TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni


Un servizio di Piero Ottone su “Venerdì” di Repubblica porta alla ribalta…

Lo specchio della Riviera e del turismo?

Cercatelo nelle toilette e nelle “divise”

Ormai in disuso un indice importante del livello civile e della professionalità

  

Uno dei grandi maestri in attività del giornalismo italiano Piero Ottone (per l’anagrafe Pier Leone Mignanego, nato a Genova Sampierdarena il 3 agosto 1924) ha scritto di recente sul “Venerdì” di Repubblica un articolo che calza a pennello con una diffusa realtà – peraltro sistematicamente ignorata dai media – della nostra Riviera.

Ottone è stato tra i direttori del Corriere della Sera e de Il Secolo XIX, negli anni di maggiore diffusione e di vitalità giornalistica. Il direttore che, tra i primi, iniziò a preoccuparsi dei “danni da cemento selvaggio” in Riviera (esordì nell’inverno 1970 con Alassio), mettendo il dito su una piaga, poi trasformatasi in una grande metastasi sociale ed ambientale.

Ottone poteva aggiungere un secondo aspetto nel suo racconto-analisi, ma lo spazio della rubrica non è elastico. Ricordare in quali condizioni di abbigliamento, decoro, si trova chi sta dietro il banco a servire, oppure serve a tavola nei locali pubblici.

Una questione, per completezza di informazione, che già negli anni novanta, aveva sollevato Pasquale Balzola, quale presidente dei pubblici esercizi alassini. Ora ai vertici provinciali. Un nome storico nella gloriosa belle epoque alassina.

Il tema d’attualita: un locale pubblico degno di questo nome, sia al mare, in una località di villeggiatura, sia in montagna, in una città grande e piccola, non devo ignorare sistematicamente il decoro di chi serve il cliente.

Non c’entra la categoria, la classe, è soprattutto questione di immagine e se volete di sostanza professionale.

Fatevi un giro nelle nostre località, dai locali sul mare a quelli dell’entroterra, e il “decoro” della persona è ormai una vera e propria mosca bianca. Si va dai maglioni ai superscollati. Fino agli “impresentabili” nel vero senso della parola.

 Non succede così in tutte le regioni d’Italia, non succede, ad esempio, in quelle zone turistiche dell’Alto Adige che non conosce crisi di alberghi e di presenze soprattutto straniere, dove il “decoro personale” è addirittura esaltato da un abbigliamento caratteristico della storia locale, delle tradizioni.

E a visitatori fa piacere, è sinonimo di impegno, di rispetto verso il cliente, di amore verso il proprio lavoro, di professionalità messa in pratica, anziché annunciata, predicata, ma disattesa.

Piero Ottone, spesso opinionista dalle pagine del Lavoro-Repubblica di Genova-Liguria, potrebbe spronare il giornale a programmare tra le inchieste degli inviati-speciali un “viaggio-cronaca” sulle condizioni delle toilette in ristoranti-pizzerie-bar della Riviera Ligure, a ponente soprattutto. Potrebbe consigliare ad uno dei tanti bravi cronisti di descrivere, da clienti al tavolo, cosa accade nel mondo degli addetti ai lavori. L’abbigliamento, il tipo di abbigliamento, l’igiene messa in atto nel servizio, nella preparazione. Quanti sono i locali che meriterebbero una solenne bocciatura, le telecamere dietro il banco, al tavolo. Sempre peggio, in violazione perfino agli obblighi di norme che impongono, ad esempio, la “protezione” dei capelli. L’uso dei guanti nella confezioni di panini e toast, tramezzini. La miscela cassa-denaro, manipolazioni alimenti. Discorso a parte per panetterie ed alimentari.

Tutti osservano, qualcuno brontola, ormai sé è fatto l’abitudine.

Scrive Ottone: <Un cinese di ricca famiglia raccontava nelle sue memorie che approdò negli Stati Uniti, coi genitori, …e scoprì le meraviglie di quel grande Paese, le buone scuole, le borse di studio, l’ospitalità, oltre ai meravigliosi hamburger e ai variopinti frappès….Ma si prova un certo stupore quando si apprende che fecero colpo su quel ragazzo che non aveva ancora dieci anni,  anche i gabinetti. Le latrine come conquista  del mondo occidentale: chi se lo sarebbe aspettato? In Cina, anche nelle ville lussuose di ricchi proprietari terrieri, i gabinetti, racconta il nostro personaggio (che diventerà poi l’interprete di Mao ed in seguito ambasciatore a Londra), erano miseri buchi sui quali si stava accovacciati. In America, dice lui, sembravano troni. Degli impianti igienici – riporta ancora l’articolo di Piero Ottone – si parla e si scrive di rado: eppure sono anch’essi, un indice importante del livello civile. Chi viaggia nel mondo fa scoperte  curiose…..>.

Ottone racconta, da studioso e ex inviato speciale cosa trovò in Siberia, ad Akmolinsk , una città di 80 mila abitanti in cui un unico albergo disponeva solo di una primitiva baracca in fondo al cortile, anche in quel caso con una serie di buchi, nonostante l’inverno e la temperatura sotto zero….

Ottone conclude: <E l’Italia?Mi sembra che ci siano stati grandi progressi nei locali pubblici: ristoranti, trattorie, bar. Si avevano brutte sorprese fino ad un passato recente: Ora non più….Si racconta che Enrico Mattei (storico patron dell’Eni anni cinquanta ndr) controllava le condizioni dei gabinetti quando capitava in una stazione di servizio Agip in autostrada. Ma purtroppo Mattei non c’è più>.

Forse è il caso di aggiungere che non ci sono Mattei, da anni, che controllano i locali pubblici  delle nostre riviere turistiche, votate all’accoglienza, all’ospitalità, all’immagine. Non c’è etica neppure nell’abbigliamento del personale, con rare lodevolissime eccezioni. Peraltro ignorate.

Ormai tutto immolato sull’altare del permissivismo, che alla lunga si traduce in autolesionismo e decadenza. Chi ne parla sembra un marziano, un uomo fuori dai tempi. Con tutto quel che succede, a chi interessano ancora lo stato dei servizi igienici e l’abbigliamento di baristi, camerieri, cuochi?

L.Cor.