![]() versione stampabile TENAGLIA FISCALE SUL COMMERCIO |
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Si sente ripetere, come in un’eco senza fine, che bisogna
ridurre la pressione fiscale sui lavoratori dipendenti e sui pensionati in
quanto sono costoro gli unici che pagano le tasse, mentre i lavoratori
autonomi le evadono agevolmente. Inoltre, mentre i primi hanno visto i loro
redditi congelati sulla lira, i secondi hanno potuto adeguarsi all’euro
aumentando i loro prezzi. Se la prima affermazione è senz’altro vera, la seconda lo
è molto meno, se si tiene presente che i costi sono saliti spingendo
inevitabilmente in alto i prezzi. |
Innanzitutto, tra gli autonomi, va fatta una netta
distinzione tra la classe dei commercianti al dettaglio, ossia gli
esercenti, e quelle di altri autonomi, quali i liberi professionisti e gli
artigiani. Il controllo della seconda classe non può che avvenire
mediante i pur famigerati Studi di Settore, mentre diverso discorso vale per
gli esercenti. Perché? Semplicemente perché i negozi sono già
controllati “in tempo reale” durante lo svolgimento della loro attività;
cosa impossibile per un artigiano o uno studio legale, in quanto il rilascio
di parcelle o fatture non avviene a ridosso di ogni prestazione, che può far
parte di un ciclo a cadenza variabile e senza una data finale
predeterminata. Infatti, l’esercente è gravato, a sue spese, di un
apparecchio emettitore di scontrini che lo rende immediatamente sanzionabile
in caso di mancato rilascio al cliente. Che senso abbia aggiungere a questa
forma di controllo anche l’obbligo di rientrare nei parametri degli Studi di
Settore rimane un mistero, spiegabile solo con la tendenza alla oppressione
burocratica, tipica degli Uffici Imposte e statali in genere. Vediamo allora come prende avvio e si dipana nel tempo
l’attività di un negozio. Conviene dividere subito i negozi in “consolidati” e
“avventizi”. Nei primi rientrano tutti quelli radicati da parecchi anni sul
territorio e contraddistinti, agli effetti del reddito, dall’assenza di
mutuo per l’acquisto della “licenza” (ridotta oggi all’arredo e ai beni
strumentali, nonché all’avviamento, vista la generale liberalizzazione del
commercio) e, nei casi più rari e fortunati, nell’assenza di un affitto,
grazie alla proprietà dei muri. I negozi che godono di queste due esenzioni
sono gli unici che possono svolgere la loro attività senza le ansie che
tribolano gli “avventizi”. Qual è l’identikit di questi ultimi? Si tratta in buona
parte di giovani che non hanno trovato un impiego dipendente, o hanno
terminato quello a tempo determinato, ritrovandosi così a ingrossare
l’esercito dei disoccupati o sottoccupati. Si pone loro la pressante domanda
“che fare?” onde non cadere nell’avvilimento (e spesso nella droga),
provocato dallo scorrere delle giornate senza scopo e dalla dipendenza dai
genitori anche per le più elementari necessità. |
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Imparano talmente bene che i più, dopo pochi mesi, i più duri dopo pochi anni, falliscono e chiudono, passando la mano ad altri, cui si prospetta analoga sorte, in una catena di sant’Antonio sui generis. Una catena che prende avvio dalla casta degli eurocrati,lungo una minuziosa e pletorica lista di adempimenti partoriti a tavolino e fatti valere da un nutrito ventaglio di controllori, ciascuno col suo blocchetto delle multe, che compilano con mano decisa, senza riflettere quanti giorni dovrà sudare il “trasgressore” per riuscire a pagarle. |
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