versione stampabile

L’approfondimento politico/ Costruire un nuovo soggetto della sinistra italiana

Spazio da colmare (al più presto):

socialdemocrazia o elitismo democratico

Gelli è tornato a parlare per “Rinascita Nazionale”. Alternative e il ruolo del Pd

 di Franco Astengo


Il politologo Franco Astengo

La realtà della fase politica impone la necessità di aprire un dibattito rivolto alla costruzione, in tempi rapidi, di un nuovo soggetto della sinistra italiana.

Allo scopo di fornire un minimo contributo ad una riflessione generale che dovrebbe accompagnare il concretizzarsi di questo processo, proviamo ad enucleare alcuni punti di ragionamento che, naturalmente, non potranno, per ragioni di economia del discorso, essere particolarmente approfonditi in questa sede ma che rimangono, a nostro avviso, i punti fondativi di un “discorso possibile”.

Il quadro generale, dentro il quale si muove tutto il ragionamento, è quello di una vittoria strutturale della destra:

una valutazione dettata non tanto, e non solo, dall'esito delle elezioni legislative generali svoltesi, in Italia, nell'Aprile 2008, ma dalle condizioni di vera e propria “egemonia” (intesa alla lettera, quale vera e propria categoria “gramsciana”) posta sul terreno dell'ormai antica aspirazione contenuta nel documento sulla “Rinascita Nazionale” compilato, nel 1975, dalla P2 di Licio Gelli cui era affiliato l'attuale Presidente del Consiglio, di “riduzione” del rapporto tra politica e società, con il consumismo individualistico unica possibilità di espressione di massa nei “punti alti” del sistema capitalistico.

A questo elemento si è aggiunto il diffondersi, a tutti i livelli, di una corruzione generalizzata del sistema politico (assolviamo in questo modo il ragionamento sulla “questione morale” che sta avvinghiando, proprio in questi giorni, il PD proprio quale “morto che afferra il vivo”) che appare, appunto, questione propriamente “politica”, al riguardo della quale la Magistratura sta assolvendo (come in altre occasioni nella storia d'Italia: dalla Banca Romana, in avanti) funzioni di vera e propria “supplenza” nel produrre la “movimentazione” del quadro politico.

La vittoria della destra si inserisce perfettamente all'interno della crisi finanziaria ed economica in corso: una crisi al riguardo della quale vanno pronunciate analisi particolarmente nette, scusandoci, ancora una volta per il semplicismo dovuto ad una insopprimibile esigenza di chiarezza.

Prima di tutto, da sinistra, vanno bandite qualsivoglia ipotesi di tipo “crollista” (usiamo un linguaggio antico ma, speriamo, ancora comprensibile): il capitalismo ne uscirà vincente, più snello, ridisegnando rapporti di forza anche in funzione dei nuovi grandi soggetti produttori emergenti ad Oriente.

Non esiste “terza via”: lo scontro prossimo venturo sarà ancora una volta tra modello “anglosassone” fondato su una versione “dura” del liberismo, ed il modello “renano” fondato su di una visione temperata di solidarismo e ripresa di crescita economica.

Siano chiare due cose: noi dobbiamo collocarci alla “sinistra” del modello renano, ed i vari Giddens, Blair, Obama stanno dall'altra parte, con moderazione e quindi nella possibilità di un confronto, ma dall'altra parte.


Licio Gelli

Del resto escono smentite, da questa fase, le teorie “ultra – globaliste” ( e di conseguenza anche quelle radicalmente “no global”).

Per fronteggiare la crisi serviranno momenti di ritorno alla “centralizzazione” e l'Europa (come vedremo meglio in seguito) si troverà costretta a muoversi come uno “Stato Nazione” (ed, in questo, risalteranno negativamente le divisioni cui si accennava poc'anzi, tra modello anglosassone e modello renano che rimangono, comunque, le divisioni di fondo).

Una nuova soggettività politica di sinistra, che riunisca il meglio delle tradizioni socialdemocratiche e comuniste europee aggiornandole alla realtà odierna, appare quindi – come si sosteneva all'inizio – assolutamente indispensabile da costruire proprio per queste ragioni.

I punti sui quali basare l'identità di questo nuovo soggetto possono essere così riassunti:

l Una politica di pace fondata sull'autonomia e l'identità europea;

l La programmazione democratica dell'economia entro la quale debbono stare gli elementi di critica “post materialista” come quelli ambientali, dell'informazione, dell'integrazione degli immigrati;

l L'intervento pubblico in economia che nel “caso italiano”, e sempre ferma restando la prospettiva europea, deve trovare posto la necessità di rilanciare i settori produttivi portanti, nei quali, il nostro Paese appare carente ed in grave ritardo;

l Un nuovo “welfare” universalistico, che punti a costruire meccanismi di concreta inclusione sociale, razionalizzando l'intervento diretto e l'acquisizione delle risorse, attraverso una frontiera della fiscalità tesa ad un effettivo riequilibrio, rivedendo anche i parametri di Maastricht e ragionando in termini non dogmatici intorno al concetto di “deficit spending”;

l Un radicamento nel mondo del lavoro dipendente, appoggiandone una concreta conflittualità nei riguardi della Confindustria, per migliorare condizioni di lavoro e di vita e aprire la strada ad un fronteggiamento serio del fenomeno del precariato e dello sfruttamento.

Ci limitiamo a questi punti, molto sommari, al fine di porci un interrogativo, esiste uno spazio per un soggetto di questa natura (che, senza infingimenti, vorremmo definire, in termini classici, di “socialdemocrazia di sinistra?”).

Una premessa, prima di tentare di rispondere alla domanda: inutile, in questo momento, porsi il tema delle alleanze.

Prioritaria appare la questione della costruzione del soggetto e la sua affermazione nel panorama politico, ed anche istituzionale, affermandone l'autonomia culturale, politica, ed anche organizzativa.

Siamo di fronte ad un vuoto: appare evidente come il PD sia giunto ad un punto di rottura, non tanto dovuto all'intervento della magistratura, quanto all'oramai acclarata inefficienza, all'interno del “caso italiano”, della “vocazione maggioritaria” e del conseguente modello fondato sull'alternanza. Un modello adottato con il sistema elettorale maggioritario (un vero e proprio vizio d'origine) e dall'assunzione, grottescamente scimmiottata del “leaderismo” (con le “primarie” che rappresentano, vogliamo essere franchi fino in fondo, in una situazione di tradizione democratica come quella italiana ed europea, un vero e proprio momento di “decrescita” nell'esercizio della democrazia rappresentativa).

Al vuoto lasciato dal PD non è possibile rispondere con un arroccamento meramente difensivistico /identitario come quello proposto da Rifondazione Comunista (stendendo un pietoso velo sulle orride vicende legate alla vendita/non vendita del quotidiano di quel partito).

Il PRC ha chiuso ormai da tempo la propria parabola (se mai ne ha avuta una), almeno dal 1991, all'epoca del G8 quando si trasformò in una sorta di ircocervo un po' movimentista ( vedi il confondersi nel Genoa social forum, abdicando alla propria funzione di “partito”) e, tanto, governista (accettando, a tutti i livelli, al centro come in periferia, l'ipotesi maggioritario/leaderistica così ben incarnata dal suo segretario dell'epoca. Poi, di conseguenza, è arrivato tutto il resto: il partito degli assessori, i salotti, le comparsate televisive...).

Esiste, dunque, a sinistra uno spazio da colmare: con difficoltà, ma esiste, almeno dal punto di vista iniziale di una non banale sopravvivenza politica.

Serve, dunque, un soggetto capace di affrontare altre due questioni:

1)    La qualità della democrazia. In questo senso non è tanto questione di valutare la situazione italiana di oggi attraverso paragoni con il fascismo, ma di comprendere come per la destra si sia già giunti al capolinea della “post – democrazia”, già efficacemente descritta da Colin Crouch da almeno un decennio. Siamo in marcia, infatti, ed il PD pare proprio non accorgersene, verso un decisionismo “schimmtiano”. Gelli è tornato a parlare e  a scrivere, si rilancia il presidenzialismo, tutti i temi cari al craxismo sono tornati di moda. Il punto di rottura, sotto questo aspetto, sembra essere rappresentato (ancora una volta!) dalla modifica dei regolamenti della Camera e del Senato, in modo da annullare la dialettica “governo /parlamento” e sostituirla con una dialettica “ governo, maggioranza da un lato, minoranza dall'altra”. L'obiettivo è quello di ridurre il Parlamento, davvero ad “aula sorda e grigia”, luogo di mera ratifica. E' su questo punto che si colloca la violazione più grave ed evidente della Costituzione Repubblicana, che rimane, nella sua essenza (anche quella relativa all'unità nazionale) lo strumento democratico più importante da difendere: anzi, si potrebbe dire, a proposito del nuovo soggetto politico della sinistra che la “Costituzione è il nostro programma”;

2)    Il tema della qualità della democrazia si ancora direttamente a quello della qualità dell'agire pubblico. In questo senso l'insieme delle espressioni che qui abbiamo tentato, sommariamente, di elencare possono diventare azione politica soltanto se la sinistra trova una propria autonoma capacità di intervento culturale e politica, da realizzarsi attraverso la mediazione “soggettiva” di un partito da costruire, dobbiamo essere chiari anche su questo punto, sul modello della “integrazione di massa”, con grande propensione a realizzare un forte radicamento sociale senza concedere nulla la già citato, e deprecato, “movimentismo”, e senza nessuna paura di passare attraverso quello che Schumpeter definisce “ elitismo democratico”.

In conclusione spero saranno scusati gli “ismi”, fin troppo abbondanti nell'escursione di questo testo, ma la necessità era , davvero, quella di farsi capire alla svelta, perché di tempo a disposizione ne è rimasto veramente poco.

Franco Astengo