TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni


INVOLUZIONE TERMINALE E DESTINI COLONIALI
 
 
L’Italia rinata da mani pulite è più illegale di quella di prima. 
Il sentimento popolare di fiducia verso la giustizia italiana è 
sceso molto in basso rispetto ai picchi del ‘92, anche grazie agli 
ultimi chiari di luna calabro-campani. Ora forse recupera un poco a 
spese del partito delle mani pulite, o della sua continuazione 
metamorfica e metonomastica. Dopo aver per anni mutato forme e nomi 
per sfuggire alla incalzante crisi interna seguita al crollo del suo 
fondamento teoretico (il modello comunista), nella sua attuale e 
forse terminale agonia, questo partito si manifesta a se stesso e 
all’esterno come svuotato di presa e propulsione etica e politica, 
ridotto a una galassia di potentati affaristici locali (i comitati 
d’ affari) che hanno un solido dominio sul governo e sulla spesa 
pubblica (appalti, servizi, assunzioni, sovvenzioni) di ampie aree 
del Paese (soprattutto Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Liguria, 
Napoli) nelle quali imprenditori e cittadini, se vogliono lavorare, 
devono sottomettersi non certo al partito, ma a questi potentati, e 
dare loro ciò che essi richiedono. Questi potentati sono localmente 
autosufficienti rispetto agli organi centrali del partito (che non 
hanno più la vecchia presa ideologica sul paese), quindi non 
accettano da essi richieste di dimissioni od ordini contrari ai loro 
interessi e alla loro stessa sopravvivenza (rinunciare al loro metodo 

comporterebbe la loro morte per inedia). Tanto più che la direzione

centrale del partito ha malamente perso le ultime elezioni politiche 
e non dà speranza di recupero ma continua a perdere colpo su colpo.
La logica aziendale, in una tale situazione, induce obiettivamente i 
capi locali a concentrarsi sulla difesa dei loro dominii (anche 
ricorrendo ad alleanze inusuali, non escluse le più rischiose) e sul 
loro sfruttamento economico, fintantoché dura. E i partiti, 
soprattutto oggi, sono a tutti gli effetti aziende: sono proprietà 
delle loro segreterie e del parentado dei segretari, che nominano, 
spesso a pagamento, i candidati a fare i “rappresentanti del 
popolo” (liste elettorali bloccate), sono condizionati dalle banche 
e dai gruppi finanziari che li mantengono operativi attraverso il 
finanziamento continuo (compresa la pubblicità sui giornali di 
partito e collegati), hanno un oggetto sociale che è la captazione e 
la ‘gestione’ di una parte quanto più possibile ampia sia della 
spesa pubblica e del potere, sia  dei 50 miliardi di Euro costituenti 
il giro annuo stimato delle tangenti in Italia. Un partito che non 
applichi la logica aziendale non può che languire e rimanere 
‘fuori’ – come avviene al Partito Radicale. La Confpartiti 
(associazione trasversale dei partiti-azienda) ha annullato subito la 
volontà popolare espressa dal referendum per l’abolizione del 
finanziamento pubblico ai partiti. In Italia, soprattutto al Sud, lo 
schema di produzione di consenso-potere attraverso l’illegalità è 
endemico, come dimostra il fatto che, quando c’erano le preferenze 
elettorali, i politici più clientelisti erano quelli che ne 
prendevano di più. I politici, in Italia, raccolgono consenso non 
con l’onestà, ma promettendo a quelli che li sostengono e votano 
di farli partecipi del bottino, della spartizione di privilegi. Si 
prende il consenso, ossia la legittimazione democratica, promettendo 
la violazione delle leggi.
Il problema della politica e dello stato non è, quindi, di carattere 
morale, bensì economico. I partiti, i politici, fanno semplicemente 
ciò che è più redditizio per loro. Chi non lo fa, soccombe, e 
rimangono quelli che lo fanno. Sopravvivenza del più forte. Poiché 
la gente comune se ne è accorta, sempre meno crede e segue le 
declamazioni ideali dei partiti e sempre più si adegua alla realtà, 
arrangiandosi, facendosi furba, sfuggendo alle regole (anche fiscali) 
che già non sono rispettate da chi le fa. Ovvio.
Ovvio anche che un organismo sociale in cui la gran parte della 
popolazione si comporta così, perde la capacità di regolarsi e 
diventa inefficiente, non competitivo, perdente. Un organismo è 
vitale se le sue cellule seguono regole di coordinamento. Quando 
gruppi di cellule di un organismo si mettono a fare a modo proprio, 
esse crescono a dismisura (tumore), ma l’organismo deperisce e 
muore. Questo è il percorso evolutivo che oggi sta completando 
l’Italia – ma, non essendo essa un organismo biologico, anziché 
morire viene comperata e rilevata a pezzi dal capitale straniero, 
ossia colonizzata, per poi essere governata e normalizzata 
dall’estero e per interessi esteri tramite politici italiani 
assoldati. Così ha già perso alcuni primari mercati: 
l’automobile, la grande distribuzione, la chimica, l’elettronica, 
buona parte del settore creditizio e della Banca d’Italia, etc. E 
sta perdendo le fonti d’acqua potabile, comperate dal capitale 
privato francese.
 
Dicevamo che il male della politica in Italia è economico, non è 
morale. Data la sua natura strutturale, sistemica, non circoscritta, 
il rimedio non può essere giudiziario. Non possono essere i 
magistrati a risanare la politica. E non tanto perché se 
l’apparato dello stato è corrotto in modo sistemico, allora esso 
è altrettanto corrotto anche nel suo sotto-apparato giudiziario; ma 
soprattutto perché la giustizia (giurisdizione) si può solo 
occupare di casi singoli, e solo dopo che sono avvenuti – non può 
prevenirli, non può rimuovere le cause strutturali e generali 
dell’affarismo criminale della politica. Se una regione è paludosa 
e malarica, ovviamente i singoli malati di malaria vanno curati – e 
questo lo fa il medico. Ma ancora più importante è bonificare le 
paludi in cui prolificano le zanzare della malaria – e questo non 
lo fa la medicina, ma l’ingegneria.
Qual è la palude malarica della politica italiana? E’ quella massa 
di circa 400.000 individui che vivono di parassitismo politico, 
quella massa che non sa fare altro che questo, che controlla la spesa 
pubblica, gli uffici pubblici, i concorsi e gli appalti, le pensioni 
di invalidità vera e falsa. Che blocca il Paese e si perpetua 
immutata, anzi peggiorando e gonfiandosi, generazione dopo 
generazione, legislatura dopo legislatura, impedendo la democrazia e 
guastando la legalità. Che non si riforma e non si riformerà mai 
perché sarebbe contro il suo interesse diretto ed economico. Che 
mantiene il Sud nel sottosviluppo per esigere e intercettare 
l’enorme flusso di denaro che preleva da Lombardia e Veneto col 
pretesto di aiutare quel medesimo Sud e per le spese del governo 
centrale, ampiamente inutili, inefficienti, clientelari.
Il potere giudiziario, per sua natura, quand’anche esente dal male 
generale dello stato, non potrebbe bonificare questa palude malarica. 
Potrebbe invece farlo l’interruzione di quel flusso di denaro. 
Cioè un federalismo vero, non solo fiscale ma pure politico. Un 
federalismo autentico, cioè su base volontaria. Tale da impedire 
alla criminalità organizzata che domina almeno un quarto del Paese, 
della sua economia e dei suoi collegi elettorali, di continuare a 
inviare, da tali collegi, uomini ‘affidabili’ nel parlamento 
nazionale a imporre la mafia come componente implicita e 
numericamente indispensabile per qualsiasi maggioranza legislativa e 
di governo, nonché a gestire i soldi dei contribuenti. Un 
federalismo tale da consentire alle altre regioni, se non riescono a 
porre fine a tale sistema e se non vogliono condividere un futuro di 
colonia, di sganciarsi da quel sistema e da quel futuro, optando per 
l’indipendenza.
 
 
Marco Della Luna                           21 dicembre 2008