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L’ABC PER TRUFFARE MILIARDI

  Marco Giacinto Pellifroni

Marco Giacinto Pellifroni

Quando le banche centrali inondano il sistema di liquidità l’euforia contagia un po’ tutti; e così fervono i prestiti, gli acquisti, gli investimenti. In sintesi, l’economia gira a tutto volume.

Ma basta poco per un’inversione di rotta: le prime avvisaglie di sovrapproduzione, qualche default nei pagamenti, un rialzo dei tassi.
Nella testa di qualcuno, si accendono le prime lampadine di ritirata: il picco è prossimo o addirittura è già arrivato

 Quando l’idea si diffonde, l’effetto domino è repentino e devastante come uno tsunami: ciascuno vuole realizzare prima di ciascun altro, battendolo sul tempo; e il gioco finisce miseramente nel crollo repentino e generalizzato delle quotazioni di ogni cosa.

Bene a conoscenza di questo meccanismo, che pure si ripete da almeno due secoli, e fidando sulla sua rapida dimenticanza, qualche furbastro cavalca l’onda di piena, per poi ritirarsi prima della risacca. L’ultimo praticante di questa tattica è stato Madoff, un finanziere ebreo cui i ricconi del pianeta si rivolgevano per implorare il privilegio di affidare alle sue cure il proprio patrimonio mobiliare. Col risultato di un crack di $ 50 miliardi (il doppio di quanto hanno mendicato, cappello in mano, i tre big dell’auto USA: un business peraltro gestito con metodi altrettanto fallimentari).

Il sistema è elementare: pagare interessi ed eventuali riscatti impegnando i soldi degli ultimi arrivati. Elementare quanto diffuso: in America lo chiamano sistema Ponzi (dal tizio che lo collaudò un secolo fa). Da noi, con qualche variante operativa, catena di Santantonio; ma la sostanza è la stessa: truffa ai danni di ingenui quanto ingordi risparmiatori, allettati dal guadagno facile, rapido e sostanzioso.

A Finale Ligure, negli ultimi anni del secolo scorso, il direttore di una filiale bancaria usò questo sistema, a titolo privato, con alcuni clienti del suo istituto. Quando poi nel 2001 scoppiò la bolla tecnologica e di Internet, i suoi investitori si ritrovarono col proverbiale pugno di mosche.

A New York, in proporzioni incomparabilmente maggiori, grazie al suo status di ex presidente del NASDAQ (il settore tecnologico della borsa di Wall Street), Madoff fece altrettanto, gabbando fior di miliardari, perlopiù over 70, che si godevano una dorata, e perlopiù immeritata, vecchiaia in hotel extra-lusso di Miami o Acapulco, dai quali stanno frettolosamente sloggiando, lasciandosi dietro giovani quanto improbabili mogli.

Truffa che mi porta a qualche riflessione sul vigente sistema economico. L’economia, nonostante la sicumera di molti docenti accademici, premi Nobel compresi, non è né può essere una scienza, al pari della psicologia. Questo proprio per la presenza predominante della psicologia dietro ogni sua mossa. Il procedere delle quotazioni azionarie, che dovrebbero rispecchiare il valore reale delle aziende quotate, segue invece le voci, i rumors, i sentiment, determinati a loro volta dalle aspettative di profitti e dividendi o, al contrario, di perdite. Ogni decisione di acquisto influisce e determina un rialzo; ogni decisione di vendita deprime il valore dell’azione venduta per quanti vengono dopo.

CharlesPonzi.

Chi motiva ogni decisione è il trend, il futuro, come è psicologicamente naturale che sia; e come è confermato dalla incidenza sulle quotazioni dei futures, scommesse sui valori futuri di merci che non saranno mai acquistate fisicamente.  

Se usciamo dai vocianti saloni delle borse e ci addentriamo nei silenziosi corridoi delle BCE o della Fed americana, ci accorgiamo che le cose non sono poi tanto diverse quando passiamo dai titoli azionari alla moneta e ai Buoni del Tesoro.(vedi fumetto in calce, tratto dal Washington Post).

Si tratta qui di un gigantesco sistema Ponzi, con l’aggravante che la truffa non viene mai scoperta, in quanto i governi e le banche centrali si coprono a vicenda. Il vantaggio di chi tiene il banco, rispetto ai vari Ponzi privati, è che ha la licenza di profondere moneta dal nulla a suo piacimento, schermato per giunta dalla compiacente discrezione dei media. Guardate l’impressionante grafico qui sotto: 

 Stranamente, la Fed non s’è fatta scrupolo di pubblicarlo, dopo che dal marzo 2006 non rendeva più pubblici i dati sul volume della nuova massa monetaria. La linea retta verso l’alto significa che quest’anno la Fed ha vinto ogni residua remora ed ha inondato il mercato di dollari, con la prospettiva di un’inflazione alla Weimar. Come ciliegina sulla torta, ha anche abbassato a zero il costo del denaro. Allegria! direbbe Mike. Ci sono tutte le premesse per qualche nuova bolla. E infatti, ecco la prima: i BOT americani. Sia là che qui in UE tutti si sono dati ad acquistare BOT, in primis le banche, che hanno impiegato così i soldi pompati dalle rispettive banche centrali, se non altro per presentarsi ai bilanci di fine anno sfoggiando il “vestito buono”, invece di puzzolenti cenci (i titoli tossici). Soldi che dovevano arrivare, tramite loro, all’economia reale, ma che sono rimasti impigliati nei loro sofferenti bilanci, vittime di tutte le infelici speculazioni fatte in giro per il mondo, ultima quella di Madoff. Risultato: mine vaganti di BOT a rendimenti quasi nulli –negli USA addirittura negativi- e inerti rispetto ai bisogni delle imprese e della gente. Mine innescate e pronte ad esplodere quando, come la proverbiale piuma sul dorso del cammello, “qualcosa”, come la scadenza prossima ventura di una massa di BOT, imporrà nuove emissioni a go-go di altra moneta e altri BOT, determinando la probabile fuga ex abrupto da questo investimento, improduttivo sia in termini reali che monetari. Ormai siamo abituati ai cambi repentini, overnight, nel mondo della finanza.

D’altro canto, il denaro ha questa ineliminabile caratteristica: non è un bene fisico, e da qualche parte bisogna pur investirlo (non a caso l’Italia è stata cementificata). Problema che fa sorridere chi non arriva a fine mese, ma che travaglia le notti di chi denaro ne ha, poco o tanto che sia, ed è esposto alle mire dei ladri, non solo malavitosi, ma ancor più “istituzionali”: gente adusa a rubare allo Stato e agli organismi pubblici, come il terremoto politico in corso sta a testimoniare; ma ben lieti di allargare i tentacoli anche attraverso i furti “silenziosi”, effettuati sul potere d’acquisto di stipendiati, pensionati e risparmiatori, tramite l’inflazione indotta dalla iperbolica produzione del tandem moneta-BOT.

Ma, un momento, dirà qualcuno, oggi siamo in piena deflazione. Il motivo è chiarito dal grafico più sopra: i soldi ci sono, e abbondanti; ma, come un fiume nel deserto, si prosciugano cammin facendo e non pervengono agli usi per cui avrebbero dovuto esser creati, vengono congelati nei conti delle banche. Così inflazione e deflazione convivono in un abbraccio micidiale, a detrimento di tutti, tranne la solita minoranza privilegiata e parassitaria.

Oggi industria e commercio sono bloccati. La psicologia, come dicevo più sopra, gioca la sua brava parte: anche avendo soldi da parte, non si compra se si prevedono ribassi, dei prezzi o del proprio reddito; si compra invece quando sono in vista rialzi. È il meccanismo che fa spendere di meno sotto Natale in vista dei successivi saldi, specie alle porte di un 2009 miserevole. È il meccanismo che ha fatto precipitare il valore patrimoniale di tutte le aziende, anche solide, ai minimi storici. In attesa di ulteriori ribassi o, peggio, di fallimenti, nessuno più compra, né merce né azioni. Un combustibile psicologico che porta a chiudere le fabbriche e a far rifugiare i soldi in BOT, ossia in titoli garantiti dallo Stato. Il quale però vive di tasse sui redditi e sugli scambi commerciali. Se questi cadono in picchiata,* cosa mai dovrebbe garantirci da un fallimento dello stesso Stato?

 

 

* Ultima ora: apprendo che la GdF ha ricuperato € 28 miliardi evasi nel 2008. Un bel gruzzolo, che però non sembra esser servito granché. A dimostrazione che, più che l’evasione fiscale, sono le ganasce insaziabili delle spese statali a divorare la ricchezza prodotta, qualunque ne sia il valore.

 

 

Marco Giacinto Pellifroni                                                                             21 dicembre 2008