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GIUNGLA LEGALIZZATA

  Marco Giacinto Pellifroni

Marco Giacinto Pellifroni

Tutto l’attuale sistema economico-monetario, privo di regole in quanto frutto terminale di oltre due decenni di deregulation, viene da alcuni paragonato ad una giungla, dove domina il più forte e soccombe il più debole. La differenza dei due ambiti, però, sta nel fatto che nella giungla esistono precise regole naturali alle quali nessuno può sgarrare; mentre nell’anarchia finanziaria le uniche regole esistenti sono quelle che legalizzano l’assenza di regole fisico-matematiche e del benché minimo scrupolo, non solo verso le altre specie ma anche verso la stessa specie umana.

In natura esiste una precisa e non trasgredibile catena alimentare che presiede alla relativa stabilità delle varie specie.

Nell’odierna finanza c’è una catena alimentare che restringe sempre più il numero dei predatori mentre ne aumenta gli appetiti; sul versante opposto cresce a dismisura il numero dei de(predati) mentre decresce di pari passo la loro pastura. Sostituite in questa metafora al cibo il denaro e il quadro diventerà immediatamente chiaro. Seguiamone il movimento partendo dalla fonte.

Dove nasce il denaro? E chi lo “crea”?

Il denaro viene creato dalle rotative di una tipografia su ordine della banca centrale: la BCE, dopo la concentrazione nell’Eurotower di Francoforte delle prerogative delle varie banche centrali dell’eurozona, Bankitalia inclusa.

L’ordine proviene dalla BCE, ma questa stampa banconote dietro richiesta dei vari governi, tramite i rispettivi Ministeri del Tesoro, di ottenere tali banconote “in prestito”.

Onde ottenere il prestito, i governi si impegnano a restituire quanto ricevuto dando a loro volta ordine ad altre tipografie di stampare dei Titoli di Stato (BOT, CCT, BTP, ecc.) per un valore identico a quello delle banconote che riceveranno dalla BCE, alla quale li consegneranno, con l’aggiunta di un interesse, che viene stabilito dalla BCE a suo insindacabile giudizio. Quanto più uno Stato è considerato affidabile, tanto minore il rischio e quindi l’interesse applicato. Di questi tempi la nazione giudicata più affidabile è la Germania e quindi i suoi BOT renderanno a chi li compra un interesse minore di quelli ad es. italiani o spagnoli, e assai minore di quelli emessi da nazioni ad elevato rischio come ad es. l’Ungheria, l’Islanda o l’Ucraina.

Cosa significa che una nazione è più affidabile di un’altra? Che il suo grado di indebitamento verso la banca centrale è minore; il che a sua volta vuol dire che non vive al di sopra dei propri mezzi e la moneta che richiede alla banca centrale corrisponde alla creazione di nuova ricchezza (grosso modo il suo PIL, pur con tutte le doverose riserve su questo indice econometrico).

Quindi, i due attori finanziari sono: sul lato pubblico il Ministero del Tesoro; su quello privato la BCE. Vien subito spontaneo chiedersi quanto debba esser ricca quest’ultima, tanto da poter finanziare i bisogni monetari di tutti gli Stati dell’area euro. In che modo ha potuto costituirsi un patrimonio così ingente da valere le ingentissime somme che i vari Stati riconoscono di doverle sotto la voce “debito pubblico”? Visto che la BCE è proprietà privata delle stesse banche private delle varie nazioni aderenti all’euro, come hanno fatto queste ultime ad arricchirsi così massicciamente da considerarsi di fatto padrone di tutto quanto esiste, dal momento che tutto quanto esiste sarebbe stato creato con denaro a debito verso di loro? Sono loro che hanno estratto i minerali e le materie prime energetiche, che le hanno lavorate e strutturate in opere pubbliche e private? Sono loro che hanno studiato e sviluppato le varie tecnologie produttive? Sono loro che, all’origine, hanno estratto dalle viscere della terra l’oro e l’argento che sono stati per millenni riconosciuti come unica base monetaria?

Niente di tutto questo. Il loro apporto alla costruzione della nostra civiltà è stato quello di delegare una o più tipografie alla stampa di banconote cartacee, con la pretesa che esse valgano una ricchezza che in effetti non hanno né hanno mai avuto e tanto meno prodotto.

Neanche l’altro attore, il Ministero del Tesoro, ossia lo Stato, è capace di produrre più che altrettanti pezzi di carta: i vari Titoli del Tesoro, gravati di interesse, che cede in pegno alla BCE, la quale a sua volta li colloca sul mercato, cioè a noi cittadini, che li compriamo usando l’unico denaro che, in mezzo a tanti stampatori di denaro nullafacenti, ci siamo sudati grazie all’utile del nostro lavoro.  

Viene però il momento del redde rationem, il momento in cui i BOT vanno a scadenza e lo Stato è chiamato a pagare i loro detentori in denaro sonante, più l’interesse. Cosa ne ha fatto lo Stato del denaro ricevuto dalla BCE in cambio dei BOT? Ha fatto opere pubbliche e ha pagato la sua gran massa di dipendenti, parte utili, parte superflui, parte fannulloni. Quando arriva il giorno in cui bisogna redimere i BOT emessi uno, due o più anni prima, i soldi sono stati spesi, più o meno bene. Comunque non ci sono più. Allora, ci sono due strade: fare una nuova emissione di BOT, sempre a interesse, per pagare il debito precedente; ovvero, anzi inoltre, pagarlo tramite l’unico mezzo che lo Stato ha a disposizione: le tasse.  

 Visti gli enormi sprechi e privilegi di uno Stato costosissimo come quello italiano, di ripagare il capitale neanche parlarne. Per cui si susseguono nuove emissioni di Titoli di Stato. Il massimo che lo Stato possa pagare sono gli interessi, comunque crescenti. Naturalmente tassando i cittadini. E, poiché le tasse non possono essere tali da gettare sul lastrico l’intera cittadinanza, ci si limita a pagare solo una parte di interessi; il resto viene coperto da nuove emissioni di Titoli di Stato, sempre a interesse. Il triste è che gli interessi composti crescono in scala esponenziale, mentre la produzione di ricchezza cresce in scala aritmetica, col risultato di una forbice debitoria inestinguibile. A tutto questo i governi rispondono facendo “tagli”, chiedendo “sacrifici”, impoverendo la gente attraverso stratagemmi di varia natura, come sanzioni sempre più feroci per chi sgarra, ad es. per chi non paga le tasse entro i termini, ovvero attraverso tariffe per i beni essenziali fuori controllo, disparità sociali create abolendo il fiscal drag, mancata riduzione delle accise al decrescere del prezzo del greggio, ecc., riducendo una nazione di milioni di cittadini in ginocchio, mentre le varie caste vivono sfacciatamente, quasi esentasse, al di sopra delle possibilità di tutti gli altri, che producono e pagano per loro.

Tremonti, ben diverso dal Tremonti che scrisse un anno fa “La paura e la speranza”, in questi giorni ha enfatizzato quella che a parer suo sarebbe la priorità nazionale: l’abbassamento del c.d. “servizio del debito”. E abbiamo visto più sopra a cosa è dovuto questo binomio che tanto abbonda sulla bocca dei politici, dimostrando, almeno in quelli di vertice, che non possono non sapere, la loro mala fede, il loro spudorato servilismo verso la classe dominante. E qual è questa classe? Quella dei finti prestasoldi: banche centrali e commerciali. Finti in quanto prestano ciò che non hanno, e per giunta a interesse: la BCE “presta” agli Stati contro BOT; le banche nazionali “prestano” ai cittadini, avendo in cassa una frazione pressoché nulla di quanto fingono di prestare.

Esiste una via d’uscita a questo calvario? Esiste eccome, ma va duramente conquistata: la funzione di creare e prestare moneta, nei limiti dei depositi effettivi, deve essere tolta agli attuali usurpatori privati e conferita allo Stato. Quello Stato che, essendo il garante di ultima istanza, non si vede perché debba avvalersi di intermediari privati per l’emissione della giusta quantità di moneta. Giusta in quanto bilanciata sulle reali necessità della nazione, e non su una micidiale alternanza di velleitari livelli di vita incompatibili con le sue capacità di produrre ricchezza, seguiti da rastrellamenti deflazionistici. Solo uno Stato può decidere in merito, non una cricca di speculatori privati internazionali che badano solo al proprio profitto, anche a costo di immiserire interi popoli.

Quindi, come prima misura: moneta di Stato (o di Stati, se si vuole mantenere l’euro) e contestuale nazionalizzazione (o proprietà dei vari Stati dell’eurozona) della BCE; poi, modulazione (fino all’abolizione) della riserva frazionaria, che permette alle banche di creare denaro ad libitum, indebitando la gente oltre le sue possibilità. Di qui consegue una politica monetaria che non impugni solo la leva dell’interesse, come attualmente fa la BCE, ma regoli i flussi della massa monetaria anche attraverso la riserva frazionaria, così da evitare il ciclico susseguirsi di inflazione e deflazione, causa della rovina di privati e imprese. Non intervenire sulla riserva frazionaria significa lasciare alle banche l’arbitrio di creare nuova moneta, spingendola più verso impieghi speculativi che verso la produzione di nuova ricchezza.

L’attuazione di una simile rivoluzione richiede la concentrazione di un potere eccezionale in un governo composto di persone votate all’interesse della propria nazione, e non di un gregge di pecore prone ai voleri della cupola bancaria. Ci riuscì, anche se poi deviò i suoi poteri verso mire belliciste, Hitler in Germania; e assai meno Mussolini in Italia. Oggi non è individuabile in Italia nessuno in grado di fare altrettanto. Certo non Berlusconi, tutto scodinzolante con i poteri forti, di cui si illude di far parte: basta vedere come ha sempre incensato da grande statista quella marionetta di Big Oil, Big Pharma, Big Weapons, Big Finance che è stato per otto anni George W. Bush, da processare innanzitutto come criminale di guerra.

E, per restare negli USA, Obama è stato eletto con un plebiscito. Sulla carta potrebbe attuare il suddetto programma, se ne avesse il fegato, diseredando la cricca di Wall Street. Forte com’è, Obama potrebbe fregarsene dei finanziamenti che molte delle suddette Big hanno fornito a lui assai più che a Mc Cain.

E questo è quello che ho ingenuamente sperato dopo il 4 novembre. Una speranza rapidamente rientrata, quando ho ascoltato il suo discorso in TV contro l’Iran, con toni non dissimili da quelli del clan Bush; nonché le dichiarazioni del senatore Ron Paul, il parlamentare repubblicano le cui proposte economiche coincidono con le mie, sull’allineamento di Obama con i Big che l’hanno sostenuto; nonché la messa in guardia da parte di Ralph Nader*, pluridecennale difensore dei cittadini dai soprusi delle corporation, che ha definito Obama non lo zio Sam degli americani, bensì lo zio Tom della capanna, con le corporation come sue padrone. Nader è riuscito a superare Berlusconi, che s’è fermato all’innocente battuta sull’abbronzatura e all’ironica qualifica di messia. Con queste premesse, quanto durerà il consenso per Obama?

(*) Vedi su http://iraqwar.mirror-world.ru/tiki-read_article.php?articleId=180452 il rapporto dell'intervista a Nader di Fox News, il cui conduttore ha aspramente rampognato Nader per la sua uscita, dicendogli che non sarà mai più intervistato! Altro che democrazia...  

 

 Marco Giacinto Pellifroni                                                                 9 novembre  2008