punto debole”: non faceva parte della corte della famiglia e del gruppo Scajola.  Tre fratelli: uno ministro, un altro ex deputato Dc, vice presidente silenzioso della potentissima Carige-Carisa, un terzo direttore della Camera di Commercio di Savona e tra le nuove generazioni un assessore in Comune ad Imperia.

Gli “Scajola dinasty”, da fedelissimi tavianei, come documenta in modo impeccabile il libro “Oltre l’Orizzonte- dal passato al futuro nell’avventura politica di Claudio Scajola”,  a punto di riferimento delle truppe di Berlusconi in Liguria.

Paolo Emilio Taviani, uno dei padri della Patria e della democrazia cristiana, morto senza ricchezze e senza ville, nonostante lunghi anni di potere, aveva assistito alla migrazione di molti fedelissimi alla corte berlusconiana.

Un dispiacere ebbe a confessare lo stesso Taviani, in una delle sue ultime comparse in quel di Loano, al Grand Hotel Garden Lido, dove erano radunati una trentina di democristiani savonesi della prima ora. C’è l’elenco dei partecipanti.

Quella sera. Prima di una frugale cena riservata a pochi commensali, il più volte ministro  degli Interni, della Difesa, delle Finanze, dell’Economia, dell’Agricoltura, Paolo Emilio Taviani, che se ne andò portandosi dietro alcuni segreti della storia italiana (non a caso 24 ore dopo la sua morte un magistrato fece perquisire l’abitazione), fece alcune pubbliche confidenze sulla scelte di campo degli Scajola. E sui “poteri forti” in Italia. 

Il tempo cancella, il trasformismo ed i cambi di casacca, non sono di per se uno scandalo. Cambiare idea per etica e convinzione è nella natura delle cose, degli uomini, dei tempi.

Torniamo alla candidatura. Allo scranno della presidenza della Provincia (ente che per Berlusconi, Fini, Veltroni, Casini, la Confindustria, tanto per citarne alcuni, deve essere abolito) sembrava ormai destinato Angelo Vaccarezza, pure lui di origini scudocrociate, gioventù a destra.  Una lunga permanenza (da 20 anni, sia in Provincia, sia in Comune). Un veterano e politica come unica professione.

Un battagliero della partitocrazia, esperto in annunci, in rapporti col potere che conta, una buona stoffa da presidente-partito prima di tutto. Non importa se Loano, città che  amministra da anni, presenta profonde ferite sul piano ambientale, senza un’economia sana o drogata (vedi seconde case e moria di alberghi, di posti di lavoro,  assenza culturale, bilancio comunale sempre sulle ali di ingenti oneri di urbanizzazione), priva di infrastrutture indispensabili e contestuali allo sviluppo urbano, alla qualità della vita e della salute.

Tanto per citare esempi concreti siamo lontani anni luce da Merano votata al turismo, ma sempre più città “completa” grazie al terziario.

Il tanto sbandierato “maxiporto Ligresti” sembra destinato a trasformarsi in una cattedrale nel deserto, anche per assoluta mancanza di un masterplan operativo che delinei il futuro della città con i dati della ragione, della logica economica, non dei sogni nel cassetto. Per questo avrebbe una spiegazione il flop di una vasta zona alberghiera che da 12 anni attende il decollo, tra annunci e minacce di espropri.

Sulle capacità dimostrate da Angelo Vaccarezza non hanno invece dubbi i consiglieri provinciali del Pdl che il 6 dicembre scorso, con un comunicato scritto hanno sostenuto: <Angelo Vaccarezza ha un vissuto politico primario e risulta essere uno dei migliori sindaci della Liguria (neppure della sola provincia di Savona ndr) per efficienza, presenza ed esperienza>.

Sarebbe utile, come avviene per le aziende, indicare un curriculum con obiettivi e risultati conseguiti. Magari gli scettici possono ricredersi. Le promozioni generiche e senza pezze giustificative restano parole vuote.

L’impegno profuso  da Vaccarezza nel partito, pare indiscutibile. Come l’appoggio della “buona stampa”, può vantare più foto lui apparse su Il Secolo XIX, che lo stesso primo cittadino di Savona.

E’ persino capitato che il sindaco di Loano abbia disertato il consiglio comunale della sua città, di cui è stato chiamato a rappresentare tutti i cittadini, con la giustificazione ufficiale, come da verbale di “seduta” <… inderogabili impegni di partito>.

In altri tempi, con altre culture politiche in disuso, prima venivano gli interessi delle comunità che si rappresenta e che paghe le tasse, poi gli impegni di partito.

Sta di fatto che Vaccarezza presidente dovranno sceglierlo gli elettori savonesi.

Dopo i deludenti 15 anni di centro-sinistra e gli ultimi “capolavori” dell’ex Pci, poi “Margherita”-Popolari, Marco Bertolotto, un cambio appare salutare. Serve prima di tutto alla democrazia italiana, cosi avara di alternanza e di ricambio, di giovani leve, di donne impegnate.

A prescindere dalle etichette, Vaccarezza a Loano ha portato la tassazione comunale alle vette della Provincia, non ha risolto i nodi strutturali e ha mancato alla promessa (campagna elettorale al cinema Loanese) del “basta seconde case”, <abbiamo già troppi loculi>.  Saprà trasformarsi in ottimo successore di Bertolotto? Risolvere finalmente i nodi dell’inceneritore e discariche, Aurelia-bis, rilancio delle aree industriali e dell’artigianato, tenace politica a tutela del territorio, dell’entroterra, dell’agricoltura che rischia la fine dell’industria e del turismo. Assediata dal cemento e dai prezzi speculativi delle aree.

Un Vaccarezza-rivelazione e all’insegna della meritocrazia sarebbe la manna dal cielo. Ed i detrattori dovranno mettersi il cuore in pace.

Luciano Corrado