E’ la logica delle politiche contemporanee che non
funziona. L’approccio ad una politica come tecnicismo della
pianificazione e delle concertazioni (su scala macro, oltretutto,
mai su scala locale) . Senza vivere, soffrire e gioire i territori.
Senza partecipare alla vita e alla sopravvivenza della Natura. E’ la
consapevolezza interiore ad essere in deficit. Quella economica e
razionale ha preso fin troppo piede.
In realtà sarebbe tutto molto semplice. Ma si
continua a complicarlo con approcci artefatti, con prese di
posizione spesso confuse ed aprioristiche.
Convinti che quello di noi umani sia il verbo
secondo il quale tutto si deve regolare.
Convinti si debbano gestire i contesti naturali,
la montagna. Chi in un modo, chi in un altro.
Mentre tutto si regola molto bene da solo. E caso mai si
sregola a causa del nostro interventismo sconsiderato, della nostra
agitazione, delle modalità cosi spesso supponenti.
Sono gli uomini che dovrebbero gestirsi tra loro,
“tenere a bada”. A quel punto la montagna si gestirebbe “da sola”.
E’ una provocazione chiaramente. Lanciata per far riflettere sugli
eccessi contemporanei di volontà di controllo.
Una prospettiva per le Alpi…parte per me da questi
presupposti. Dall’accettazione dei vincoli e dei limiti posti dalla
montagna. Vissuti non
come limite opprimente, ma come orizzonte e guida.
Come una sfida per il futuro frutto anche di
accettazione e consapevole autolimitazione. Dunque qualcosa che
abbia senso per i nostri figli, oltre che per noi e
per le montagne. Qualcosa che tenga insieme ogni aspetto. Non
che privilegi comodi e interessi di parte, capricci e mode, culture
a discapito di altre culture. E soprattutto l’uomo e la sua società
a discapito della Montagna come Natura…dimenticandosi che nel
binomio l’uomo stesso è natura.
*Federico Acquarone
(direttore di
Montagnard)
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