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Sedie vuote per la Diaz

17.07.08

Genova

Palazzo di giustizia


Il PM Zucca

Quando entro nell'aula dove è prevista l'ultima udienza sulla Diaz scorgo molte sedie vuote, avvocati intenti a indossare la toga, diversi cameramen già in azione.

Nel corso della giornata le sedie destinate agli accreditati (vittime, parti civili, testimoni, giornalisti)verranno via via occupate, anche se non al completo, mentre le ventotto sedie cintate destinate al pubblico ospiteranno sempre i soliti quattro o cinque pellegrini, tra cui io.

Quando entro, alle 9,30, c'è solo una tizia seduta in prima fila che smanetta un portatile. Chiedo a lei se questa è l'aula dell'udienza Diaz e ricevo in risposta un sì talmente ostile da sembrare una morsicata.

Mi faccio coraggio e chiedo, premettendo che non l'avrei più disturbata, se il pubblico può accedere alle sedie oltre cortina: seconda morsicata, ma stavolta si tratta di un "no".

Tutto lascia presumere si tratti di una giornalista, categoria che si sente oltre-umana, con buona pace dei tanti amici che ne fanno parte.

I giornalisti infatti ti fanno esistere o non esistere, a seconda della loro simpatia o antipatia per te o per ciò che rappresenti e, ovviamente, della loro capacità ed eticità professionale.

Passano due tipi a testa alta meno azzimati rispetto alla fauna giuridica che aleggia attorno. Uno è sicuramente poliziotto, a giudicare da come mastica la cicca.

La tipa mordace, che nel frattempo era uscita, rientra ma, cosa strana, sorride e sorriderà ancora ma rigorosamente a individui di sesso maschile.

Viene fatto l'appello degli avvocati sia degli imputati (tutti assenti credo) che delle vittime(alcune presenti, anche provenienti dall'estero): un battaglione.

Il Piemme Zucca comincia la sua analisi, tesa a identificare il livello di responsabilità di Luperi (resp.UCIGOS), Gratteri (resp.SCO)che, dai filmati, risultano non solo presenti sulla scena ma con evidenti e percepite funzioni di comando.

Peraltro, la presenza dei dirigenti attesterebbe l'esistenza di un programma e una direttiva con cui le azioni in corso risultano coerenti e di cui l'operazione Molotov costituirebbe un banco di prova, mentre dagli imputati si sono ottenute solo dichiarazioni di estraneità e inconsapevolezza.

Dopo un'interruzione, l'udienza riprende alle 14.30 e il Procuratore articola la richiesta di pene, dopo aver formulato alcune considerazioni, che vale la pena riferire così come le ho frettolosamente annotate:

dopo aver rilevato la difficoltà della ricostruzione e aver sottolineato il parere già espresso da vari giudici sia italiani (tra cui i GIP che non hanno convalidato gli arresti dei giovani) che stranieri, Zucca dice si rivolge a chi presto giudicherà, dicendo: "ora tocca a voi".

Certo, alla Diaz si è verificato quello che un giudice inglese ha definito: "sospensione del diritto", a causa della tendenza, che si è manifestata nel corso dell'operazione, a sospendere norme, considerate un impaccio all'efficienza delle forze dell'ordine, nella convinzione degenerata che anche produrre artatamente elementi di prova verso persone ritenute ideologicamente colpevoli possa rientrare nei fini istituzionali della polizia.

Insomma: il "Dio è con noi" di qualunque esercito in guerra.

E il tutto era mirato a recuperare l'immagine delle forze dell'ordine, compromessa dalla gestione fallimentare dei giorni precedenti, durante i quali era morto un manifestante e non erano stati contenuti i disordini.

Il giudizio sugli imputati ha un grande compito democratico, sostiene il Procuratore: deve riportare la polizia  ad agire secondo legge.

Gli atti compiuti, infatti, minacciano la Democrazia più delle stesse molotov. La Democrazia si salva solo se c'è il giusto processo.

Considerato comunque che le persone sotto giudizio hanno tutti alle spalle carriere prestigiose e godono della stima generale, e che la spinta ad agire è venuta dall'aver ritenuto, seppure in una logica perversa, di fare il proprio dovere, il Piemme chiede che vengano riconosciute le attenuanti generiche e chiede pene che, per i maggiori imputati, vanno dai 3 ai 5 (molotov)anni di carcere più pene accessorie. Di un imputato si chiede assoluzione per non aver commesso il fatto.

Il Piemme raccomanda inoltre che la sentenza tenga conto della falsità dei documenti.   

Ora in effetti tocca ai giudici, ma ciò che mi pesa, mentre esco dall'aula, sono quelle due file di sedie semivuote, dove è mancata l'attenzione e il senso di responsabilità di noi cittadini. Non è da qui che parte la democrazia?

 Gloria Bardi