Peraltro, la presenza dei dirigenti attesterebbe
l'esistenza di un programma e una direttiva con cui le azioni in
corso risultano coerenti e di cui l'operazione Molotov costituirebbe
un banco di prova, mentre dagli imputati si sono ottenute solo
dichiarazioni di estraneità e inconsapevolezza.
Dopo un'interruzione, l'udienza riprende alle
14.30 e il Procuratore articola la richiesta di pene, dopo aver
formulato alcune considerazioni, che vale la pena riferire così come
le ho frettolosamente annotate:
dopo aver rilevato la difficoltà della
ricostruzione e aver sottolineato il parere già espresso da vari
giudici sia italiani (tra cui i GIP che non hanno convalidato gli
arresti dei giovani) che stranieri, Zucca dice si rivolge a chi
presto giudicherà, dicendo: "ora tocca a voi".
Certo, alla Diaz si è verificato quello che un
giudice inglese ha definito: "sospensione del diritto", a causa
della tendenza, che si è manifestata nel corso dell'operazione, a
sospendere norme, considerate un impaccio all'efficienza delle forze
dell'ordine, nella convinzione degenerata che anche produrre
artatamente elementi di prova verso persone ritenute ideologicamente
colpevoli possa rientrare nei fini istituzionali della polizia.
Insomma: il "Dio è con noi" di qualunque esercito
in guerra.
E il tutto era mirato a recuperare l'immagine
delle forze dell'ordine, compromessa dalla gestione fallimentare dei
giorni precedenti, durante i quali era morto un manifestante e non
erano stati contenuti i disordini.
Il giudizio sugli imputati ha
un grande compito democratico, sostiene il Procuratore: deve
riportare la polizia
ad agire secondo legge.
Gli atti compiuti, infatti, minacciano la
Democrazia più delle stesse molotov. La Democrazia si salva solo se
c'è il giusto processo.
Considerato comunque che le persone sotto giudizio
hanno tutti alle spalle carriere prestigiose e godono della stima
generale, e che la spinta ad agire è venuta dall'aver ritenuto,
seppure in una logica perversa, di fare il proprio dovere, il Piemme
chiede che vengano riconosciute le attenuanti generiche e chiede
pene che, per i maggiori imputati, vanno dai 3 ai 5 (molotov)anni di
carcere più pene accessorie. Di un imputato si chiede assoluzione
per non aver commesso il fatto.
Il Piemme raccomanda inoltre
che la sentenza tenga conto della falsità dei documenti.
Ora in effetti tocca ai giudici, ma ciò che mi
pesa, mentre esco dall'aula, sono quelle due file di sedie
semivuote, dove è mancata l'attenzione e il senso di responsabilità
di noi cittadini. Non è da qui che parte la democrazia?
Gloria
Bardi
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