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Un punto di svolta, un invito alla riflessione e all’arroganza di chi non è stato eletto

Il “deserto dei tartari”

senza negozi ed infrastrutture

Quali alternative al modello di sviluppo? Subito un “progetto città e cultura”

di Franco Astengo

  



Savona - La crisi finanziaria internazionale si sta sviluppando impetuosamente ed investe ormai, da vicino, non soltanto la cosiddetta “economia reale” ma anche le condizioni materiali di vita di tutti noi, cittadini, in particolare dei ceti più deboli, arrestando bruscamente le già precarie prospettive di sviluppo.

Questa introduzione non prelude, però, a considerazioni di carattere generale sul modello di sviluppo, la realtà del capitalismo, l'eventuale intervento pubblico in economia, le alternative possibili ed altre questioni del genere, che possono essere discusse a livello globale, come a livello di “Stato Nazione”.

In esame sono i risvolti dello stato di cose in atto e delle – difficili – prospettive che si stanno aprendo, in relazione alla nostra realtà locale: parliamo di Savona e del suo comprensorio.

E' il momento, infatti, di richiedere un punto di svolta, proprio rispetto ai temi dell'economia, dell'occupazione, del futuro del nostro territorio.

E' il momento di stilare un bilancio di ciò che è stato fatto, dal pubblico e dal privato ed aprire una discussione di fondo.

Partiamo da un principio fondamentale: la realtà economico – produttiva del savonese è stata portata avanti, nel corso di questi anni, dai detentori del potere economico e politico (poche persone, in stretto connubio) su di una strada sbagliata: quella che per sintetizzare definiremmo della deindustrializzazione e dell'intervento edilizio, sotto forma speculativa.

Abbiamo riassunto all'osso, ma di questo trattasi: poi c'è la questione turistica e quella portuale, che pure debbono essere analizzate e contemplate attentamente al momento della formulazione di un giudizio.

Partiamo da lì, allora, prendendo come punto di partenza l'operazione più ambiziosa: quella che definiremmo assieme, Bofill più crociere.

Lo spazio già ad uso industriale del porto di Savona è stato utilizzato, in questo caso, malamente: il fallimento di questo tipo di operazione è sotto gli occhi di tutti.

L'operazione “crociere” ( ritengo necessario avere il coraggio di “parlar male di Garibaldi”) può ben essere definita come “a bassa intensità economica”: anzi se mettiamo assieme tutti i fattori che compongono il conto economico, riteniamo la si possa definire “in perdita” complessivamente per la Città (pensiamo ad elementi come l'usura delle infrastrutture, l'inquinamento, la perdita di tempo e le spese sostenute dai commercianti invitati ad aprire i negozi realizzando un tornaconto molto basso, l'elevazione dei costi nella pulizia della città,  ecc, ecc).

Egualmente l'operazione Torri Bofill appare in netto passivo: brutte (al punto che verrebbe davvero voglia di chiederne di nuovo l'abbattimento, così si toglie l'ingombro). Disabitate, circondate da un vero e proprio “deserto dei tartari” dal punto di vista dei negozi e delle infrastrutture, corpo estraneo rispetto alla vicina Darsena, ben più vivace ed attrattiva. 


In sostanza un elemento negativo proprio sul piano dell'attrazione turistica: attrazione turistica per la quale occorre creare eventi di una determinata portata, che Savona non è in grado, per storia, conformazione, cultura, di creare se non ad imitazione provincialistica di altre situazioni ben più consolidate.

Ed è questo il primo punto di riflessione che deve essere chiesto ai maggiorenti di questa città e di questo comprensorio: ammettete il fallimento! 

Il secondo punto è strettamente legato ai temi di economia internazionale cui si accennava all'inizio e riguarda i due progetti più importanti che dovrebbero sorgere a ponente e a levante, sul mare: parliamo del porticciolo della Margonara e della Torre Fuksas da un lato, della piattaforma Maersk dall'altro.

Partiamo da levante: le prospettive economiche di un ulteriore porticciolo, adesso come adesso, sono del tutto negative. Come abbiamo già constatato nel mancato allargamento del cantiere Azimut verso le Funivie, la nautica da diporto di una certa dimensione è già investita pesantemente dalla crisi e dalla forte riduzione nella capacità di consumo della middle -class (il recente Salone Nautico di Genova ha verificato, a quel livello, soltanto un intensificarsi di scambio nell'usato, con la ricerca di barche a costi minori); quanto alla torre Fuksas, non è certo nostra intenzione entrare nel merito del progetto o limitarci alla (pur giusta) crociata anti cemento che ha avuto, proprio in questo periodo, una meritata visibilità mediatica.

Il discorso che vorremmo sviluppare al riguardo della torre Fuksas è, grosso modo, quello già indicato per le Torri Bofill: il rischio vero è quello della “cattedrale nel deserto”. Una cattedrale che peserà, nel tempo, sull'intera collettività savonese.

Quanto alla piattaforma Maersk, al di là anche in questo caso delle questioni pur rilevantissime riguardanti l'impatto ambientale, il discorso riguarda strettamente i temi economici e la difficoltà che la società proponente sta incontrando, rese vistosissime – appunto – dalla crisi di borsa.

Su questi punti ci permettiamo, dunque, di avviare una riflessione rivolta proprio ai dati economici, dell'idea di sviluppo, del modello da realizzare, superando quello sbagliato, perdente, pericoloso, fin qui portato avanti dalle Amministrazioni locali e dai vertici dei soggetti economici.

Quale alternativa, quindi?

Su questo punto serve la svolta.

Innanzi tutto avremo, con ogni probabilità, una fase in cui sarà necessario un forte investimento pubblico rivolto alle infrastrutture ed ai servizi: è necessario che Savona ed il suo comprensorio siano pronti per star dentro a questo discorso, al tipo di filoni di investimento che possono aprirsi, rifiutando ovviamente quelle scelte negative per l'ambiente circostante, al riguardo del quale tanto si è pagato (pensiamo alla Centrale di Vado) ma progettualmente pronti a risolvere alcuni dei nodi di fondo: pensiamo ai temi della viabilità, delle ferrovie, dell'assetto del territorio, dell'utilizzo a fini pubblici attirando investimenti in campo produttivo posti sul terreno dell'innovazione tecnologica attraverso l'offerta di spazi, che non debbono essere ulteriormente intasati dall'edilizia.

In secondo luogo, e qui ci capita di riproporre questioni che abbiamo già sollevato in passato ma che, purtroppo, è ancora necessario riprendere, a Savona occorre “un progetto di Città”, che parta dal suo centro, senza velleità di spostamenti di direzionalità che, in questo momento, hanno davvero poco senso.

Un progetto di Città che miri a fare di Savona, davvero,una “Città della Cultura”, ma non episodicamente, attraverso eventi più o meno interessanti e/o fruibili.

Savona “Città della Cultura” strutturalmente attraverso l'utilizzo dei suoi più prestigiosi contenitori storici; l'ex-. Ospedale San Paolo e Palazzo Santa Chiara al fine di creare una sede universitaria completa (senza alcuna idea di abbandono per il campus di Legino, ci mancherebbe altro!) di una grande biblioteca (abbiamo notato, nei giorni scorsi, con una certa soddisfazione che qualcosa sembra essersi mosso, almeno rispetto a questo secondo punto) per le facoltà umanistiche, giuridiche, delle scienze sociali.

Oggettivamente, senza voler scendere in dettagli, la questione dell'istruzione superiore e dell'Università sarà al centro dell'attenzione del mondo politico ed economico nel corso dei prossimi anni: ed in tempo di crisi questa è un'altra opportunità per la quale vale la pena di attrezzarci.

E' necessario, però, ripetiamo “un punto di svolta”.

Infine, un altro elemento di riflessione da proporre agli amministratori degli Enti Locali del savonese: occorre dismettere un atteggiamento di arroganza che emerge, visibile, da ogni atto che viene compiuto.

In particolare dovrebbero dismettere atti di arroganza amministratori locali non eletti da nessuno, nominati da organismi monocratici che ne hanno facoltà e, di conseguenza, loro dipendenti sia in entrata, sia un uscita: ma questo discorso vale per tutti, specialmente per quanti hanno usufruito di una rendita di posizione, sul piano elettorale, che viene da lontano, è statica in una situazione di crescita nell'età media della popolazione, ma che non è eterna.

Basta vedere i numeri assoluti con i quali è eletto, di volta, in volta, il Sindaco di Savona: la percentuale cresce ma i numeri diminuiscono sensibilmente (dai 22.000 di Gervasio si è scesi parecchio, pur restando  ferma, in pratica, la misura quantitativa dell'elettorato).

Questo è, sicuramente, un segnale di disaffezione che si accompagna con la crescita di iniziative spontanee di aggregazione dei cittadini, finalizzate ad una “single issues” che, proprio per la loro natura, alla fine non approdano ad un concreto sbocco politico.

Ecco, queste sono soltanto alcune disordinate annotazioni per ripetere la formulazione di due richieste: un punto di svolta, un invito alla riflessione.

Savonai, 29 Novembre 2008                                                          Franco Astengo