«Savona? È bella perché viva»
la città che cambia: interviene Carlo Ruggeri
«Non si è consumato un solo metro quadrato di terreno vergine, solo recuperi edilizi»
IL SECOLOXIX
carlo ruggeri
CONCORDO con le considerazioni che Ferdinando Molteni ha svolto in una sua intervista su "Il Secolo XIX", e particolarmente su questa: "?nel volgere di qualche anno, Savona sarà una città bellissima..." .
Concordo per una ragione precisa: una cittàè bella soltanto se è una città viva. E Savona ha saputo dimostrare di essere una città viva da quando ha iniziato ad affrontare con consapevolezza una ormai ineluttabile esigenza di trasformazione per riprendere un proprio cammino di sviluppo e di progresso.
Un cammino che non è tradimento della propria natura. Anzi, è l'unico modo per salvare la propria storia - anche la storia che si è concretizzata nella sua architettura e nei suoi monumenti - e costruire il proprio futuro.
È infatti illusorio pensare di mantenere il patrimonio urbano a uno stato dignitoso - ed ancor meno restaurarlo, valorizzarlo - se nella città non si immettono nuove energie, se non si mobilitano nuove risorse. La città cresce e contemporaneamente si rinnova. Oppure deperisce.
Su questo punto vorrei essere chiaro. Se mi si chiede qual'è la Savona che amo di più, non ho dubbi: è la Savona di via Pia restaurata e del Centro storico che è tornato a rivivere, del complesso monumentale del Santuario che sta ritrovando l'antico splendore, dei Portici di via Paleocapa rinnovati, del recupero del Complesso di Monticello, della Pinacoteca di Palazzo Gavotti, del Teatro Chiabrera ottimamente restaurato.
Tutto questo è avvenuto e avviene contemporaneamente alle grandi trasformazioni urbane che hanno mobilitato risorse, hanno segnato la vitalità di una città che è in grado di preservare sé stessa e di crescere. E cresce con il linguaggio che è dato dal tempo, che può essere discusso e discutibile.
Ma la scelta non può essere più chiara di così: Savona viva e bella o Savona che decade e non salva né il proprio futuro né il proprio passato, condannato al progressivo degrado. Questi sono i fatti. Poi ci sono le opinioni. Legittime. Ovviamente anche quelle di chi non ama l'architettura del XXI secolo.
Ma spesso in città non si discute né di fatti né di opinioni.
Alcuni anni or sono, in un bellissimo convegno che si tenne in città, un prestigiosissimo oratore, svolse la sua relazione basata su di una esortazione:"? di essere pronti per ogni opera buona, di non parlare male di nessuno, di evitare contese?(Tito 3,1)"
Mai consiglio fu così disatteso. È infatti usuale che nella discussione, anziché il confronto costruttivo, compaia il giudizio tranciante e, spesso, l'insinuazione gratuita, se non l'insulto. O, per ben che vada, ci si trova appiccicata una etichetta dove sta scritto: amico di questo, nemico di quest'altro, e amenità del genere. I "rivoluzionari in pantofole" ( e fa bene Molteni a non parlare male di nessuno, ma a tratteggiare una categoria: ognuno ci si può ritrovare come appartenente o meno) si caratterizzano anche per questo: ogni occasione è buona per scatenare una polemica contro qualcosa o qualcuno.
Anche da qui nasce una crescente difficoltà per un salutare confronto serrato ma sereno; aspro, ma fondato sui contenuti. E il silenzio di molti che non sono interessati alla polemica, lascia inevitabilmente ulteriore spazio al fastidioso vociare di chi, lungi dall'esaminare i fatti o esprimere opinioni costruttive, ha una unica stella polare: dire no e difendere l'esistente. Anche quando l'esistente non ha più ragione di esistere.
Ma è più facile procedere per luoghi comuni che affrontare la concretezza dei fatti.
Un fatto, ad esempio è questo: secondo i dati ufficiali del 2004, in Liguria si costruisce meno che in tutte le Regioni Italiane (sia in termini assoluti, sia in rapporto agli abitanti) e, nel volgere di due anni, dal 2004 al 2006, i permessi di costruire sono ulteriormente diminuiti del 20%. A sentire o leggere certi interventi non sembrerebbe, vero?
Un altro fatto, sempre come esempio, è questo: negli ultimi anni i nuovi interventi urbanistici a Savona, non hanno consumato neppure un metro quadro di terreno vergine e quanto costruito come sostituzione edilizia - bello o bruto che sia - è sempre stato minore, e di molto, di quanto vi era.
E gli oneri incamerati dal Comune di Savona sono sempre stati il doppio rispetto agli indici tabellari : dal 2002 al 2005 vi sono state entrate per 7 milioni di euro di oneri di urbanizzazione, impegnati in buona parte proprio per il recupero di beni comunali di particolare valore.
Certo, si poteva, si può, si potrà fare diversamente e meglio. C'è la possibilità ed il modo di fare meglio. Per ogni intervento di trasformazione ci sono procedure che durano anni e richiedono i pareri degli Enti coinvolti - dal Comune, alla Provincia, alla Regione, alle Soprintendenze e molti altri ancora?- e poi ci sono le decisioni del Consiglio Comunale: legittime e democratiche. Ma, anche oggi - come ieri - in nome di una singolare concezione della democrazia, c'è chi ritiene che tutto questo sia ininfluente, rispetto agli illuminati pareri dei praticanti del no, senza se e senza ma. Mi spiace, caro Franco Zunino - e apprezzo il tuo garbato intervento - ma il confronto in campo è fra chi vuol far vivere la città e farla crescere e chi dice di no.
In una logica che mi sembra presente da tempo in città: una conservazione trasversale che travalica la tradizionale divisione degli schieramenti politici e che, pur con diverse sfumature, rappresenta la vera inerzia che rallenta la crescita della città.
Una inerzia che ha molte facce, ma tutte che si parlano volentieri addosso o, al massimo, con inaspettate consonanze, fra di loro. Sarebbe bene che parlassero di più - anche fra di loro - coloro che non sono né per le rivoluzioni a parole, né per le pantofole.
Carlo Ruggeri assessore regionale Urbanistica
ex sindaco di Savona