TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni Analisi e
proposte dopo le graduatorie pubblicate da Sole-24 Ore e Corriere Con la “fuga dei cervelli”
Savona
calante, arretra Il discorso di fine anno del sindaco ha
dimostrato ritardo culturale e povertà di contenuti. La sorte dei
diplomati Itis? Il ruolo fallito dell’Università. I vipponi Rai e
Mediaset buoni per le copertine. Ridare spazio all’intelligenza
produttiva
di Franco Astengo
Savona -
Due riscontri giornalistici, apparsi proprio in questi ultimi giorni
dell'anno sulle colonne dei più importanti quotidiani nazionali,
chiamano in causa, direttamente o indirettamente, Savona e la sua
provincia.
Il primo si
riferisce alle già citate classifiche sulla “vivibilità” che,
periodicamente, “Il Sole 24 Ore”, giornale della
Confindustria, stila usando diversi parametri relativi alla
situazione economica, culturale, sociale delle diverse province
italiane: Savona arretra, anche quest'anno per la seconda
volta consecutiva, così come, complessivamente, arretra la
Liguria, Imperia esclusa. Il secondo riferimento è relativo ad una inchiesta promossa, proprio oggi ultimo dì del 2008, dall'autorevolissimo “Corriere della Sera” circa il rapporto tra andamento demografico e immigrazione, a livello nazionale: l'Italia cresce, soprattutto per via dell'immigrazione ed emergono, principalmente a livello di grandi città, problemi di “affollamento”, di “spazio” di “integrazione” e così, via: sono le questioni all'ordine del giorno, in tempi di fortissima crisi economico – finanziaria, che appaiono distanti anni – luce dall'opaca realtà savonese.
Cosa si può
dedurre dalla lettura di questi dati e dai contenuti di queste
inchieste?
A nostro
modesto giudizio, Savona non è mai stata marginale, rispetto
ai processi reali dell'economia, della cultura, della società di un
Paese, pur già esso collocato alla periferia dell'Impero come
l'Italia, quanto in questa fase.
Se ne
ricava una impressione di vero e proprio provincialismo, di ritardo
culturale: se si pensa che il massimo del dibattito, da noi, è
rappresentato da situazioni ormai obsolete, travolte dalle nuove
realtà delle coordinate sovranazionali come la piattaforma Maersk
ed il “ridicolo” (mi si consenta appellarlo a questo modo) porto
della Margonara, che soltanto imprenditori retrogradi possono
pensare di realizzare, completamente al di fuori – tra l'altro –
dalle rotte di traffico reale della marineria da diporto che conta.
Abbiamo
letto anche l'intervista di fine anno rilasciata dal Sindaco
pro- tempore (sarebbe bene che i politici ricordassero sempre questo
pro – tempore) di Savona: vi abbiamo riscontrato la stessa logica di
ritardo culturale e quella povertà di contenuti che, credo, abbia
contribuito in misura decisiva a collocare Savona ancora più
in basso nella graduatoria stilata – appunto – dal “Sole 24 ore”.
In questa
occasione intendiamo affrontare un solo punto, per noi, quello
decisivo: quello relativo al rapporto tra una presenza di
“intelligenza produttiva” sul territorio e la realtà di un
possibile (!!??) progresso economico – sociale.
Il problema
centrale di Savona, sotto questo aspetto, è ormai da decenni
quello della “fuga dei cervelli”; si è trattato della
questione centrale riguardante l'impoverimento economico e culturale
della nostra realtà, decisivo per la sua progressiva – e ormai
definitiva- come si affermava poc'anzi “provincializzazione”.
Badate
bene: non parliamo della fuga da Savona dei “Vipponi”
anticemento, annidati nelle sinecure di RAI e Mediaset
(magari dopo aver transitato da entrambe le parti) oppure nelle
redazioni dei giornali, o nei livelli direttivi delle case editrici.
Quelli non
contano: sono buoni soltanto per le copertine.
Ci
riferiamo, all'intelligenza produttiva diffusa: ai tanti diplomati
dell'ITIS, un tempo quasi automaticamente destinati a
dirigere i punti nevralgici della nostra industria in settori
delicatissimi (chimica, elettromeccanica, aeronautica: pensiamo,
quando, il nostro Istituto Tecnico Industriale sfornava, tra
i pochi in Italia, proprio periti aeronautici), agli
ingegneri laureati,
modestamente non nelle prestigiose università private tanto di moda
oggi, ma nel “nostro” Genuensis Atheneum e poi costretti ad
emigrare, negli anni'60 a Genova, successivamente a Milano
e, adesso, all'estero. L'esempio più calzante che ci viene da fare, sotto questo aspetto, riguarda proprio gli anni'60 e lo spostamento della direzione strategica della “Magrini – Scarpa e Magnano” a Bergamo: quella fu una occasione perduta, irrimediabilmente, e mai più recuperabile per realizzare una presenza attiva, di crescita reale per Savona e la sua industria, dal punto di vista dell'avanzamento tecnologico e non certo al riguardo del mantenimento “tout court” di ferriere dall'assetto tecnico ormai superato.
Savona
non
ha più, da decenni, spazio per questa intelligenza produttiva e
neppure ha saputo creare spazio per i livelli di intelligenza
produttiva in campo umanistico, per costruire situazioni che la
collocassero, da questo punto di vista, nel filone “vivo” della
cultura italiana.
Diciamolo
con chiarezza: il “campus” è estraneo, non è corpo vitale,
rispetto al tipo di discorso che stiamo cercando di impostare in
questa occasione.
Tanto
estraneo al punto che perfino il Presidente della società che
lo gestisce può essere considerato un “cervello in fuga”,
visto che la maggior parte del suo tempo lavorativo lo trascorre a
Roma, alla segreteria tecnica del ministero: quale migliore
dimostrazione di sfiducia e di impotenza, rispetto alla realtà
savonese? Oppure si tratta soltanto, ma non vogliamo assolutamente
pensarlo, di carriera personale? Il ruolo dell'Università a Savona va ripensato totalmente, in parallelo con quello delle presenze produttive ad alta densità tecnologica: non basterà, se mai la vedremo, la “cittadella dell'innovazione”. Occorre un progetto compiuto, sul piano delle facoltà scientifiche e di quelle umanistiche (non riprendiamo qui il discorso del centro città, punto insostituibile di volano del progresso di Savona, e dell'uso dei contenitori storici. Lo abbiamo fatto troppe volte: ci interroghiamo, magari, sotto questo aspetto su di un solo punto. Come si innesterà la “grazia urbana” prodotta dall'architetto Botta con “Binario Blu”, a pochi metri dall'ecomostro di via Cimarosa e poche decine di metri dalle “macerie” dell'Ospedale San Paolo e di Palazzo Santa Chiara, senza contare l'assurda “cementificazione” dell'ingresso di via Pia e di via Aonzo, porte del centro storico?), un progetto che restituisca a Savona davvero un ruolo attrattivo sulle cose che contano: la cultura, l'intelligenza produttiva, lo sviluppo. Non certo i nostri stanchi croceristi che trascinano per le vie della città, girando senza meta, i loro assurdi valigioni a rotelle. Savona, 31 Dicembre 2008
Franco Astengo |