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Non è solo questione di cemento:

il rischio è quello di guardare il dito invece che la luna

   di Patrizia Turchi



La prima questione che va sempre rammentata è che quando si parla di Sindaco e assessori, (così come di presidente e giunta) si individuano due categorie di persone (chiamate dalla legge amministratori pubblici) che hanno caratteristiche ben diverse: i primi sono stati votati, i secondi nominati. E come insegnano i real-TV, sappiamo che chi è “nominato” deve rispondere a determinati requisiti altrimenti viene licenziato dall’eletto (facoltà prevista dalla 267). 

La seconda cosa –sempre a mio parere- è che alle volte il ruolo dà alla testa, e spesso –se ci si sente alla corte del re- si diventa più realisti del sovrano, e si tende –buon peso- non solo a legare l’asino dove vuole il padrone, ma persino a legare se stessi.

La terza cosa è che quando la propria attività dipende dalla “bontà” o dall’elemosina di benemeriti, risulta difficile avere un minimo di capacità critica.

Assai più interessante è invece la questione sollevata da anni sul nostro territorio sulla cementificazione brutale e speculativa.

Infatti dobbiamo rammentare che da tempo, e su questo il sindaco Ruggeri fu un vero capostipite, i massimi esponenti politico-amministrativi locali hanno deciso di non fare scelte a loro deputate, per il ruolo assunto, mentre hanno optato per un ruolo diverso: non pubblici amministratori ma  promotori, e alle volte garanti (con pressioni davvero innominabili e al limite del “vaso”), di enormi speculazioni edilizie che non solo non hanno attinenza col territorio, ma lo sviliscono, lo abbruttiscono, lo castrano.

E con il territorio si volatilizzano potenzialità di sviluppo e di crescita.

Ciò che si nasconde dietro alla diatriba cementoSI-cementoNO, non sono né questioni stilistiche né tantomeno questioni puramente ambientali (seppur preziose).

Se si continua a cadere in questo tranello (magari invocando referendum specifici) si rischia semplicemente di fare l’elenco delle scelte operate, schierandoci, a seconda del nostro sentire, dall’una o dall’altra parte, obliterando completamente un aspetto troppe volte accantonato: la politica.

E non a caso.

Se si assumesse la politica, ed in specie la politica amministrativa, quella cioè dell’ente territoriale, sia esso il Comune o la Provincia, ma anche la Regione, come una linea di indirizzo sulla quale far marciare un progetto di Città, di opzioni strategiche e scelte conseguenti, vedremmo cadere o svuotarsi tante poltrone.

Le prime sarebbero quelle di rifondazione comunista, che accetta di tenere il bordone ad un centrosinistra che ha deciso da tempo, in Liguria e non solo, di schierarsi a favore di potentati economici e finanziari, che si sono trasformati anche in impellenti immobiliaristi, invece di denunciare e isolare questi traffici, e fare un’operazione di chiarificazione politica.

Una chiarificazione politica che svelerebbe –tra l’altro- che tra centrosinistra e centrodestra non vi sono grandi differenze strategiche.

Sono in atto infatti strategie di rivoltamento del territorio, dove il ruolo pubblico assunto da questo ceto politico si sovrappone, sino all’embricazione, a quello privato, anzi privatissimo, con esiti a dir poco nefandi.

Non solo: deconcentrando l’elettorato, cioè la cittadinanza, sull’esteticità del territorio piuttosto che su quella di manufatti architettonici, si nasconde, sempre da parte di questo ceto politico, l’inconsistenza del proprio ruolo, che –appunto- dovrebbe essere quello del governo del territorio, di promozione di direttive di sviluppo economico e produttivo, culturale e sociale a favore della polis, perpetuando invece uno svilimento complessivo della politica in quanto soggetto di rappresentanza, promotrice di idee e di azioni conseguenti, autonome e indipendenti.

Invece assistiamo a prese di posizione pseudo-politiche, che nulla hanno a che vedere con la realtà che ci sta affliggendo. Una realtà che, purtroppo, non è solo savonese.

Patrizia Turchi – A sinistra per Savona