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Angelo Ruga

di Margherita Pira


Angelo Ruga

Ho visitato in Pinacoteca Civica e poi al Palazzo delle Azzarie al Santuario la mostra antologica di Angelo Ruga.

Confesso che non conoscevo l’autore e sono andata perché avevo ricevuto l’invito, quasi per un rituale.

 In linea generale, a meno di particolari impedimenti, visito le mostre cui sono invitata.

Sono rimasta stupita. Non mi aspettavo nulla di simile.

Due cose in particolare mi hanno scossa: la serie dedicata alle bimbe di Terezin e gli insetti enormi e mostruosi che dominano su una società in apparenza non consapevole di ciò che sta accadendo.

Le altre opere sono meno inquietanti, alcune anzi sono , forse, serene come i paesaggi delle Langhe o le visioni di Pozzo Garitta o ancora le tele dedicate alla meliga.

Sicuramente c’è un linguaggio pittorico al di fuori del figurativo che io non sono in grado di valutare.

Io ho una preparazione storico – sociale e vengo colpita soprattutto da questi messaggi.

Il messaggio ricevuto da me davanti a queste tele è un’angoscia rivolta al passato e al futuro.

La nostra società impazzita ha creato poeti arlecchini, spaventapasseri detronizzati e non più signori con cilindro del campo di meliga con merli come cortigiani, ma cacciati da macchinari strani che hanno sconvolto il campo per scopi che è facile intuire.

La nostra civiltà ha creato gli orrori inspiegabili di Terezin e bagnanti in un’improbabile spiaggia deserta, ma ci ha anche preparato insetti enormi e paurosi che ora sovrastano paesaggi ancora sereni e un’”Ultima spiaggia” in cui i ragazzi possono ancora giocare a palla. Sino a quando?

Quanto tempo ci darà il mostro che abbiamo creato prima di schiacciarci ?

So che è un po’ da Amleto ma “Questo è il problema”

Lo spaventapasseri non ha più il suo regno di campi di meliga e la sua corte con i merli, ma va a macerare la sue ultime ore nella disperazione,ormai ridotto a povero buffo fantoccio con indumenti assurdamente affastellati.

Ci tornano alla mente come in un flash le notizie che sentiamo ripetere tutti i giorni: il buco nell’ozono cresce, l’effetto serra aumenta, la civiltà contadina è troppo spesso, almeno qui da noi, cancellata a favore dell’industria e dell’edilizia…. e annunci similari.

Mi torna alla mente un quadro di Otto Dix del 1946 “E una nuova vita sorgerà dalle rovine” in cui grottesche prostitute escono da uno sfondo di teschi e di scheletri.

Il messaggio per me è anche troppo evidente.



dal sito www.angeloruga.it

E’ sicuramente un messaggio un po’ datato proprio da anni settanta e ottanta, ma bisogna ricordare che l’artista è morto nel 1999 e che ha trascorso gli ultimi anni della sua vita nella tranquilla pace delle Langhe.

L’impatto più raggelante in me è tuttavia stato quello davanti alla serie di opere dedicate alle bimbe di Terezin.

Sono tele e piccole sculture in un materiale di per sé molto amorfo, il gres.

Le figure, in nero e ocra, ricordano senza retorica il dramma di quelle bimbe, internate in un campo di stermino nazista.

Sono spersonalizzate, non hanno più alcuna connotazione individuale anche se le parole dell’artista danno una sintesi delle peculiarità di ciascuna.

In realtà un segno distintivo della singola bimba rimane nella foggia dei capelli. Si vedono ancora treccine all’insù o grosse trecce sul dorso, ma il volto non ha espressione. Non esistono occhi, naso, bocca. Solo una superficie liscia, segno di un essere cui è stata tolta l’anima.

La solita  casacca a strisce; per qualcuna la stella di Davide.

Una piccola monocottura in gres è stata volutamente rotta e riassemblata.

Bimbe la cui infanzia è stata violata.

Alle sue bimbe Ruga ha dato un nome: Sara, Anna, Marta….e rivolgendosi a ciascuna di loro ha ridato con le parole il dono di un’esistenza individuale.

“Avevi il nasino a patata Anna

Ridevi e giocavi

Con le trecce di Sara

Ridevi e giocavi

Con ogni cosa Anna.”

Noi che conosciamo la sorte finale di Anna e delle sue compagne non possiamo non rabbrividire.

Angelo Ruga ci ha trasmesso un monito. Vediamo di non dimenticarlo.

 Margherita Pira