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 IL LIBRO DEL MESE

 rubrica di Massimo Bianco

STRANIERO IN TERRA STRANIERA

  


Robert Heinlein

Voglio per la seconda volta dedicare la mia rubrica mensile a un classico della fantascienza. Tratterò infatti, di “Straniero in terra straniera” di Robert Heinlein.

Se qui in Italia chiedete a persone di buona cultura, ma che non leggono abitualmente fantascienza, di citare autori appartenenti al genere, vi sentirete fare i nomi di Isaac Asimov e di Ray Bradbury, magari perfino di James Ballard o al massimo del geniale ma troppo tardivamente scoperto Philip Dick. Poi con ogni probabilità vedrete quelle stesse persone ammutolirsi.
Tuttavia per chi conosce e ama la fantascienza, lo statunitense Robert Anson Heinlein (1907-1988) è da sempre l’autentico re, scrittore fluido e di piacevole lettura, autore di innumerevoli e acclamati capolavori, che hanno fatto incetta di premi specialistici.

 Heinlein meriterebbe dunque altrettanta notorietà dei quattro autori sunnominati. Dopotutto in passato lui stesso, al contrario di altri fantanovellieri suoi contemporanei, come Simak, Van Vogt o Williamson, noti e celebrati esclusivamente tra gli adepti, si è sempre confrontato con un pubblico più vasto. Poi, certo, lo spessore letterario di un Bradbury, l’acclamato autore di Fahrenheit 451, oppure di un Ballard è superiore. Bisogna però tenere conto che in genere per gli autori di fantascienza la potenza di un’idea conta più della qualità della scrittura. Particolare, questo, di cui proprio Heinlein era assolutamente convinto. Ecco, infatti, quanto egli ebbe modo di scrivere in proposito:

<<Per la sopravvivenza e la buona salute della razza umana, una semplice storia di fantascienza, scritta rozzamente, contenente una sola nuova idea degna di attenzione, è più preziosa di un’intera biblioteca di romanzi non scientifici (non-science fiction) scritti splendidamente. In un senso più ampio, tutta la fantascienza prepara i giovani a vivere e a sopravvivere in un mondo di cambiamenti continui, insegnando subito loro che il mondo cambia. Dal momento che questo è l’unico mondo che abbiamo, la fantascienza conduce nella direzione della salute mentale, dell’adattabilità.>>

Peraltro Heinlein non era neppure l’ultimo venuto e se nel passato la science fiction fosse stata tenuta maggiormente in considerazione dalla critica tradizionale nordamericana, la sua fama sarebbe stata di sicuro superiore. Il suo stile è migliore, per esempio, di quello del ben più mitizzato Asimov. Heinlein è stato uno scrittore prolifico, con gli inevitabili alti e bassi del caso, ma di lettura sempre godibile. Nel corso della sua lunga e densa carriera, ha scritto sia opere di fantascienza adulta sia opere di fantascienza per ragazzi, sia trame di pura avventura sia trame legate a più serie riflessioni politico sociali.

In ambito culturale Heinlein è stato un personaggio scomodo. Oltre, infatti, a essere autore di classici idolatrati dal pubblico specializzato, come ad esempio il brillante “Universo” (Orphans of the sky, del 1965), ha scritto sia testi che lo hanno fatto giudicare da taluni un reazionario se non addirittura un fascista, evento verificatosi soprattutto con “Fanteria dello Spazio” (1959) il romanzo da cui è stato tratto il film omonimo “Starship Troopers” di Paul Verhoeven, sia testi capaci invece di suscitare occasionalmente perfino l’opinione contraria, al punto da farlo apprezzare anche in ambito marxista. È questo il caso proprio di “Straniero in terra straniera” (1961, titolo originario: “Stranger in a strange land”), considerato, all’epoca in cui uscì, quasi un’opera di comunismo antelitteram e che ebbe un intenso riflesso sui media. In effetti, in passato il libro brillò per fama sociale anche un po’ sinistra, perché oltre a essere stato adottato, quasi come fosse una seconda Bibbia, da numerose comunità hippy degli anni sessanta, sarebbe stato, a quanto pare, perfino preso a modello dalla famigerata comunità di Charles “Satana” Manson, lo psicopatico promotore dei famosi omicidi nella Villa Polanski.

A testimoniare le sue qualità artistiche e letterarie, Robert Heinlein in carriera ha vinto ben quattro “Hugo” per il miglior romanzo dell’anno, il prestigioso riconoscimento assegnato annualmente alla convention mondiale della fantascienza. Lo splendido e creativo “Straniero in terra straniera” fu appunto uno dei suoi quattro romanzi insigniti del premio Hugo. (Gli altri furono il già citato “Fanteria dello Spazio, “Stella doppia” del 1956 e “La luna è una severa maestra” del 1966).
Il volume è stato ristampato pochi anni fa e quindi dovrebbe essere ancora reperibile in qualsiasi libreria. Si tratta fondamentalmente di una caustica e a tratti grottesca satira della società americana.

 Il protagonista del libro, Valentine Michael Smith, è un uomo naufragato su Marte con l’astronave dei genitori quando era appena nato, rimasto orfano a causa dell’incidente e allevato dai marziani. Quando, divenuto adulto, viene inviato dai membri della sua razza adottiva a studiare i comportamenti dei terrestri, è di fatto ormai un alieno egli stesso e dai suoi genitori adottivi ha appreso non solo la mentalità ma anche straordinari poteri paranormali. Sulla Terra viene a trovarsi alle prese con una società affascinante ma difficile da comprendere e che per molti versi gli sembra anche assurda e sbagliata. Dopo una lunga fase di apprendistato, Mike Smith crea una nuova filosofia mutuata dal pensiero marziano e fonda una comune di stampo religioso, nella quale si pratica tra l’altro l’amore libero. La società da lui vagheggiata è per forza di cose figlia del mondo capitalista in cui è immersa, eppure denota al contempo evidenti connotati socialisti. Quello fondato da Smith in fin dei conti risulterà essere una specie di neo cristianesimo, in cui il protagonista stesso saprà interpretare alla perfezione la parte di novello Messia, di novello Gesù Cristo.

Affascina, tra parentesi, l’idea della borsa piena di soldi posta all’ingresso del “nido”, questo il nome con cui egli chiama la casa in cui vive con i suoi seguaci, da cui ciascun membro della comunità può liberamente servirsi per le proprie necessità. D’altronde va riconosciuto a quest’opera che, pur scontando il difetto di un’eccessiva e a tratti fastidiosa verbosità, è ricca di spunti gustosissimi. Ecco un esempio per tutti, in cui uno dei personaggi spiega il suo punto di vista sull’arte, scultura e pittura in primis, ma anche letteratura. Punto di vista che, ci si può scommettere, è anche quello dell’autore:

<<Il disegno astratto va benissimo… per le tappezzerie e il linoleum. Ma l’arte è un procedimento per evocare pietà e terrore. Ciò che fanno gli artisti moderni è una masturbazione pseudointellettuale. L’arte creativa è un mezzo di comunicazione con il quale l’artista fa nascere emozioni nel suo pubblico. Coloro che non si degnano di farlo (o non ne sono capaci) hanno perduto il pubblico. (…) Bisogna imparare a guardare l’opera d’arte. Ma spetta all’artista usare un linguaggio comprensibile. Molti artisti moderni non vogliono usare un linguaggio che tu e io possiamo imparare; preferiscono sogghignare perché noi non riusciamo a capire cosa vogliono dire. Se pure vogliono dire qualcosa. L’oscurità è il rifugio dell’incompetenza. (…) Sono un artista onesto, ciò che io scrivo, lo scrivo per raggiungere il cliente… e se possibile per ispirargli pietà o terrore… o per lo meno per svagarlo nelle ore di noia. Non mi nascondo mai dal lettore per mezzo di un linguaggio personale, e non cerco l’elogio degli altri scrittori per la mia tecnica o per cose del genere. Io voglio l’elogio del cliente, perché sono riuscito a raggiungerlo, espresso in quattrini… altrimenti non voglio nulla.>>

Commento, mi pare, abbastanza condivisibile. Ebbene, in questo romanzo Heinlein è chiarissimo, senza ingannevoli fumisterie. Non sogghigna perché noi non riusciamo a capire cosa voglia dire. E per quanto riguarda quel suo lettore il cui nome e cognome appaiono scritti in calce a questo articolo, egli garantisce di essere stato raggiunto e di essere stato lieto di esprimere il proprio elogio in quattrini, continuando ad acquistare le sue opere.

Massimo Bianco