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Il vento fa il suo giro

Margherita Pira


Qualcuno certamente l’altra sera al Film – Studio avrà  visto o rivisto il film “Il vento fa il suo giro”

Bello e riconosciuto tale dallo speciale Davide di Donatello e ambientato in Val Maira, quindi proprio vicino a noi in luoghi che molti di noi conoscono o addirittura amano.

Teatro dell’azione è un villaggio ormai quasi spopolato per l’emigrazione verso valle dove le possibilità di un lavoro più tranquillo e più redditizio sono maggiori.

Restano soprattutto vecchi e pochi giovani che aspettano soltanto la possibilità di fuggire, escluso uno che, al contrario, vorrebbe restare, ma il padre spinge perché vada in città in vista di una carriera più prestigiosa.

Vi è una giunta comunale con a capo un sindaco che abita fuori, ma cerca di rivitalizzare il paese non soltanto per il periodo estivo quando un turismo di amanti della montagna lo sveglia , ma per tutto l’anno.

Mancano coppie di giovani intenzionati a restare con i loro figli come promessa per il futuro.

Inaspettatamente arriva un pastore francese che cerca una casa in cui abitare con la sua famiglia e tutte le sue capre.

La famiglia è composta da un uomo giovane che si occupa di pascolare le capre e di trasformare il latte ricavato in formaggi. Vi sono poi una giovane moglie, tre figli e dietro  più di mille capre.

Sono scappati dai Pirenei perché vicino ai loro pascoli stavano costruendo una centrale nucleare e loro hanno paura per sé e per la possibile contaminazione del terreno e quindi anche dell’erba.

In paese sono tutti contrari ad affittare loro una casa . Sono i forestieri, meglio i francesi.

Soltanto il sindaco si batte per riceverli perché offrono la possibilità di dare quella nuova linfa vitale che sperava al villaggio e pensa che questa scossa di giovinezza possa cambiare molte cose.

E’ molto sottile l’analisi delle cause che spingono i paesani a contrastare il loro arrivo.

Sono le solite che sentiamo ripetere anche noi a proposito degli extra comunitari. “Sono poco affidabili”, “Non li conosciamo abbastanza” “E se poi contravvengono alle nostre regole?”,. “Saranno sicuramente dei delinquenti e porteranno scompiglio”.

In conclusione: sono forestieri e ciò basta per respingerli.

Il sindaco cerca di convincere qualcuno ad affittare loro una casa. Spera che questa famiglia giovane possa portare nuove energie e la promessa di un futuro.

Infine tutti gli abitanti si convincono. In fondo anche i vecchi non avevano mai rifiutato ospitalità ai viandanti e pensano che il sindaco magari possa aver ragione a proposito di un futuro del paese e  quindi, magari anche i figli cittadini torneranno per un periodo più lungo delle brevi vacanze estive.

 Infine si decide di affittare una vecchia bicocca semidistrutta, ma tutti prestano la loro opera per ristrutturarla e farla accogliente.

Un’ondata di entusiasmo lega tutti e rinasce lo spirito di solidarietà e autoaiuto  che da sempre accomuna chi deve affrontare la vita dura delle vallate alpine.

L’accoglienza all’arrivo della famiglia è entusiastica. Balli, canti occitani, discorsi ufficiali e banchetto collettivo. Le premesse non potrebbero essere migliori.

Ma la quotidianità poi è diversa. Il francese fa degli errori per testardaggine, ma anche soprattutto per scarsa conoscenza dei confini dei terreni e delle regole non scritte ma ancor più invalicabili delle leggi.

Come risposta proteste verbali, maldicenza, piccoli ma continui dispetti sino al gesto più grave. Il pastore cerca per un intero giorno due capre smarrite e poi trova i due animali uccisi e penzolanti da un ramo.

Il francese è stanco di lottare e parte lasciando tutti al loro destino di invecchiamento senza speranza di una prosecuzione virtuale in un futuro di nuove generazioni.

Ha vinto l’intolleranza . Il senso di fraternità globale ormai è una espressione che non corrisponde più a nulla.

Ma il giovane che già desiderava farlo, contro la volontà del padre torna a trasferirsi al villaggio. Un sogno non si perde mai del tutto. “Il vento gira e tutto ritorna”

Perché ho raccontato il film? Per alcune ragioni. Mi è sembrato molto bello e poetico, dice cose che sono paradigmatiche della nostra società dove lo spirito di solidarietà è scomparso.

Non si deve considerare alla stregua della carità che è un’altra cosa.

Nel dialogo del film vi è una bella frase: “Odio la parola tolleranza, la trovo insopportabile . Se ti tollero è perché ti considero diverso da me, ma ti sopporto. Io non tollero. Io invece voglio che si accetti l’altro perché ha diritto di essere diverso da me e basta. Tollerare non ha senso: è sopportazione non riconoscimento di un diritto”.

Però penso che mi sia sembrata bella la finale. Un giovane torna al villaggio come speranza di un futuro. E di speranza in questo momento abbiamo bisogno tutti.

 

 

 

Margherita Pira