versione stampabile

Grottesca sequenza di presunti “misfatti”denunciata al Consiglio dell’Ordine

Avvocato delle “cause perse”?

E alla Fondazione “parcelle pazze”

 Un nuovo clamoroso caso nel mondo delle toghe savonesi. Rivolta a Loano


Savona – Dall’8 novembre al Consiglio dell’Ordine degli avvocati pende una storia che nessuna persona di buon senso, aldilà  dell’esito finale, vorrebbe leggere.  Ascoltare. Riguarda, nel ruolo di (presunta) parte offesa, un ente morale che da decenni è l’orgoglio di generazioni di loanesi. Al centro di lasciti testamentari, oggi sempre più in disuso.

Al centro di atti di beneficenza di storiche e gloriose famiglie di Loano, ad iniziare dai Rocca, l’ultima generazione è ai vertici della Confindustria, dell’industria siderurgica italiana, proprietari di cliniche avviatissime nel milanese, con molti interessi in Argentina. E non solo.

Sono stati i Rocca, anni sessanta, ad accollarsi per intero i costi di costruzione  (oltre 200 milioni di vecchie lire) del nuovo asilo, vanto per la città. L’inaugurazione con la presenza di ministri.

La storia  di cui ci occupiamo riguarda la Fondazione Simone Stella-Leone Grossi.

Accade che il Consiglio di amministrazione della Fondazione –  peraltro ha ritenuto di rispettare,  col cronista, silenzio e riservatezza – si sia rivolto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, presieduto da Carlo Bertolotto,  per segnalare alcuni episodi che definire mortificanti forse non da il quadro preciso della situazione.

Un avvocato di fiducia della Fondazione, al quale era stata affidata la causa di usucapione di un terreno, anziché indicare l’area da usucapire nel Comune di Loano, indica erroneamente Borghetto S. Spirito.

E malgrado l’impostazione errata iniziale, poi corretta su intervento della Fondazione; nonostante si fosse deciso di cessare la procedura temendo il peggio e compensare le spese, all’ente morale è stata mandata una parcella pari a 14 mila euro o poco meno, di cui  quattromila versati.

E ancora, una causa  tra la Fondazione e la Cooperativa Quadrifoglio, consistente nell’opposizione ad un decreto ingiuntivo di  18 mila euro.

Cosa è successo? Stando a quanto sottoposto al Consiglio dell’Ordine, sempre lo stesso avvocato, non  sarebbe comparso a nessuna delle udienze, neppure alla prima, tenutasi davanti  al giudice del tribunale di Savona.

Tra l’altro delle vicissitudini con la Cooperativa  in questione le cronache locali si sono ripetutamente occupate per altre filoni, finiti persino nel penale.

Nella causa civile con la Cooperativa, secondo la contestazione, il legale ha dato di volta in volta incarico, ad insaputa della stessa Fondazione, ad un legale sempre diverso di seguire le udienze, mentre quello della cooperativa Quadrifoglio, l’avvocato Tagliero, non è mai stato assente a tutela degli interessi dell’assistito.

Come se non bastasse, sembra ad insaputa della Fondazione (ente benefico e morale a cui dedicò anni di lavoro, di passione civile il dottor Felice Bosisio, scomparso nella primavera scorsa), non è stata fatta opposizione allo stesso decreto ingiuntivo, diventando cosi esecutivo.


Al centro della foto dell'archivio Gallo, il presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati, Carlo Bertolotto; alla sua destra, Nanni Russo, alla sinistra Carlo Coniglio, tutti ex presidenti dell'Ordine di Savona.

A quel punto il Consiglio della Fondazione decideva di revocare l’incarico al professionista fiduciario. Qualche tempo dopo altra amara sorpresa e scoperta.

In un verbale d’udienza davanti al giudice viene indicato per iscritto <…è presente l’avvocato Opizzo….> che contattato dalla Fondazione, per verificarne l’attendibilità, ha risposto per lettera di <non essere stato incaricato dal collega, di conseguenza  assente all’udienza in questione>.

Le sgradite notizie per la Fondazione Simone Stella non erano concluse.

Il giudice della causa, sciogliendo la riserva, rigettava la richiesta di sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, ma la Fondazione  veniva informata 40 giorni dopo. Lasciando di fatto scadere i termini  per un’ulteriore azione a tutela dell’ente. Al professionista di fiducia erano stati già versati  oltre tremila euro.

Infine una terza causa, sottoposta all’esame del Consiglio dell’Ordine. Questa volta un ricorso al Tar Liguria, vinto dalla Fondazione e dal legale fiduciario. Il soccombente era stato condannato dal Tar a pagare anche le spese, ma alla Fondazione Simone Stella sono stati richiesti  20 mila euro,  7 mila versati in acconto.

Dalla Fondazione impossibile avere conferma o meno, ma la voce corrente è che un gruppo di cittadini-benefattori loanesi avrebbe fatto sapere al Consiglio di amministrazione di valutare l’avvio di un’azione di responsabilità civile nei loro confronti, a titolo personale, per aver gestito senza la dovuta diligenza i rapporti con il legale di fiducia. Al punto che l’ente ha subito danno e beffa.

In ballo ci sono le somme già pagate, quelle richieste, con presumibili altre spese legali da affrontare. E probabili tempi lunghi del responso del Consiglio dell’Ordine.

Una domanda: succede soltanto a Loano, alla Fondazione Simone Stella (peraltro con un consiglio d’amministrazione dimostratosi rigoroso e operoso), o fa parte della “questione morale” ed etica italiana?

E’ prassi  consodilata in enti pubblici o un’eccezione di cui è rimasta forse vittima la Fondazione di Loano?

Il gruppo di cittadini-benefattori che ha deciso di ribellarsi avrebbe chiesto aiuto anche <agli autorevoli giornali locali>. Risposta: <sono vicende strettamente personali e professionali dei cui non viene mai data notizia. Se non dopo una condanna>.

In parte è vero, in parte no, perché gli stessi giornali, negli anni, hanno adempiuto al dovere della completezza d’informazione quando sono stati “colpiti” altri avvocati savonesi, radiati dall’Ordine o sospesi. Fece scalpore il caso di una “toga” di Pietra Ligure e Borghetto. Altri “scandali” ad Albenga, Finale e Savona.

Certo, siamo soltanto agli inizi dell’iter pendente al Consiglio dell’Ordine. Difficile, invece, conoscere i tempi. Un ex presidente, Francesco Di Nitto, a questo proposito, era molto critico nell’autodifesa ad oltranza, nei tempi lunghi delle decisioni.

Nella vicenda in questione in ballo un ente morale, frutto di lasciti, di beneficenza, di donazioni. Amministrato con molto volontariato ed abnegazione, ad iniziare dal Consiglio di amministrazione. Il caso meritava  altra considerazione dagli stessi organi di stampa?  Doveroso informare l’opinione pubblica?

L’esposto al Consiglio dell’Ordine non è una bega tra persone singole, tra società d’affari,  c’è un ente che, si aggiunga, non persegue scopi di lucro. E’ al servizio della comunità, dei bambini loanesi residenti (quasi 400), delle loro famiglie. Assiste pure, con l’aiuto prezioso del Comune, i meno abbienti che non possono pagare la retta. Ed è difficile ipotizzare che la notizia non abbia interesse sociale, o sia viziata da interessi inconfessabili. Lotte di potere, di lobby.

Tale da tenere nascosta (in quanto saputa) ai cittadini-lettori o considerata alla stregua di una piccola banalità, una marachella. Al di là dei protagonisti. Non è una questione di nomi. Nessuno mette in discussione statura etica e professionalità, fino a prova contraria.

Qualcuno deve pur dire basta, potremmo aver superato i limiti della più elementare decenza e convivenza, se il Consiglio di una Fondazione benemerita arriva al punto di dover presentare ricorso al Consiglio dell’Ordine  per chiedere “giustizia”, il ritorno al buon senso, al buon gusto, alla ragione, alla correttezza, al rigore amministrativo. Avrebbero potuto pagare, tacere e subire, non essendo soldi delle proprie tasche, ma dei cittadini, dei contribuenti.

C’è, infine, chi consiglia e caldeggia una richiesta danni contro l’ex legale di fiducia. Da cronisti abbiamo solo registrato l’accaduto.

L.Cor.