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Il babà azzurro veleno ovvero:

 il potere della propaganda

di Milena Debenedetti


Milena De Benedetti Di questi tempi sono rimasta parecchi giorni fuori da internet, e ho avuto l’impressione di vivere in una realtà parallela, dove molte cose non accadevano, o perlomeno, non se ne aveva traccia, dove i tiggì oscillavano fra un pauperismo di maniera e un facciamo finta di niente, dove certe notizie le sentivi di sfuggita in tv, poi non le leggevi sui giornali, o viceversa… Per fortuna, ritrovare la rete e le informazioni vere e confermate mi ha se non altro dimostrato che non ero pazza, che non avevo sognato o capito male.
 In questo clima stranito e isolato dal  reale, che è, peraltro, non dimentichiamolo, quello in cui vive metà della popolazione italiana, tuttavia ho cercato di mantenere contatti col mondo attivo.  Me ne tornavo giusto giusto dalla manifestazione a Vado Ligure, sabato scorso, quando ho iniziato a vedere ampi, vastissimi spazi azzurri campeggiare sui muri della città. Ovunque. Piccoli e ripetuti rettangolini, o enormi reiterati lenzuoloni, negli appositi spazi d’affissione.

Avvicinandomi per leggere il messaggio, la beffa è stata enorme. Un nome ben noto prometteva più energia con meno emissioni. La coincidenza fra crescere delle proteste e aumento della propaganda non può essere casuale, così come i finanziamenti per scuole e squadre sportive, il riproporsi continuo di quel nome, le presentazioni, appunto, a scolaresche e universitari, la sponsorizzazione di convegni su ambiente ed energia, eccetera. Il martellamento si fa sempre più massiccio. Cosa alquanto sospettosa, se appena uno ci si soffermasse un attimo. Vogliono farci digerire il boccone amaro a ogni costo.

Le persone ci cascano? Ci cascano, purtroppo. In mancanza di vere e chiare informazioni credono a quelle che sembrano più popolari, vincenti e strombazzate. Soprattutto i giovani, abituati a questa società dell’immagine, dell’effimero, del messaggio-spot. Altrimenti un certo personaggio del nulla, fautore solo dei suoi affari, non continuerebbe a riscuotere tanto successo in politica.

Purtroppo la propaganda funziona così. Se si coltivassero un po’ di più la logica, il ragionamento, il buon senso concreto, il confronto con realtà e informazioni, la pubblicità probabilmente sparirebbe e i tanti persuasori occulti dovrebbero cambiare mestiere.

Proverò a spiegarmi con un esempio, per dimostrare quanto affermo. In testa mi continua a ronzare l’affermazione beffarda del diavolo ad un peccatore dantesco “tu non credevi ancor ch’io loico fossi” … o qualcosa di simile. Tu non potevi immaginare che io conoscessi la logica, nevvero? Ebbene, mi piacerebbe per una volta far la parte di quel diavoletto. Permettetemi un excursus, un volo pindarico. (O almeno, uno starnazzare da gallina obesa, suvvia.)

 

Diciamolo subito, togliamoci il pensiero: io odio la pubblicità. Io odio chi vuole convincermi di qualcosa, partendo dal presupposto che quasi mai è per il mio bene, ma per interessi altrui. Se un prodotto o servizio è veramente buono, si sostiene da solo con la qualità. Al contrario più cercano di impormelo a tutti i costi, più sospetto che sia una schifezza. Sono refrattaria. Almeno alla pubblicità come è intesa nella società dei consumi. Perché se fosse nel suo senso originario, rendere pubblico qualcosa a scopo commerciale, non avrei tante obiezioni.

Inizialmente era così, informazione al pubblico.

Esempio, aprono una nuova pasticceria. La pubblicità dice: venite da Grande Pasticcio in via Tal dei Tali, abbiamo i migliori babà del mondo a ottimi prezzi, provate e non ve ne pentirete.

O.K, contenuto informativo, io magari vengo e provo, se mi piace ne parlo con gli amici e la pasticceria va a gonfie vele. Sulla base, attenzione, della sua qualità e dei prezzi, senza turlupinarmi in alcun modo. Senza convincere i diabetici o chi odia i dolci.

Ammettiamo anche la pubblicità comparativa: i miei babà sono migliori di quelli di Glassa & Cremina, all’angolo opposto. O.K., proviamo, confrontiamo, decidiamo, con i concorrenti liberi di rilanciare. In teoria, verso il meglio per il cliente. Ma qui già iniziano i dubbi, la cosa si fa spinosa. Magari la pubblicità non funziona, il concorrente al contrario di quanto affermato è migliore e non perde terreno, e allora? La risposta è: innovazione.

Provate i nuovi babà al cioccolato e canditi. Il doppio di gusto! Si incuriosisce con la novità. Ma non sempre innovazione equivale a miglioramento, non almeno per quei prodotti che non risentono di vertiginosi salti tecnologici. Se no la Coca Cola o il pastaio in centro che fa le stesse cose da cinquant’anni e ha la coda fin fuori negozio, non avrebbero ragione di esistere.

E’ probabile che i nuovi babà siano peggiori dei tradizionali o addirittura immangiabili. E’ probabile che te li facciano pagare di più per compensare la propaganda e il presunto miglioramento, mentre magari gli costano di meno, perché usano meno rum e canditi scadenti dalla Cina. Di solito funziona così e si fanno profitti d’oro.

Se i concorrenti seguono a loro volta in questa spirale di violenza, avremo nuovi prodotti balzani e sempre più scarsi;  in questo caso a rimetterci è solo il cliente che non trova più quello che semplicemente vuole, ma solo complicazioni, peggioramenti, offerte non richieste; a quanto pare ultimamente funziona così, dagli alimentari alla telefonia. Li chiamano i vantaggi della concorrenza, libertà di scegliere fra alternative sempre peggiori e sempre più sgradite.  Se no, se i concorrenti Glassa & Cremina tengono duro e restano tradizionalisti, la ditta Grande Pasticcio si troverà in difficoltà: calo dei clienti, investimenti non rientrati.

Che fare? Migliorare i prodotti e tornare all’antico? Non sia mai. Ecco che la pubblicità ci viene in aiuto, trovando nuove categorie di clienti, per esempio dicendo che gli esclusivi babà al “cacao magro” sono dietetici, (in realtà contengono segatura), o convincendo che con quei babà potrai essere più seducente, o irretire bonone, o salvare l’ambiente, o essere “cool”  o cos’altro si inventino i maghi del delirio.

Se funziona, la dignitosa, onesta ma sorpassata Glassa  & Cremina perderà clientela e magari finirà per chiudere, mentre orde di entusiasti modaioli si rovineranno stomaco e fegato e pancreas con le novità creative dell’altra pasticceria.

Ecco qua. Ecco perché odio la pubblicità. (Anche la moda, tra l’altro.)

Ma arrivati a questo punto, mi chiederete: cosa c’entra la centrale con i tuoi deliri dolciari?

Bene, passo a spiegare. Che successo avrebbe la pur infingarda Grande Pasticcio se proponesse la seguente pubblicità: i nostri nuovi babà al rum non fanno più venire la diarrea, anzi sono consigliati per una alimentazione equilibrata dai migliori dietisti, in più ve ne vendiamo due chili al prezzo di uno?

Probabilmente, pensereste che sono dei disgraziati, dei delinquenti, che ammettono che fino a ieri vi hanno avvelenato, che adesso cercano di attirarvi con la convenienza e procurandosi pareri accreditati, ma con tali premesse non c’è proprio da credere che i nuovi babà siano migliori, anzi, è sicuro che vogliono continuare ad avvelenarvi indisturbati e peggio di prima…

O.K., questo per la pasticceria. Ma riflettiamo un attimo: in cosa sarebbe diverso il messaggio che ci passano i grandi cartelloni azzurri? Non ha implicita l’ammissione negativa? Perché dovremmo credervi, sentircene rassicurati, più di quanto si possa credere a quei birbantelli della Grande Pasticcio s.r.l.? Sarebbe pubblicità efficace, questa? Se lo è, siamo davvero messi male.

Nonna Abelarda alias Milena Debenedetti