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MA SE FORGIONE CI AIUTASSE…

Uno straordinario gruppo di vadesi è riuscito nell’intento di costringere il potere a mostrare il suo vero volto.
A Celle, ad opera di un piccolo gruppo di cittadini, si è dimostrata l’illegalità e la possibile presenza di grandi disegni criminosi.

L’illecito amministrativo è competenza della Prefettura e della Provincia.
E’ da loro, innanzitutto, che ci sentiamo abbandonati.

Luigi Bertoldi


Francesco Forgione

Vi sono tre piani sui quali porre la discussione sulla cementificazione del territorio savonese: quello dell’opportunità, quello della giustizia e quello della legalità. Il primo valuterà il rapporto fra costi e benefici, tenendo conto degli aspetti economico, sociale, ambientale; il secondo metterà a confronto concezioni etiche, soprattutto fra quelle che accettano che l’utilità dell’azione amministrativa vada a beneficio di pochi anche con discapito di molti e quelle che considerano primaria l’equa distribuzione dei vantaggi; il terzo darà, soprattutto, la possibilità di valutare l’istituzione e la sua legittimità a governare la comunità.

Fatti recenti hanno evidenziato un quarto piano, quello democratico, che non valuta gli effetti dell’azione, né l’adesione alle norme, ma la qualità del metodo adottato.

L’ultimo rapporto semestrale della Commissione parlamentare antimafia, che tratta esclusivamente del fenomeno n’drangheta, pone la Liguria al secondo posto, dopo la Lombardia, fra le regioni non meridionali interessate da questa criminalità. Legambiente, nel rapporto Ecomafie del 2008, ha indicato la nostra regione al primo posto fra le regioni del nord per i reati ambientali e le illegalità costiere. Anche Carlo Lucarelli, nella trasmissione televisiva “Blu notte – Misteri italiani:la mafia al Nord” del 31 agosto, ha confermato il secondo posto da attribuire alla Liguria.

Fra le attività svolte dalla n’drangheta in Liguria emergono il traffico internazionale degli stupefacenti, il riciclaggio e l’investimento di denaro, gli appalti pubblici ed il ciclo del cemento, l’illecito smaltimento dei rifiuti tossici ed ora anche l’estorsione.

I segnali della sua presenza non si possono più negare; essi vanno, per citarne alcuni più recenti, dalla denuncia di un imprenditore, taglieggiato per 35.000 € iniziali e 1.500 € mensili, alla richiesta di protezione avanzata da un gruppo di imprenditori della val Bormida, ai danneggiamenti di esercizi pubblici, di stabilimenti balneari e punti commerciali, al rogo, ad inizio d’anno, di macchine operatrici, presso una cava di Albissola e  di sette camion, presso la stessa cava, a giugno, che ha coinvolto altre imprese edili e di trasporto.

 E’ ancora il caso di trattare la cementificazione sul piano dell’opportunità? Si è capito così poco di quello che sta accadendo? Sono così scarse la sensibilità, l’attenzione ed il coraggio verso il fenomeno mafioso?

O, forse, dietro a tutto vi è la scelta strategica di far produrre a generosi ma inconsapevoli      cittadini la maggior quantità di fumo possibile per nascondere il vero problema? Non mi stupisce affatto l’ipotesi che “qualcuno” sia disposto ad accettare, e quindi alimenti, la discussione sulla opportunità, che non impedirà mai la realizzazione, pur di evitare il dilagare della discussione sulla legalità.

 Uno straordinario gruppo di vadesi è riuscito nell’intento di costringere il potere a mostrare il suo vero volto. In democrazia si ha la presunzione che gli amministratori agiscano perseguendo gli interessi diffusi degli amministrati, fino, però, alla prova contraria; l’istituto del referendum  ha proprio il compito di verificare tale prova. E così, negandone la validità, personaggi che, fino a poco tempo fa, venivano considerati “avanguardisti” della democrazia partecipativa e della trasparenza stanno ora resistendo con determinazione, arroganza ed impudicizia a quei principi dei quali erano sedicenti paladini.


Il comune di Celle Ligure

L’azione dei cittadini di Vado ha posto all’attenzione una inevitabile domanda: perché questi amministratori rinunciano a quella fama che si erano costruita e alla quale sicuramente erano affezionati, sottoponendosi ora alla disapprovazione pubblica, di una cittadinanza conosciuta, del vicino di casa, dell’amico, dell’ex compagno di scuola, del collega di lavoro? Perché non accettano serenamente il volere della comunità, applicandolo o, nel caso dovessero considerarlo sbagliato, dimettendosi?

In quel “perché” sta il nostro futuro; tutto il resto è dialettica leggera.

A Celle, ad opera di un piccolo gruppo di cittadini, si è dimostrata l’illegalità e la possibile presenza di grandi disegni criminosi.

Lo scandalo “Fiorani” esplose nel luglio del 2005; il 2 marzo dello stesso anno, quasi cinque mesi prima, a Celle si aveva già buona conoscenza del sistema di raccolta fondi del banchiere lodigiano. L’edificazione del Rilevato ferroviario era ben poca cosa rispetto all’intera operazione, ma contribuì in modo determinante a far emergere il tutto. La stessa rivolta savonese, poi diventata ligure, nei confronti della cementificazione era, all’epoca, ancora ben lontana dall’iniziare. Le poche, meritevoli voci, fra le quali è doveroso citare Patrizia Turchi,  Roberto Cuneo e Domenico Buscaglia, non trovavano adeguata risonanza. Fu il famoso pezzo di Marco Preve e Ferruccio Sansa su MicroMega del maggio 2006, nel quale le azioni di Fiorani e del mondo che ruotava attorno a lui, a partire da Celle, ebbero parte rilevante, a scoperchiare il disegno in atto; disegno che consiste nel completamento della scellerata opera di saccheggio dell’intera Liguria e che poggia sull’indegno patto di alleanza fra destra e sinistra.

Il Pennello Buffou potrebbe invece rappresentare la piccola emersione del terribile fenomeno che, come affermato da fonti ufficiali, sta investendo la nostra regione. Le problematiche denunciate quasi quattro anni orsono dal solito gruppo di cittadini hanno trovato sostegno nel successivo sequestro dell’impresa e nell’arresto dei suoi vertici, compreso il capo cantiere di Celle, avvenuti in occasione di una importante operazione antimafia. Le assicurazioni date dall’amministrazione comunale sulla assoluta regolarità di tutta l’operazione lasciano piuttosto perplessi; l’impresa avrebbe partecipato regolarmente all’appalto, lo avrebbe vinto regolarmente, avrebbe regolarmente eseguito i lavori, a regola d’arte e con economia per il Comune: che impresa di mafia sarebbe mai questa? Varrebbe la pena prenotarla già fin da ora, in attesa che la Giustizia liberi tutti, per affidarle l’esecuzione delle opere pubbliche già programmate!

 Sarebbe invece molto opportuno che ci si chiedesse, almeno, se si ritiene possibile che, di fronte ad una cementificazione del valore di miliardi di euro (Celle contribuirà con qualche centinaio nell’area Colonie), certe “organizzazioni” abbiano fatto spallucce dicendo che non gliene frega niente.

Non sarebbe opportuno, ma è necessario che il dibattito si sposti su questo piano.

Purtroppo ciò non accade ed i nostri sforzi, sollecitati anche da autorevoli persone, soprattutto a Genova, che ritengono inaccettabile che tutto finisca in una bolla di sapone, cadono in un pozzo senza fondo.


Il Palazzo della Provincia

La Prefettura

Siamo stati lasciati soli.

L’eventuale illecito penale, in queste occasioni, è accompagnato e preceduto dall’illecito amministrativo. L’affermazione del primo è conseguenza dell’accertamento della volontà di delinquere, non sempre di facile dimostrazione. Di questo avremo occasione di discutere. L’illecito amministrativo, sempre in questi casi, non necessita invece di indagine alcuna sui comportamenti; è sufficiente una verifica ed un confronto degli atti, fra loro e con le norme vigenti, che corrisponde ad un impegno temporale di qualche ora.

Hanno competenza per farlo la Prefettura e la Provincia.

E’ da loro, innanzitutto, che ci sentiamo abbandonati.

Abbiamo ripetuto, con l’insistenza di chi ancora si indigna per i maltrattamenti subiti dal soggetto più debole di tutti, la giustizia, che un edificio di abitazioni per lavoratori era stato venduto ad una impresa privata per farne speculazione, contravvenendo a quanto disposto dalla legge 560/93.

Non è successo niente!

Certo, se anche i sindacati se ne fossero fatti carico i risultati sarebbero ben diversi, ma dobbiamo fare i conti con quello che è, non con quello che dovrebbe essere.

Abbiamo ripetuto che dai documenti risulta che il consiglio comunale ha approvato una variante al PUC che consentiva l’edificazione di 1190 mq. di sup. residenziale e immediatamente dopo si è approvato un progetto da 1270 mq.

Abbiamo ripetuto che i 1190 mq. superavano già abbondantemente la somma dell’edificio già concesso e del fabbricato ferrovieri, come invece sembra dai documenti dovesse avvenire.

Non è successo niente!

Abbiamo ripetuto che, ancora dall’esame dei documenti, il volume della rampa del pennello, all’atto della sua parziale demolizione, risulta quattro volte maggiore di quello calcolato alla sua costruzione; che si è dichiarato sprofondato un fondale prevalentemente roccioso; che si sono riconosciuti danni esclusi dal capitolato d’appalto; che gli strati di massi si sono ridotti da tre ad uno; che il ripascimento di 10.000 mc. di sabbia compreso nel capitolato non è stato fatto; che le varianti sono state decise prima della consegna dei lavori; che gli esami chimico-fisici dell’ARPAL non sembrano congruenti con le dichiarazioni dell’ente appaltante.

Abbiamo notificato che l’Autorità nazionale di vigilanza sui lavori pubblici (è bene avere a mente il livello di importanza di tale istituto), che si è occupata di Celle, ha dichiarato le varianti “in palese violazione delle regole di concorrenza”, prive di “valutazioni tecniche a sostegno”, con “inquadramento…non confacente alla disposizione normativa”. Tradotto: illegittime.

Non è successo niente!     

Ci viene detto che un’impresa coinvolta nell’operazione ARCA di contrasto alla mafia è salita da Reggio Calabria ed in un batter d’occhio ha vinto quattro appalti per lavori in mare, in alveo torrentizio ed in argine torrentizio; ci viene detto che ha versato in mare grandi, inspiegabili ed illecite quantità di terra, in concomitanza di mareggiata che ha immediatamente disperso il materiale; e questa volta siamo noi che alziamo le spalle e diciamo che non ce ne importa niente?! Possibile che, oltre a non preoccuparsene, nessuno pensi che, partendo da qui, si potrebbe portare alla luce ciò che ben difficilmente emergerà, perché gli errori non verranno ripetuti?          

Se non fosse per altro, comunque, agli eventuali difetti, elencati e non, corrisponderebbe un non indifferente danno per l’erario, cioè per il cittadino. Nessuno sente il dovere di difenderlo?  

 Spero che il prossimo incontro con Francesco Forgione apra occhi e smuova coscienze. Ma se non fosse per i giovani, le donne e gli uomini di Libera e della Rete Lilliput non ci sarebbe molto spazio per l’ottimismo.

Luigi Bertoldi  (nuova democrazia)