I
MIEI SANTI
Eccidio del 1° novembre del ‘44 avvenuto
nel fossato della Fortezza del Priamar
da
VILLA CAMBIASO
RIVISTA ARTE E CULTURA DI SAVONA E FUORI PORTA
C’è
un altro avvenimento (dopo quello intitolato “La corriera
della morte” nella pubblicazione precedente) che rischia di
essere dimenticato come tanti eccidi commessi dalle Forze
Armate tedesche e da quelle della Repubblica Sociale
Italiana dall’8settembre 1943 al 25 aprile 1945.
Uno
di questi – avvenuto il 1° novembre 1944 nel fossato della
Fortezza del Priamar – è stato testimoniato
nel 1974 da Don Mario
Frumento davanti ai parenti invitati
in un commuovente ricordo nella
Sala Consiliare del Comune di
Savona.
Se
poi si vorrà avviare – come sarebbe
bene – una riflessione su quel
periodo storico e politico, possibilmente
fuori dai revisionismi di
maniera, sono pronto a dare la mia
collaborazione.
Giovanni Burzio
Dopo trent’anni vi rivedo
ancora, vi sento vicini,
quando già davanti al plotone di esecuzione
(brigate nere – repubblica sociale) mi
avete chiamato per abbracciarmi e
baciarmi al posto dei vostri cari. Rivedo te, Piero Cassani,
carabiniere chiamato da Genova a completare
il numero dei fucilandi, che lasciavi tre giovani
figli e un piccolo orfano
accolto nella tua modesta famiglia come un figlio; rivedo voi,
Pino Baldassarre, Stefano Peluffo,
Franca Lanzoni che lasciavate familiari e amici di lotta;
rivedo anche te umile vecchietta Comotto che
forse non lasciavi nessuno a piangere su
di te e infine rivedo te, Paola Garelli, che mi raccomandavi la
tua piccola di due anni.
Ricordi ora, Signora Garelli, quando ti
ho riconosciuto in occasione delle tue nozze e ho potuto
finalmente consegnarti l’abbraccio e il
bacio che tua madre mi aveva affidato per te
prima del suo martirio?
Quel mattino del giorno dei Santi
1944, in una cella del cortile della fortezza del
Priamar, ad uno ad uno mi siete venuti incontro,
storditi da
una notte insonne, con l’illusione di udire da me - prelevato
dal Duomo con un comando imperioso - che
come sacerdote avevate richiesto ai vostri
carnefici, una buona nuova,
forse quella di una dilazione della vostra condanna o
addirittura della vostra liberazione, mentre ho
dovuto
convincervi della triste realtà che vi attendeva. Un sedicente
tribunale speciale vi aveva condannato a
morte come ribelli, come traditori della patria!
Soltanto la Fede ha potuto suggerirmi
le parole adatte al terribile annuncio della
suprema ingiustizia che verso di voi veniva
perpetrata.
Alla carica della mia povera umanità,
che pur si sforzava di immedesimarsi della vostra
tragedia, venne incontro la Festa dei Santi che
in quel giorno la Chiesa celebrava. Mi
suggerì di dirvi con tutta semplicità, ma con
accenti di suprema verità, che quello era il
giorno in cui voi vi sareste incontrati con i
santi, i nostri fratelli maggiori, molti dei
quali subirono incomprensioni e ingiustizie,
ma che ora erano fuori dalla lotta, nel regno
della verità, dove finalmente era chiara la loro
posizione, non di vinti ma di vittoriosi. Avete
accolto la mia voce accorata, mi avete confidato i segreti più
profondi del vostro cuore, avete pianto tra
le mie braccia!
Nelle Parrocchie dove ho svolto da
allora il mio ministero, ogni anno,
nell’anniversario della liberazione, ho letto le
vostre ultime volontà che
mi lasciaste come testamento spirituale per i vostri cari.
Dopo il vostro incontro personale, ci
siamo trovati insieme in un’altra angusta cella
per celebrare il Banchetto della fede. Con mano
tremante
e cuore commosso vi ho consegnato, come Viatico
nell’Eucaristia, il Pane dei forti come si faceva per i primi
martiri della chiesa. E forti vi dimostraste
perché mi chiedeste di accompagnarvi io stesso al
plotone di esecuzione: ed io ottenni che nessun
comando vi venisse da altri. Mentre
davanti a voi procedevo, pensavo intensamente alla “Via Crucis”
di Gesù Cristo. Vi ricordate quando ci
soffermammo, in quella brumosa e gelida
mattinata, dinanzi al fuoco che alcuni operai del
cantiere avevano acceso nei pressi, quasi a
riprendere lena e coraggio? E quando i
vostri aguzzini, a voi che vi eravate seduti
sulla panca fatale con petto di
fronte al plotone di esecuzione, gridarono di porgere la
schiena come si conviene ai traditori, io vi
chiesi di
voltarvi volontariamente affermando che nessuno e nessuna cosa
avrebbe potuto togliervi il titolo di eroi, e mi
avete obbedito!
Fu a questo punto che mi avete chiamato
per l’ultimo abbraccio.
E quando ormai tutto era pronto e si
sentivano gli ordini secchi per la scarica, vi
siete d’impeto alzati e mi avete richiamato per
consegnarmi i
vostri soprabiti, perché dicevate che le pallottole avrebbero
più presto compiuto l’opera loro!
Ricordo il fragore sordo della scarica,
ricordo i colpi supplementari per abbattervi
definitivamente, ricordo la mia corsa convulsa
per segnare
sulle vostre fronti il segno di Cristo che salva.
E quando giaceste inerti e le bare
precedentemente preparate furono portate
presso di voi, a vostro nome respinsi l’aiuto dei
vostri carnefici
che non volli toccassero i vostri corpi straziati e col solo
ausilio di un necroforo vi adagiai amorosamente
in esse avvolti negli indumenti che voi stessi mi
avevate consegnato.
Ho parlato infine con i vostri esecutori,
ho chiesto di poter firmare l’Atto della vostra
morte…Ricevetti, in una risposta ringhiosa, la
certezza che verso di voi era stata consumata una
vera, disumana
nequizia.
Tutti gli anni, nel giorno dei Santi,
nelle omelie ai fedeli durante il sacrificio
della messa offerta per voi, vi commemoro e vi
chiamo “i miei santi”!
Don Mario Frumento
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